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Gestore di fatto: responsabilità penale e rischi

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per reati tributari a carico di un ‘gestore di fatto’ di un’impresa individuale e di suo fratello, emittente di fatture false. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale non dipende dalla carica formale, ma dall’effettivo esercizio del potere gestionale. I ricorsi, basati sulla presunta estraneità alla gestione e sulla prescrizione dei reati, sono stati dichiarati inammissibili.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Gestore di Fatto: La Cassazione Conferma la Responsabilità Penale Tributaria

La figura del gestore di fatto è cruciale nel diritto penale tributario, poiché la responsabilità per i reati fiscali ricade su chi esercita effettivamente il potere decisionale, a prescindere dalle cariche formali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7244/2024) ribadisce questo principio, confermando la condanna di un soggetto che, pur non essendo il titolare legale di un’impresa, ne era l’effettivo amministratore. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Intreccio Familiare e Fiscale

La vicenda riguarda un’impresa individuale formalmente intestata a una donna. Le indagini della Guardia di Finanza, tuttavia, hanno rivelato una realtà diversa. Il marito della titolare, pur non avendo alcun ruolo ufficiale, era l’unica persona a gestire l’attività. Era lui a interfacciarsi con gli inquirenti durante la verifica fiscale, a fornire la documentazione e a dialogare con la consulente fiscale. La moglie, al contrario, si era dimostrata completamente all’oscuro della gestione aziendale.

Le accuse a suo carico erano gravi:

1. Utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000) per un importo di oltre 44.000 euro, al fine di evadere l’IVA.
2. Omessa dichiarazione dei redditi (art. 5 D.Lgs. 74/2000) per un’evasione IRPEF di quasi 60.000 euro.

Le fatture false erano state emesse da un’altra impresa, il cui titolare era il fratello del gestore di fatto, anch’egli condannato per emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 D.Lgs. 74/2000).

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità dei Ricorsi

Entrambi gli imputati avevano fatto ricorso in Cassazione, sostenendo tesi diverse. Il gestore di fatto negava il suo ruolo, affermando di aver semplicemente collaborato con gli investigatori su delega della moglie, impossibilitata per motivi di salute. Entrambi, inoltre, eccepivano l’avvenuta prescrizione dei reati.

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni, dichiarando i ricorsi inammissibili e rendendo definitive le condanne a un anno e sei mesi di reclusione per entrambi.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Gestore di Fatto e la Prescrizione

La sentenza offre spunti di riflessione fondamentali. In primo luogo, la Corte ha stabilito come identificare il gestore di fatto. Non contano le deleghe formali o le giustificazioni addotte, ma i comportamenti concreti. Le testimonianze dei militari della Guardia di Finanza sono state decisive: avevano constatato direttamente che l’imputato era l’unico interlocutore, l’unica persona con una conoscenza effettiva della realtà aziendale e l’unico a gestire i rapporti con la commercialista. Questi elementi, secondo i giudici, sono sufficienti a fondare la sua posizione di gestore di fatto e, di conseguenza, la sua responsabilità penale per i reati commessi nell’interesse dell’impresa.

In secondo luogo, è stata affrontata e respinta l’eccezione di prescrizione. La Corte ha meticolosamente calcolato il tempo necessario a prescrivere i reati, pari a dieci anni (otto anni di base più due per atti interruttivi). A questo periodo ha aggiunto i giorni di sospensione del procedimento, inclusi i 64 giorni derivanti dalla normativa emergenziale COVID-19. Il calcolo ha dimostrato che, alla data della sentenza d’appello (23 febbraio 2023), il termine non era ancora decorso per nessuno dei reati contestati.

Infine, è stata rigettata anche la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), in considerazione della gravità dei fatti, del superamento della soglia di punibilità e della pluralità di condotte illecite poste in essere.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia conferma un orientamento consolidato ma sempre attuale: nel diritto penale d’impresa, la sostanza prevale sulla forma. La responsabilità penale non si ferma ai prestanome o ai titolari formali, ma colpisce chiunque eserciti un potere gestionale effettivo. Le implicazioni sono chiare:

1. Irrilevanza della carica formale: Agire come amministratore di un’azienda, anche senza un contratto o una nomina, comporta l’assunzione di tutte le responsabilità penali che ne derivano.
2. La prova del ruolo: L’identificazione del gestore di fatto si basa su elementi concreti e fattuali, come la gestione dei rapporti con i terzi (fisco, banche, consulenti) e la conoscenza della contabilità aziendale.
3. Attenzione alla prescrizione: Il calcolo dei termini di prescrizione è un’operazione complessa che deve tenere conto di tutte le cause di interruzione e sospensione, come dimostra il riferimento alla normativa COVID-19, che può allungare significativamente i tempi del processo.

Chi è il gestore di fatto e come viene provato il suo ruolo?
È la persona che, pur senza una nomina ufficiale, esercita in concreto i poteri di gestione di un’impresa. Il suo ruolo viene provato attraverso elementi fattuali, come le testimonianze di chi ha interagito con lui in nome e per conto dell’azienda (in questo caso, la Guardia di Finanza) e la sua effettiva conoscenza e controllo della gestione aziendale.

Perché il gestore di fatto risponde penalmente per i reati tributari?
Risponde penalmente perché è colui che di fatto prende le decisioni che portano alla commissione dei reati (come utilizzare fatture false o omettere una dichiarazione). La legge attribuisce la responsabilità a chi ha il controllo effettivo dell’ente, indipendentemente dalla titolarità formale.

Perché l’eccezione di prescrizione è stata respinta?
È stata respinta perché il termine di dieci anni necessario a prescrivere i reati non era ancora trascorso al momento della sentenza d’appello. Al calcolo del tempo si sono dovuti aggiungere diversi periodi di sospensione del processo, compresi quelli previsti dalla legislazione per l’emergenza Covid-19, che hanno di fatto allungato la durata del termine prescrittivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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