Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 520 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 520 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nata in Romania il 18/01/1987
NOME nato in Romania il 08/11/1978
avverso la sentenza del 12/04/2023 della Corte d’appello di Catanzaro
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 12/04/2023 la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza del 27/09/2021 e per l’effetto condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME alla pena di mesi 6 di arresto e 5.000 euro di multa in relazione al reato di cui all’articolo 256, comma 1, d. lgs. 152/2006, in relazione ad attività di gestione non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi.
Avverso tale sentenza gli imputati propongono, tramite il comune difensore, ricorsi per cassazione disgiunti, ma sovrapponibili nei contenuti.
2.1. Con un primo motivo, entrambi i ricorsi lamentano violazione dell’articolo 256, comma 1, d. lgs. 152/2006 in riferimento all’articolo 521 cod. proc. pen., essendo stato contestato agli imputati lo ‘smaltimento’ abusivo e non anche il ‘trasporto’, con conseguente violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
2.2. Con un secondo motivo, entrambi i ricorsi lamentano violazione dell’articolo 256, comma 1, d. lgs. 152/2006 e vizio di motivazione. La condotta degli imputati era connotata da occasionalità, circostanza che esclude la tipicità del fatto ma non Ł stata valorizzata dalla sentenza.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
3. I ricorsi sono inammissibili.
4. Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Ed infatti, correttamente la sentenza impugnata evidenzia come l’articolo 256, comma 1, d. lgs. 152/2006, sanziona ogni ipotesi di ‘gestione’ non autorizzata di rifiuti, in cui rientrano – v. art. 183 lett. n), del d. lgs. 152/2006 – sia l’attività di trasporto che quella di smaltimento.
Il nucleo del disvalore Ł pertanto correlato ad una attività gestoria svolta in assenza di titolo autorizzativo. Non si verifica, in altre parole, quella ‘eterogeneità’ dedotta dalla difesa.
Ed infatti, la diversa qualificazione giuridica del fatto non determina alcuna compressione o limitazione del diritto al contraddittorio, in conformità dell’art. 111, comma 2, Cost. e dell’art. 6 CEDU, secondo l’interpretazione della giurisprudenza della Corte EDU nella sentenza 11 dicembre 2007, RAGIONE_SOCIALE Italia, ove non avvenga a sorpresa, allorchØ l’imputato e il suo difensore siano stati posti in condizione sin dall’inizio del processo di interloquire sulla questione, ed il fatto storico non sia radicalmente trasformato nei suoi elementi essenziali rispetto all’originaria imputazione. (Sez. 5, Sentenza n. 27905 del 03/05/2021, COGNOME, Rv. 281817 – 03).
Le norme di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e quindi il pieno esercizio del diritto di difesa dell’imputato, non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all’accusa originaria, ma soltanto da una modificazione dell’imputazione che pregiudichi le possibilità di difesa dell’imputato, dovendo la nozione strutturale di ‘fatto’, contenuta nelle disposizioni in esame, essere coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa.
Il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Sez. 3, n. 14539 del 18/02/2020, Lecce, n.m.).
L’ipotizzata violazione di legge, palesemente, non sussiste.
5. Il secondo motivo Ł del pari manifestamente infondato.
Ed infatti, stante la natura di illecito istantaneo della contravvenzione di cui all’art. 256, comma primo, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma a consentirne il perfezionamento.
Esso si consuma quindi in occasione di ogni singolo trasporto effettuato da soggetto non autorizzato (Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, COGNOME e a., Rv. 262514; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, COGNOME, Rv. 247605), posto che una continuativa ed organizzata attività abusiva di trasporti, ricorrendone gli altri presupposti, potrebbe invece integrare il ben piø grave delitto di cui all’art. 260, comma 1, d.lgs. 152/2006 (Sez. 3, n. 26614/2013 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 257075)».
Occorre tuttavia, pur sempre, che si tratti di un’attività di «gestione» di rifiuti, dalla quale deve ritenersi esclusa la «assoluta occasionalità» (v., da ultimo, Sez. 3, n. 24676 del 10/05/2023, Romano, n.m.; Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280375 – 01).
Si Ł quindi affermato che ove la «attività» effettivamente svolta rientri tra quelle indicate dalla norma quand’anche posta in essere di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, integra, al di fuori dell’ipotesi di assoluta occasionalità, la tipicità del reato di gestione abusiva quando sia svolta in assenza del prescritto titolo abilitativo (Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836).
Del resto, questa Corte ha evidenziato come la rilevanza della «assoluta occasionalità» ai fini dell’esclusione della tipicità deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma,
bensì dallo stesso tenore della fattispecie penale, che, punendo la «attività» di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, pur non dovendo ricorrere congiuntamente, devono comunque essere indici di un minimum di organizzazione che ne lasci concretamente desumere la loro reiterazione così da escludere dall’orbita della rilevanza penale la condotta assolutamente estemporanea (Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305; Sez. 3, n. 5031 del 17/01/2012, Granata, n.m.).
Come di recente sottolineato da questa Corte (Sez. 3, n. 28484 del 12/06/2024, Hernandez, n.m.), sono stati posti in risalto, per effetto del sedimentarsi delle pronunce giurisprudenziali in subiecta materia , degli indici sintomatici della illecita «gestione», quali, a titolo esemplificativo:
la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione (Sez. 3, n. 16355 del 16/03/2023, Abom);
la eterogeneità dei rifiuti gestiti ( ibidem );
la necessità di un veicolo adeguato e funzionale all’attività concretamente svolta (Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, cit.);
il numero dei soggetti coinvolti nell’attività (Sez. 3, n. 2575 del 06/11/2018 – dep. 2019, n.m);
l’ingente quantità di rifiuti, denotante lo svolgimento di un’attività implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali (Sez. 3, n. 8193 del 11/2/2016, P.M. in proc. Revello, Rv. 26630501).
le caratteristiche del rifiuto, indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito (Sez. 3, Sentenza n. 36819 del 04/07/2017, Ricevuti, Rv. 270995-01).
Conclusivamente, per escludere la rilevanza penale della condotta Ł necessario che, nel caso concreto, non sia ravvisabile alcuna attività di «gestione» dei rifiuti, circostanza che Ł esclusa non già nel caso di condotta caratterizzata da mera «occasionalità», bensì da «assoluta occasionalità» (come, ad esempio, nel caso di soggetto privato che provveda al trasporto di rifiuti propri da portare in discarica).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata, che conferma l’analoga valutazione del primo giudice, si Ł attenuta ai principi sopra esposti nel valutare – in modo non manifestamente illogico o contraddittorio – la condotta degli imputati, avente ad oggetto circa 1.100 kg. di rifiuti oggetto di cernita preliminare (batterie esauste, alluminio, rottami ferrosi), come riferibile ad una attività commerciale e non già frutto di attività estemporanea.
La doglianza Ł quindi manifestamente infondata sia sotto il profilo della violazione di legge che del vizio di motivazione.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità dei ricorsi.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME