Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6804 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorsa proposto da: COGNOME NOME nato a GRANITI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/08/2023 del Tribunale per il riesame di PESCARA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME. che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, per nuovo esame.
udito il Difensore: in difesa di NOME COGNOME è presente il Difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, del Foro di Roma, il quale, dopo aver illustrato nei dettagli i motivi di ricorso, conclude chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio e e, in via di mero subordine, con rinvio.
1.11 Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE con ordinanza del 28 agosto – 1° settembre 2023 ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento con il quale il 7 luglio 2023 il G.i.p. del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, su conforme richiesta del P.M., ha disposto:
il sequestro preventivo della società cooperativa “RAGIONE_SOCIALE“, del relativo compendio aziendale e delle quote sociali, con contestuale nomina di amministratore giudiziario;
il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta, nei confronti di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, della somma di 167.155,82 euro;
e, per l’evenienza di sequestro non capiente, del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su beni nella disponibilità degli indagati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, fino alla concorrenza, appunto, dell’importo di 167.155,82 euro.
Va premesso, per una migliore intelligenza del ricorso, che risultano pacificamente le seguenti circostanze:
NOME COGNOME è indagato per turbata libertà degli incanti (art. 353 cod. pen.), frode in pubbliche forniture (art. 356 cod. pen.), associazione per delinquere (art. 416 cod. pen.), intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis cod. pen.: c.d. “caporalato”: capo n. 13 della rubrica), indebita compensazione di crediti (art. 10-quater del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74) ed omesso versamento delle ritenute previdenziali (art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, e successive modificazioni);
il procedimento penale, originariamente incardinato presso altra A.G., cioè il Tribunale di Pavia, è stato trasmesso con sentenza del 20 giugno 2023 dichiarativa di incompetenza per territorio al P.M. presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE;
nell’ambito del primo procedimento, il Tribunale per il riesame di Pavia con ordinanza del 18 novembre 2021 ha annullato il decreto emesso dal G.i.p. del Tribunale di Pavia il 7 ottobre 2021 nella parte in cui disponeva il sequestro preventivo della somma di somma di 167.155,82 euro nei confronti di NOME COGNOME in relazione all’ipotesi di cui all’art. 603-bis cod. pen., nei termin formulati al capo n. 13) dell’imputazione;
l’ordinanza del Tribunale per il riesame di Pavia non risulta impugnata dal Pubblico Ministero.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE del 28 agosto – 1° settembre 2023 NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad articolato atto di impugnazione, con numerosi allegati, articolato in quattro motivi con i quali lamenta violazione di legge.
3.1. Sintetizzati gli antefatti processuali, con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 27 cod. proc. pen., avendo il Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE sostenuto erroneamente – rileva la Difesa – la possibilità per il G.i.p. di applicare nuovamente, unitamente alle misure cautelari disposte dal Giudice incompetente, ed in corso di esecuzione al momento della pronuncia di incompetenza, anche altre misure già annullate in precedenza, come nel caso di specie il decreto di sequestro, senza doversi previamente confrontare con i limiti derivanti dalla relativa preclusione processuale.
Ripercorrendo le motivazioni del G.i.p. del Tribunale di Pavia mediante la tecnica del “copia e incolla”, adoperata sia dal P.M. che dal G.i.p., il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE avrebbe, in realtà, “fatto rivivere” il sequestro che era stato annullato dal Tribunale per il riesame di Pavia con provvedimento rispetto al quale il P.M. aveva prestato acquiescenza, sicchè nel caso in esame si sarebbe al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 27 cod. proc. pen., che disciplina la rinnovazione della misura presupponendo che la misura emessa dal Giudice incompetente sia ancora in vigore: e la questione, posta al Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE dalla Difesa di AVV_NOTAIO, non sarebbe stata colta nella sua esatta portata e sarebbe stata – illegittimamente – disattesa, peraltro richiamando precedenti di legittimità non pertinenti.
Nel ricorso si assume (p. 8) che «nessuno mette in dubbio che il Pubblico Ministero, in astratto, abbia la autonomia e la facoltà – oltre che di richiedere, ex art. 27 c.p.p., l’adozione della medesima misura cautelare adottata dal giudice incompetente, onde evitarne la caducazione – di richiedere tutte le misure cautelari di cui ritenga sussistere i presupposti applicativi tuttavia, n momento in cui intenda richiedere l’adozione di una stessa identica misura, per gli stessi identici fatti di reato, che era stata annullata in una precedente fase incidentale, la sua iniziativa non può non essere condizionata dalle preclusioni processuali formatesi nel corso del precedente segmento incidentale».
3.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME censura la violazione del principio del c.d. “giudicato cautelare” ossia della preclusione processuale derivante dalla precedente pronunzia del Tribunale per il riesame di Pavia del 18 novembre 2021, che ha annullato il decreto di sequestro espressamente ritenendo insussistente in capo all’odierno ricorrente la conoscenza dello stato di bisogno dei lavoratori che si ritiene essere stati sfruttati.
