Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47654 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47654 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME COGNOME nato a Palermo 1’11/6/1991 avverso l’ordinanza dell’8/5/2024 emessa dal Tribunale di Palermo lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, pronunciando in sede di appello cautelare, confermava l’ordinanza con la quale la Corte di appello aveva negato a COGNOME COGNOME la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari.
Avverso tale pronuncia, il ricorrente ha proposto due motivi di
o
impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento al ritenuto giudicato cautelare formatosi in ordine alla rilevanza, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari, della sentenza di condanna che aveva riconosciuto la mera partecipazione del ricorrente all’associazione ex art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in luogo della contestata condotta di direzione del sodalizio.
Il Tribunale aveva ritenuto che tale argomento fosse stato già dedotto in occasione di analoga richiesta di sostituzione presentata dopo la pronuncia di primo grado e che, a seguito del rigetto di quella richiesta, non poteva essere nuovamente posta a fondamento della nuova istanza di modifica.
Lamenta la difesa che la richiesta oggetto del presente procedimento si fondava anche su altri elementi, quali il tempo trascorso, l’intervenuta disarticolazione dell’associazione e la disponibilità a sottoporsi agli arresti domiciliari in luogo distante da quello di commissione del reato.
Il Tribunale, pertanto, avrebbe del tutto ignorato i significativi elementi di novità posti a fondamento della richiesta.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione relativamente alla valutazione dell’attuale sussistenza delle esigenze cautelari e della esclusiva idoneità della custodia in carcere.
Si ritiene che la distanza rispetto ai fatti per i quali è intervenuta condanna in sede di appello, nonché la prospettata possibilità di sottoporsi agli arresti domiciliari in un contesto territoriale del tutto avulso da quello di commissione del reato e, infine, la disponibilità a sottoporsi a controllo elettronico, erano tut elementi che avrebbero meritato positiva valutazione.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Deve in primo luogo rilevarsi la correttezza della decisione del Tribunale in ordine alla preclusione del giudicato cautelare, relativamente alla incidenza della condanna per il reato associativo quale mero partecipe, in luogo del ruolo direttivo inizialmente contestato.
Si tratta di un elemento fattuale che è stato già valutato dopo la pronuncia di primo grado e, rispetto alla decisione di rigetto in quella fase intervenuta, non
sono intervenuti elementi di novità, se non la conferma della condanna da parte della Corte di appello.
Il Tribunale, pertanto, ha correttamente applicato il consolidato principio secondo cui la preclusione processuale conseguente alle pronunce emesse, all’esito del procedimento incidentale di impugnazione, dalla Corte di cassazione o dal Tribunale in sede di riesame o di appello è di portata più ridotta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, sia perché limitata allo stato degli atti, sia perché non copre le questioni deducibili, ma solo le questioni dedotte e decise, ancorché implicitamente, nel procedimento di impugnazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali (da ultimo, Sez.5, . 12745 del 6/12/2023, dep.2024, Scala, Rv. 286199).
Risulta manifestamente infondata la doglianza difensiva secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto, al di là dell’aspetto relativo al grado di partecipazione all’associazione, degli elementi di novità addotti dal ricorrente.
Invero, la motivazione ha espressamente illustrato le ragioni per le quali il tempo trascorso e la disponibilità a trasferirsi fuori dal contesto territoriale di commissione dei reati non potevano costituire elementi idonei a incidere sull’attualità delle esigenze cautelari e sul giudizio di esclusiva idoneità della custodia in carcere.
Il Tribunale, dopo aver richiamato la doppia presunzione dettata dall’art. 275 cod. proc. pen., ha specificato come il curriculum criminale del ricorrente e il suo stabile radicamento in ambienti criminali di apprezzabile caratura sono elementi non intaccati dal mero decorso del tempo.
Diversamente da quanto lamentato dal ricorrente, quindi, vi è stata una specifica valutazione dell’elemento temporale, senza che la motivazione presenti aspetti di manifesta illogicità o contraddittorietà.
Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche in relazione al terzo elemento di novità, costituito dalla disponibilità di un domicilio in Emilia Romagna, in relazione al quale il Tribunale, con motivazione insindacabile in questa sede, ha ritenuto che l’inserimento nel traffico di droga e la tendenza recidivante mostrata dal ricorrente sono tali da non elidere il rischio di reiterazione del reato, sia pur in un contesto territoriale diverso da quello di provenienza.
Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso, concernente la ritenuta necessità di mantenere – quale unica misura idonea – la custodia cautelare in carcere, in applicazione della doppia presunzione prevista dall’art. 275 cod. proc. pen.
Invero, il Tribunale ha adeguatamente motivato su tale specifico aspetto, ribadendo l’insussistenza di elementi idonei a ritenere attenuate le esigenze cautelari, rendendo un giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità.
Alla luce di tali considerazioni, i ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 16 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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