Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15869 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15869 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME PietroCOGNOME nato a Ceglie Messapica il 23/11/1953
avverso la sentenza del 11/04/2024 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 11 aprile 2024 la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia del 26 ottobre 2022 con la quale il Tribunale di Prato ha dichiarato NOME COGNOME penalmente responsabile della contravvenzione di cui all’art. 718 cod. pen. per aver gestito una bisca clandestina all’interno dei local sede della associazione di promozione sociale “Il Benve”, agevolando il gioco d’azzardo, e lo ha condannato alla pena di mesi tre di arresto e 300,00 euro di ammenda.
Avverso la sentenza indicata l’avv.to NOME COGNOME in qualità di difensore di fiducia del COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta vizio di motivazione per mancanza o manifesta illogicità in ordine alla ritenuta sussistenza della nozione di gioco di azzardo di cui all’art. 721 cod. pen., riferito al c.d. “gioco del mahjong”
Si osserva che sia nella sentenza di primo grado che in quella emessa dalla corte di appello il cd “gioco del mahjong ” è definito gioco di azzardo senza che il tema sia stato affrontato dalla accusa e sia stato oggetto dell’istruttoria dibattimentale, ma solo ricorrendo alla scienza privata del giudice.
Si rappresenta che già con l’atto di appello ci si era doluti del fatto che l’accusa si fosse disinteressata del tema della aleatorietà; che tanto il giudice nella pronuncia di primo grado, quanto il giudice di appello, avessero definito il cd “gioco del mahjong ” come gioco d’azzardo, abbozzando i meccanismi e le regole dello stesso, senza indicare la fonte e soprattutto senza spiegare in base a quali elementi esso sia stato classificato come “interamente o quasi aleatorio”, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità (si indica Sez. 4, n. 28102 del 21/03/2019) che ravvisa la violazione del principio del contraddittorio laddove il giudice faccia ricorso alla sua scienza privata, omettendo di affidarsi ad un esperto, soggetto terzo, posto che non è stata effettuata alcuna perizia per acquisire informazioni di natura tecnica sul gioco, sulle regole del gioco e sulla sua aleatorietà.
2.2. Con il secondo deduce vizio di motivazione per mancanza o manifesta illogicità in ordine alla ascrivibilità del fatto al ricorrente.
Lamenta il difensore di aver censurato, con l’atto di appello, che il ricorrente sia stato ritenuto responsabile per aver “chiaramente” (termine utilizzato nella pronuncia di primo grado) favorito l’istituzione di una vera e propria bisca clandestina, malgrado l’imputato non fosse presente e non fosse a conoscenza che nel circolo si potesse giocare, con finalità di lucro, al mahjong, come ritenuto in tesi dalla accusa e quindi dal giudice.
Si osserva che non è ravvisabile nel caso concreto un obbligo giuridico di impedire l’evento in capo al presidente di un circolo privato poichè la condotta impeditiva, per poter essere censurata, presuppone un antecedente logico fattuale, che andava verificato con accertamento in fatto, ossia che il COGNOME fosse a conoscenza che nel circolo si praticasse con l’impiego del denaro il gioco del mahjong, situazione, questa, non verificata in alcun modo.
3. Con requisitoria scritta il Sost. Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
3.1 In ordine al primo motivo, richiamando la giurisprudenza sul fatto notorio, si evidenzia che alla luce delle caratteristiche del Mahjong, esaurientemente rappresentate dalla Corte territoriale, dell’inequivocabile utilizzazione delle tipiche carte adoperate nell’occasione e della somma di euro cento rinvenuta su un tavolo, deve ritenersi che i soggetti sorpresi al tavolo stessero inequivocabilmente giocando d’azzardo.
3.2 In relazione al secondo motivo, si evidenzia che il COGNOME era il Presidente del circolo e si rappresenta che il reato, trovando applicazione l’art. 159 cod. pro. pen. nella formulazione introdotta dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, non è prescritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al primo motivo di ricorso, nei termini di cui oltre.
1.1 Va premesso che la contravvenzione prevista dall’art. 718 cod. pen. è integrata dalla condotta di chi, in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero in circoli privati di qualunque specie, tenga o, comunque, agevoli un gioco d’azzardo, intendendosi per esso, in base al disposto di cui all’art. 721 cod. pen., il gioco in cui ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita sia interamente o quasi aleatori
fli 1.2 La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l’esercizio di giochi d’azzardo si configura quando i giochi non siano incentrati sull’abilità del giocatore, ovvero siano connotati da vincite e modalità di avvio tali da farli ragionevolmente assimilare ai giochi vietati (cfr. con riferimento all’uso di apparecchi non collegati alla rete telematica dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato, Sez. F, n. 34268 del 27/08/2024, Ragusa, Rv. 287164-01; sulla qualifica di gioco d’azzardo riferito al gioco dei “tre campanelli”, “tre tavolette” o “tre carte” Sez. F, n. 26321 del 02/09/2020, COGNOME, Rv. 279545-01 e Sez. 2, n. 48159 del 17/07/2019, Pastore, Rv. 277805-01), ovvero, ancora, nei casi in cui l’abilità del giocatore assume un ruolo minimo rispetto alla aleatorietà, dovuta alla fortuna ed al caso, e sussiste un fine di lucro, che può essere escluso solo allorquando la posta sia talmente tenue da avere un valore irrilevante (tra le tante, Sez. 3, n. 42519 del 24/10/2002, COGNOME, Rv. 223203 – 01).
Ai fini, tuttavia, dell’accertamento della contravvenzione di cui all’art. 718 cod. pen. è necessaria la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitare il gioco d’azzardo, dell’effettivo svolgimento di quel gioco e, qualora si tratta di apparecchiature di gioco di natura aleatoria, dell’effettivo utilizzo delle stesse per fini di lucro (in questo senso Sez. 3, n. 25032 del 02/03/2016, Kaci, Rv. 26719301, che ha precisato che in caso di apparecchi automatici di gioco di natura
aleatoria non è sufficiente accertare che l’apparecchio sia potenzialmente utilizzabile per l’esercizio del gioco di cui all’art. 721 cod. pen.).
In altri termini, l’elemento costitutivo oggettivo del reato in contestazione postula che la condotta, svolta in luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque genere, si concretizzi nell’esercitare (tenere) o nell’agevolare il giuoco d’azzardo, che, a sua volta, sussiste se ricorre il duplice requisito del fine di lucro e della vincita o della perdita interamente o quasi interamente aleatoria.
1.3 Nel caso di specie la sentenza impugnata – in linea con la pronuncia del Tribunale – procede ad una sintetica descrizione delle caratteristiche del gioco del “mahjont” (o “Mah Jong”), omettendo tuttavia di dare conto dell’istruttoria svolta sul punto e soprattutto omettendo di indicare quali sono state le prove assunte nel corso del dibattimento idonee a far ritenere accertato che nel circolo in cui hanno fatto irruzione le forze dell’ordine si stesse effettivamente esercitando il gioco d’azzardo.
Va sul punto evidenziato, quanto alla descrizione del gioco contenuta in sentenza, che essa non può assurgere, come tale, a prova della natura illecita del gioco.
In primo luogo, si tratta di una mera descrizione, condotta per somme linee, di alcune caratteristiche del gioco del “mahjont”, con la quale si afferma, in termini assertivi, e senza indicare gli elementi in base ai quali si perviene a tale conclusione, che esso deve essere classificato come gioco d’azzardo in quanto gioco da tavolo che richiede, oltre ad abilità e calcolo, anche una componente di aleatorietà.
In secondo luogo, la descrizione contenuta in sentenza se da un lato non fornisce indicazioni sulle fonti di conoscenza in ordine alla natura e alle regole di gioco, dall’altro non chiarisce quali fossero le concrete modalità di svolgimento del gioco e se, in quel contesto, si stesse giocando d’azzardo.