Peraltro, alla p. 5 dell’ordinanza impugnata è lo stesso Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE a dare atto della insussistenza di elementi di novità nel materiale probatorio allegato dal P.M. a sostegno della misura cautelare, essendo state tutte le allegazioni istruttorie già vagliate dell’A.G. lombarda.
Il solo elemento di novità sarebbe costituito da un fatto processuale, ossia l’intervenuto rinvio a giudizio degli imputati da parte del G.u.p. del Tribunale di Pavia, in data 20 febbraio 2023, e ciò, ad avviso del Collegio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, «consente di ritenere superata la preclusione costituita dal c. d. “giudicato cautelare” invocato da Difesa» (così alla p. 12 del ricorso in relazione all’affermazione che si rinviene alle pp. 5-6 dell’ordinanza impugnata).
In realtà, sarebbe inesistente l’efficacia preclusiva di un decreto che dispone il giudizio che è stato privato di ogni efficacia siccome posto nel nulla dalla successiva sentenza dichiarativa di incompetenza, come precisato in precedenti di legittimità che si richiamano, oggi trovandosi il procedimento in una fase in cui il nuovo G.u.p. potrebbe peraltro del tutto legittimamente, in alternativa al rinvio a giudizio, prosciogliere l’imputato dal reato di “caporalato”.
3.3. Tramite il terzo motivo si duole della nullità del provvedimento per violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. in relazione al requisito del pericolo nel ritardo, contenuto alle ultime due righe del provvedimento impugnato e consistente – si ritiene – in affermazione di stile meramente apodittica, incentrata su rischio di dispersione in sé, per effetto della mera disponibilità del denaro.
In ogni caso, comunque, si lamenta la violazione dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen. con riferimento all’artt. 309, comma 9, cod. proc. pen., avendo il Tribunale per il riesame esercitato illegittimamente – si ritiene – poteri di integrazione a fronte di una motivazione sul periculum in mora che sarebbe totalmente inesistente nell’ordinanza genetica.
Si richiama giurisprudenza di legittimità stimata pertinente (Sez. 4, n. 29397 del 08/06/2022, Torregrossa; Sez. 6, n. 1056 del 19/12/2012, dep. 2013, COGNOME).
3.4. Oggetto dell’ultimo motivo è la segnalata violazione degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 603-bis e 110 cod. pen. quanto alla ravvisata sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in particolare dell’elemento costitutivo del consapevole approfittannento da parte di NOME COGNOME dello stato di bisogno dei lavoratori, essendosi illegittimamente ed erroneamente ricavata la relativa conoscenza dal ruolo di amministratore di fatto della cooperativa.
L’affermazione circa la sussistenza del fumus commissi delicti sarebbe meramente assertiva ed apparente e, quindi, insussistente, poiché non si indica
nessun elemento di novità rispetto all’ordinanza genetica del G.i.p. del Tribunale di Pavia e a quella di annullamento, del Tribunale per il riesame di Pavia.
Infine, riferito il contenuto delle dichiarazioni dei. lavoratori della soc. “RAGIONE_SOCIALE“, si assume essere «priva di qualsiasi consistenza la pretesa conoscenza “in re ipsa” dello stato di bisogno dei lavoratori indicati nel capo 13 dell’incolpazione da parte di NOME COGNOME» (così alla p. 24 del ricorso)
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore generale della SRAGIONE_SOCIALEC. nella articolata requisitoria scritta del 16 dicembre 2023 ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il 27 ottobre 2023 è pervenuta istanza di trattazione orale da parte della Difesa di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente precisato come da parte sia del Difensore (primo motivo del ricorso, pp. 6 e ss.) che del Procuratore Generale (punto n. 1, p. 2, della requisitoria) sia stato condivisibilmente puntualizzato non essere appropriato il richiamo da parte dell’RAGIONE_SOCIALE all’art. 27 cod. proc. pen., non essendovi nel caso di specie alcun provvedimento da “rinnovare” in senso tecnico, il secondo motivo di ricorso risulta fondato ed assorbente rispetto agli ulteriori.
Coglie nel segno la censura avente ad oggetto la dedotta inosservanza di legge per violazione del principio del c.d. giudicato cautelare per carenza di elementi indiziari sopravvenuti idonei a superare detta preclusione processuale.
Invero, nella prospettiva del Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE (pp. 5-6), il Giudice per le indagini preliminari avrebbe avuto a disposizione un elemento di novità, rappresentato da un fatto di natura processuale cioè il decreto che dispone il giudizio del G.u.p. del Tribunale di Pavia in data 20 febbraio 2023.
