Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9778 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9778 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 24/11/1967
avverso la sentenza del 08/05/2023 del TRIBUNALE di TERAMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che, con tre motivi di appello, COGNOME NOME ha dedotto: 1) l’erronea valutazione degli elementi di prova da parte del giudice quanto all’accertamento del fatto ed all’attribuzione dello stesso all’imputato, avendo pretermesso le prove addotte dalla difesa, attribuendo attendibilità quasi fideistica a quanto affermato dalla persona offesa, senza invece tenere in considerazione alcuni aspetti fattuali descritti a pag. 3 dell’atto di impugnazione); 2) l’errata valutazione della prova assunta in sede di istruttoria dibattimentale con specifico riguardo alle dichiarazioni rese dai teste COGNOME e COGNOME nonché COGNOME e COGNOME, di cui vengono riportate per sintesi le dichiarazioni nell’atto di impugnazione, i quali, nella prospettazione difensiva, avrebbero fornito elementi a discarico dell’imputata, non risultando alcun riscontro oggettivo in ordine alla pericolosità e nocività della sostanza aggiuntiva rispetto all’acqua utilizzata, essendo invece prova del preavviso dell’attività di sanificazione del proprio balcone inoltrato dall’imputata di cui era stata accertata la ricezione da parte degli altri condomini, dovendosi peraltro escludere che il reato possa ritenersi configurabile ove ad essere attinte siano state soltanto delle cose e non persone; analogamente, invece, quanto allo scrollamento di tappeti e coperte con conseguente scolo dell’acqua reflua dal balcone dell’imputata, l’analisi del compendio probatorio dimostrerebbe il difetto di ripetitività della condotta che ne è elemento costitutivo implicito, non avendo peraltro mai superato la condotta dell’imputata i limiti della normale tollerabilità di cui all’art. 844, cod. civ.; 3) l’omessa considerazione della condotta posta in essere dall’imputata in termini di offesa di particolare tenuità ex art. 131-bis, cod. pen., in quanto le modalità attuative della condotta contestata avrebbero consentito di pervenire alla conclusione che l’offesa fosse particolarmente tenue; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto che tutti i motivi di ricorso sono inammissibili perché, anzitutto, costituiti – conformemente al mezzo di impugnazione originariamente ma erroneamente esperito, stante la inappellabilità della sentenza di condanna ex art. 593, comma 3, cod. proc. pen. – da mere doglianze in punto di fatto; in ogni caso perché meramente reiterativi di profili di doglianza già adeguatamente esaminati a confutati dal primo giudice con motivazione del tutto coerente con le emergenze processuali e rispondente ai canoni di logicità argomentativa, e volti a prefigurare una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità ed avulsi da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dal giudice di merito;
Ritenuto, quanto ai primi due motivi, che si tratta, all’evidenza, di censure in fatto con cui si contesta l’asserita sottovalutazione di argomenti difensivi che, se valutati, avrebbero condotto a diverso esito, favorevole all’imputata, censura che – oltre ad implicare apprezzamenti di fatto inibiti a questo giudice di legittimità è del tutto inammissibile, essendo stato infatti affermato autorevolmente dalle Sezioni Unite di questa Corte che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME e altri, Rv. 260246 – 01); che, quanto alla mancata valutazione delle dichiarazioni dei quattro testi dianzi indicati, si tratta di censure che afferiscono al merito, contestandosi la valutazione del loro dichiarato o la non corretta valutazione di quanto riferito dagli stessi, dunque richiedendo a questa Corte di legittimità l’esercizio di un sindacato di merito che sfugge al potere di questa Corte, peraltro dovendosi ribadire che il disposto dell’art. 192, comma 1, cod.proc.pen. 1988 sottolinea l’attribuzione esclusiva al giudice del merito del potere di valutazione della prova e dell’obbligo di esplicitare, nel modo più rigoroso e completo, la motivazione posta a base della decisione adottata e devesi ritenere che si sia inteso ribadire in pieno il principio del libero convincimento, ancorandolo soltanto alla necessità di indicazione specifica “dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”, al fine di evitare che lo ste trasmodi in uso arbitrario di tale principio. La valutazione e la interpretazione delle deposizioni testimoniali costituiscono, pertanto, anche sotto il vigore del nuovo codice, indagine di merito che sfugge al sindacato della Cassazione se non sotto il profilo del vizio di motivazione, quést’ultimo inteso come superamento del limite intrinseco alla libertà di convincimento del giudice e il controllo di questa Corte ha per oggetto appunto un tale eventuale superamento (Sez. 1, n. 12370 del 11/04/1991, Rv. 189326 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto, ancora, quanto alla censura relativa alla configurabilità dell’art. 674, cod. pen., che la deduzione difensiva volta a contestare la natura del liquido lanciato dall’abitazione dell’imputata o, ancora, l’invio della comunicazione preventiva dell’attività di sanificazione agli altri condomini è deduzione di puro fatto che, in quanto tale, non può trovare legittimamente ingresso dinanzi a questa Corte, per il resto dovendosi ribadire che se è ben vero che la contravvenzione di getto pericoloso di cose, di cui all’art. 674 cod. pen., non è configurabile quando l’offesa, l’imbrattamento o la molestia abbiano ad oggetto esclusivamente cose e non persone (Sez. 3, n. 19968 del 14/12/2016, Rv. 269767 – 01), deve tuttavia evidenziarsi che la contestazione in esame rivolta all’imputata consisteva nell’aver
lanciato del liquido (essendo irrilevante sotto il profilo giuridico se lo stesso fosse stato o meno acqua mista a candeggina) dal balcone dell’immobile di sua proprietà, cagionando molestia e disturbo alla persona offesa, dunque una contestazione che, al di là del contestato danneggiamento della res di proprietà della persona offesa, faceva riferimento al potenziale danno alla persona che poteva verificarsi a seguito del contestato rilascio del liquido, in tal senso, deve quindi essere ribadito che con riferimento alla contravvenzione di getto pericolose di cose, previsto dall’art. 674 cod. pen., il “versamento” concerne materie liquide e può avvenire per mano dell’agente o in qualsiasi altro modo da lui posto in essere o lasciato dolosamente o colposamente in azione, e va posto in relazione con l’effetto possibile di offendere, imbrattare o molestare le persone, anche se questo effetto non si sia verificato (Sez. 1, n. 8386 del 02/07/1992, Rv. 191451 – 01 in cui la S.C. ha ritenuto che integrasse la contravvenzione di cui all’art. 674 cod. pen. il getto di acqua con una pompa all’interno dell’abitazione altrui);
Ritenuto, infine, quanto alla censura di omessa applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, cod pen., che in tema di ricorso per cassazione, è deducibile il difetto di motivazione della sentenza d’appello (come anche della sentenza di primo grado, ove, come nel caso in esame, si tratti di sentenza inappellabile), che non abbia rilevato “ex officio”, alla stregua di quanto previsto dall’art. 129 cod. proc. pen, la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale (Sez. 6, n. 5922 del 19/01/2023, Rv. 284160 – 01); orbene, a tal proposito, è sufficiente rilevare che l’applicazione dell’art. 131-bis, cod. pen. non risulta nemmeno essere stata dedotta in sede di conclusioni da parte della difesa, donde nessun obbligo valutativo ‘in tal senso incombeva al giudice di merito;
Ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 febbraio 2025