La sentenza impugnata, infatti, oltre alla descrizione sintetica di (alcune) caratteristiche del gioco, dà unicamente conto della circostanza che nei locali del circolo erano collocati due tavoli con le schedine del “mahjont”; che in un tavolino adiacente è stata trovata la somma di 100 euro e che, alla vista degli operanti, i cittadini cinesi seduti ai tavoli si alzavano immediatamente per spostarsi nella zona posteriore: tali elementi, anche letti in uno alla descrizione del gioco, non sono sufficienti a ritenere integrata la condotta di chi eserciti o, come nel caso di specie, agevoli il gioco vietato, non risultando dal complesso motivazionale a cosa si stesse giocando, quali fossero le concrete modalità di svolgimento del gioco e se quella somma di 100 euro costituisse una posta del gioco, posto che la stessa non è stata trovata sul tavolo in cui erano collocate le schedine del “mahjont” ma in un tavolo attiguo, di cui non è dato sapere (essendo stato unicamente indicato come
“attiguo”) se fosse occupato da avventori, se fosse vuoto, se fungesse da appoggio, se fosse esso stesso destinato al gioco e, se del caso, a quale gioco.
1.4 Alla luce di queste considerazioni, si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che dovrà in primo luogo verificare, in base agli elementi istruttori acquisiti nel contraddittorio tra le parti, se nel luogo in cui ha fatto irruzione la polizia giudiziar si stesse giocando e, soprattutto, se si stesse giocando d’azzardo, ovvero se si stesse esercitando o se fosse stato agevolato un gioco che, per definirsi tale, deve rispondere ai requisiti di cui all’art. 721 cod. pen., sia per quanto concerne la presenza dell’aleatorietà, che deve essere oggetto di specifico accertamento, sia per quanto riguarda, nel concreto, il fine di lucro, tenuto conto che, secondo l’orientamento consolidato di questa Core, cui aderisce questo collegio, il gioco d’azzardo, punito dall’art. 718 cod. pen., si configura allorché l’abilità del giocatore assume un ruolo minimo rispetto alla aleatorietà, dovuta alla fortuna ed al caso (il che, ovviamente, presuppone che si accerti se esista o no la componente aleatoria) e sussiste un fine di lucro, che può essere escluso solo allorquando la posta sia talmente tenue da avere un valore irrilevante (cfr. Sez. F, n. 35529 del 23/08/2016, COGNOME, Rv. 268051 – 01).
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe conseguentemente il secondo motivo di doglianza.
Per completezza, come osservato dal Sostituto Procuratore generale, l’annullamento si impone con rinvio in quanto il reato per il quale si procede non è prescritto.
3.1 L’ipotesi per la quale si procede è stata infatti accertata in data 22 novembre 2019 e ad essa si applica il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite del 12 dicembre 2024, di cui è stata diffusa l’informazione provvisoria (le motivazioni alla data odierna non sono state ancora depositate).
3.2 La questione di diritto rimessa al Supremo consesso era così formulata:
«Se la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all’art. 159, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 continui ad essere applicabile, dopo l’introduzione dell’art. 2, comma 1, a), della legge 27 novembre 2021, n. 134, in relazione ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019»
e le Sezioni Unite si sono così pronunciate:
«Affermativa. Per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 si applica la disciplina di cui alla legge n. 103 del 2017. Per i reati commessi a partire dall’ 1 gennaio 2020 trova applicazione la disciplina di cui alla legge n. 134 del 2021».
3.3 In ragione dell’applicazione al caso di specie del periodo di sospensione previsto dall’art. 159, comma 2 e 3, cod. proc. pen. nella formulazione prevista
dalla legge n. 103 del 2017, vigente al momento del fatto contestato, il reato non
è dunque prescritto, con conseguente annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze che dovrà verificare, alla luce dell’istruttoria
dibattimentale, quali siano state le concrete modalità di svolgimento del gioco e quale natura avesse quindi il gioco in questione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze
Così deciso il 21/02/2025.