Gestione Illecita Rifiuti: La Cassazione Conferma la Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto fine alla vicenda giudiziaria del gestore di un’autofficina, condannato per il reato di gestione illecita rifiuti. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti del Processo
La vicenda trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. Il gestore di un’officina meccanica era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 256 del d.lgs. n. 152/2006, per aver gestito illecitamente i rifiuti prodotti dalla sua attività. La pena inflitta consisteva in 6 mesi di arresto e 2.000 euro di ammenda.
Secondo i giudici di merito, era stato ampiamente provato che l’imputato fosse l’effettivo responsabile dell’attività e che all’interno dell’officina vi fosse un deposito incontrollato di rifiuti, smaltiti in modo illecito. A fronte di ciò, non era stata fornita alcuna documentazione che attestasse un regolare e periodico smaltimento a norma di legge. La non modesta dimensione dell’attività, testimoniata dalla presenza di ben 11 autovetture in riparazione al momento del controllo, aggravava il quadro probatorio.
Il Ricorso in Cassazione e la Gestione Illecita Rifiuti
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge da parte della Corte di Appello. Sostanzialmente, la difesa ha cercato di proporre una ricostruzione dei fatti alternativa, contestando la valutazione delle fonti probatorie operata dai giudici di merito. Tuttavia, questo tipo di doglianza si scontra con i limiti intrinseci del giudizio di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno ribadito che la Corte di Cassazione opera come “giudice di legittimità” e non “di merito”. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove o di sostituire la propria valutazione a quella dei tribunali precedenti, ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta sorretta da “considerazioni razionali”. I giudici di merito avevano adeguatamente spiegato perché l’imputato fosse il gestore di fatto e perché la situazione riscontrata configurasse il reato di gestione illecita rifiuti. La difesa, al contrario, si è limitata a contrapporre “differenti apprezzamenti di merito”, inammissibili in questa sede.
Conclusioni: Le Conseguenze della Dichiarazione di Inammissibilità
La declaratoria di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte lo ha condannato a versare la somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi temerari o palesemente infondati.
Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: le condanne per reati ambientali, se basate su una solida e logica ricostruzione dei fatti da parte dei giudici di merito, sono difficilmente scalfibili in sede di Cassazione. Agli imprenditori e ai gestori di attività produttive spetta l’onere di documentare scrupolosamente il corretto smaltimento dei rifiuti, per non incorrere in gravi conseguenze penali.
Cosa si intende per gestione illecita di rifiuti in un’autofficina secondo questa decisione?
Secondo la pronuncia, la gestione illecita di rifiuti è stata configurata dalla presenza di un deposito incontrollato di materiali di scarto, con conseguente smaltimento illecito, e dalla totale assenza di documentazione che attestasse lo smaltimento regolare e periodico dei rifiuti prodotti dall’attività.
Per quale motivo il ricorso alla Corte di Cassazione è stato respinto senza un esame nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Il ricorrente, infatti, chiedeva una nuova valutazione delle prove e dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a un giudizio sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35690 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35690 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASALNUOVO DI NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Napoli del 3 maggio 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Noia il 12 giugno 2023, con la quale NOME era stato condannato alla pena di mesi 6 di arresto ed euro 2.000 di amme quanto ritenuto colpevole del reato ex art. 256 del d.lgs. nr . 152/2006; fatto accertato in Acerra il 20 ottobre 2020.
Osservato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura la conferma del giudizio colpevolezza dell’imputato, sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazio legge, è manifestamente infondato, in quanto volto a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, a fronte dell’adeguata ricostruzione operata dai giudici di merito, i hanno evidenziato (pag. 3-4 della sentenza impugnata), da un lato, che NOME era l’effettiv gestore dell’autofficina dove era stata accertata la gestione illecita dei rifiuti e, dall’altro si era in presenza di un deposito incontrollato, con conseguente smaltimento illecito dei rifi non essendo stata fornita alcuna documentazione attestante il regolare e periodico smaltimento dei rifiuti prodotti dall’attività gestita dall’imputato, peraltro di non modeste dimensioni, che al momento dell’accesso della P.G. sono state rinvenute 11 autovetture in riparazione.
Ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata risulta sorretta da considerazioni razionali, cui la difesa contrappone differenti apprezzamenti di merito, che tuttavia non sono consentiti i sede di legittimità (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.