Ebbene, posto che, in linea di principio, l’eventuale sopravvenienza di un rinvio a giudizio in caso di misure cautelari reali permette, ove vi sia stata precisazione dell’imputazione, di superare il giudicato cautelare eventualmente formatosi in precedenza (Sez. 3, n. 10976 del 09/01/2016, COGNOME, Rv. 266712: «In tema di c. d. giudicato cautelare, la preclusione derivante da una precedente pronuncia del Tribunale del riesame opera allo stato degli atti, essendo preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di una modifica della situazione di riferimento, con la conseguenza che è superata dal successivo rinvio a giudizio con il quale sia stata precisata l’imputazione»; nello stesso
senso, v. già Sez. 6, n. 10662 del 04/02/2009, COGNOME, Rv. 243472), nel caso di specie non solo non risulta essere stata puntualizzata l’imputazione ma inoltre il Tribunale (alle pp. 8 e ss.) si concentra sull’accertamento degli elementi indiziari che possano confermare la sussistenza del fumus, dando atto di non potere accedere ad una mera presa d’atto dell’intervenuto rinvio a giudizio.
Così argomentando, tuttavia, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, da un lato, afferma di discostarsi da un provvedimento (l’annullamento del 18 novembre 2021) che a suo tempo non era stato impugnato dal P.M. e, dall’altro, mostra di non comprendere la doglianza difensiva (primo motivo di ricorso al Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE, che richiama il contenuto del lungo ricorso al Tribunale per il riesame di Pavia), che non era volta a censurare il percorso argonnentativo del Tribunale sulla individuazione degli elementi a conforto dell’ipotesi di reato in un’ottica più stringente rispetto alla mera constatazione del rinvio a giudizio, ma l’idoneità in sé del preteso “fatto sopravvenuto” processuale ad assumere tale qualifica, trattandosi, nella specie, di un decreto di rinvio a giudizio emesso il 20 febbraio 2023 e caducato dalla successiva dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Pavia che, per l’effetto, ha comportato – secondo la censura difensiva – la regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari, fase nel corso della quale, appunto, il 7 luglio 2023, è stato emesso dal G.i.p. del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il provvedimento di sequestro.
Il Tribunale, in sostanza, afferma, senza tuttavia svolgere alcuna analisi sul punto, che il decreto di rinvio a giudizio emesso da un G.u.p. poi dichiarato incompetente sia un fatto processuale “nuovo” idoneo a superare la preclusione endoprocessuale del c.d. giudicato cautelare, pur se il secondo decreto di sequestro è stato emesso in epoca successiva alla suddetta dichiarazione di incompetenza, indi in una fase in cui il predetto fatto processuale ha perso di efficacia. Al riguardo, occorre richiamare l’insegnamento di Sez. 2, n. 36186 del 06/07/2017, P.O. e altri in proc. Landi, Rv. 270649 (massima ufficiale: «Dopo la sentenza dichiarativa di incompetenza da parte del tribunale e la conseguente trasmissione degli atti al P.M. presso il giudice ritenuto competente, lo stesso P. M. può liberamente determinarsi in ordine all’esercizio dell’azione penale, potendo formulare anche una richiesta di archiviazione del procedimento»), sentenza opportunamente citata (punto n. 2, p. 3) dal P.G. nella sua requisitoria e nella cui motivazione (p. 3, punto n. 3.2 del “considerato in diritto”) si legge testualmente – che «con la dichiarazione di incompetenza (per territorio o per materia), viene posto nel nulla, nel nuovo assetto normativo derivante dalle ricordate sentenze della Corte costituzionale sull’art. 23 c.p.p., il decreto che dispone il giudizio (o il decreto di citazione a giudizio). Tale evenienza,
oggettivamente, non consente di ritenere più in vita il precedente esercizio dell’azione penale».
La fondatezza del secondo motivo – correlato ad un non adeguato apprezzamento da parte del Tribunale della regressione della fase rispetto alla preclusione del c.d. giudicato cautelare – assorbe in sé le ulteriori doglianze.
In ogni caso, l’ordinanza del Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE non si confronta con le ragioni del provvedimento di annullamento (non impugnato dal P.M.) da parte del Tribunale per il riesame di Pavia, che la Difesa aveva materialmente allegato sub n. 1) al ricorso al Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE e che peraltro viene nuovamente allegata sub n. 5) al ricorso di legittimità: in particolare, il Tribunale per il riesame di Pavia, nell’annullare l’originari sequestro, ha testualmente ritenuto (p. 8) che «l’indagato non ebbe diretta percezione o conoscenza dello stato di bisogno dei dipendenti e non vi sono elementi in atti che consentano di ritenere che il medesimo potesse averlo appreso da altre persone».
Consegue dalle considerazioni svolte l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale per il riesame di RAGIONE_SOCIALE per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 24/01/2024.