Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46258 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46258 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 06/01/1950
avverso l’ordinanza dell’ 11/04/2024 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
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NOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa a seguito dell’udienza camerale in data 11/4/2023, il Tribunale di Reggio Calabria, adito ex art. 324 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria in data 11/2/2024 nell’ambito del procedimento che vedeva COGNOME indagato, in concorso con altri, dei reati di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen. e 256 d.lgs. 152/2006 per aver, quale “partecipe in qualità di abituale, autonomo conferitore abusivo di ingenti quantitativi di rifiuti”, contribuito ad allestire “mezzi e attività continu ed organizzate…per consumare più operazioni continuative ed organizzate di abusiva: ricezione, trasporto e gestione di ingenti quantitativi di rifiuti”.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, che, con il primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 452 quaterdecies cod. pen. e 546 cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Si sostiene che nessun indizio sorreggeva l’ipotesi, accolta dal Tribunale, secondo la quale i conferimenti effettuati dall’imputato avevano avuto a oggetto rifiuti e, tanto meno, che i quantitativi conferiti erano stati ingent
Si rileva anzi che tale ipotesi era smentita dalla fattura prodotta dalla difesa, che provava che il materiale conferito non costituiva rifiuto, e da considerazioni di ordine logico, in quanto, secondo l’ipotesi accusatoria, era la RAGIONE_SOCIALE a versare un corrispettivo per i materiali che le venivano ceduti e non il contrario, come sarebbe avvenuto se la società avesse provveduto allo smaltimento dei rifiuti.
Si assume, altresì, che non vi erano indizi che potessero far ritenere che l’imputato fosse a conoscenza “dell’entità e della presunta natura illecita degli affari delle società” cui conferiva il materiale trasportato.
Con il secondo motivo, si denuncia la violazione degli artt. 452 quaterdecies cod. pen. e 546 cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza del periculum in mora.
Si assume che gli elementi valorizzati a tal fine dal Tribunale erano privi di valenza significativa, il quanto il numero dei conferimenti era “compatibile con lo svolgimento di un’attività lecita e occasionale” e ciò in quanto in molte delle occasioni computate dalla PG, COGNOME si era recato nello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE al solo fine di concordare l’appuntamento per effettuare la consegna del materiale, e, comunque, non dimostravano l’attualità del periculum in quanto i conferimenti erano avvenuti un anno prima del sequestro e non vi erano indizi della prosecuzione del rapporto anche dopo, tant’è che il resoconto del sopralluogo del luglio 2023 non faceva menzione a COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile stante la manifesta infondatezza dei motivi.
Giova premettere che il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” che “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. in tal senso, tra le tante, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli; Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, NOME, sulla scia tracciata da Cass. SS.UU., 29.5.2008 n. 25.932, NOME).
Né è consentito invocare il vizio di violazione di legge (sotto il profilo, ad esempio, dell’art. 192 cod. proc. pen.) quando il ricorso sia fondato su argomentazioni che si pongono in confronto diretto con il materiale probatorio (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 13442 dell’ 8/3/2016, COGNOME; Sez. 6, n. 43963 del 30/9/2013, Basile).
Il Tribunale ha argomentato il proprio convincimento in relazione al funnus rilevando che i quindici conferimenti effettuati da COGNOME nel periodo 7/3/2023 11/4/2023, ripresi dalle telecamere del sistema di videosorveglianza dello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE ubicato nel INDIRIZZO a Reggio Calabria, dovevano essere inseriti nel contesto ricostruito dalle indagini che vedeva la struttura aziendale, di cui il capannone costituiva la sede operativa, votata al traffico illecito dei rifiuti recapitati “da soggetti che stabilmente conferivano rifi pur essendo privi di qualunque titolo abilitativo alla raccolta e trasporto degli stessi”. Sottolinea, ancora, il Tribunale che non vi era elemento alcuno che collegasse il materiale conferito da COGNOME a qualsivoglia processo di recupero che potesse giustificarne la qualificazione in termini di materia secondaria.
Va ricordato che in tema di gestione dei rifiuti, i rottami ferrosi, anche a seguito dell’entrata in vigore del regolamento UE del 31 marzo 2011, n.333, rientrano nel campo d’applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi, perdendo in tal caso la qualifica di rifiuto (secondo la locuzione impiegata nell’art. 184 ter T.U.A. che ha sostituito quella di “materia prima secondaria” che si rinveniva nel previgente art. 181 bis) (Sez. 3, n. 14222 del 14/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 49982 del 9/4/2015, COGNOME, Rv. 265321 – 01; Sez. 3, n. 14806 dell’11/1/2018, COGNOME).
Questa Corte ha anche precisato, in relazione alle operazioni necessarie affinché l’oggetto perda la qualifica di rifiuto, che quand’anche si esauriscano nel mero controllo, la previsione dell’art. 184 ter comma 2 parte prima del T.U.A., qualificando tale verifica come recupero, comporta che debbano essere effettuate
da un soggetto autorizzato (Sez. 3, n. 36692 del 3/7/2019, COGNOME; Sez. 3, 16423 del 20/2/2014, Di COGNOME).
Un’ultima precisazione s’impone a confutazione dell’argomento difensivo secondo il quale il versamento di un corrispettivo per il conferimento impedireb di qualificare gli oggetti recapitati da COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE quali rifiuti.
Costituisce consolidato orientamento di legittimità il principio secondo cui n categoria dei rifiuti rientrano anche le sostanze e gli oggetti che, non più i soddisfare le finalità cui essi erano originariamente destinati, siano tutta privi di un valore economico, occorrendo fare riferimento alla condotta e volo del cedente di disfarsi dei beni, e non all’utilità che potrebbe ritrarne il ce (Sez. 3, n. 11603 del 26/1/2022, COGNOME; Sez. 3, n. 46586 del 03/10/201 Marchi, Rv. 277280; Sez. 3, n. 5442 del 15/12/2016 (dep. 2017), COGNOME, Rv 269249; Sez. 3, n. 41533 del 15/12/2016, Sbolli; Sez. 3, n. 2607 del 15/01/199 COGNOME, Rv. 186489 – 01).
Va anche aggiunto che il profitto conseguito da RAGIONE_SOCIALE e dalla collegata RAGIONE_SOCIALE attraverso l’illecita gestione dei rifiuti spiega la r corrispettivo versato a COGNOME all’atto del conferimento.
Il versamento di un corrispettivo all’atto del conferimento è, quindi, coe con la ricostruzione accusatoria.
L’ordinanza prende anche in considerazione l’autofattura cui fa riferimento ricorso rilevando come la medesima non esonerava COGNOME dalla necessità di munirsi dei necessari titoli abilitativi né documentava la liceità dell’operazio
. Il tema dell’elemento soggettivo, ancora, dalla sintesi conte nell’ordinanza, non risulta essere stato sollevato dinanzi al Tribunale del Ri e, comunque, gli elementi valorizzati dal Tribunale, prima fra tutti il numer conferimenti effettuati nell’arco di un mese e l’indisponibilità della documenta richiesta per l’esercizio lecito dell’attività ascritta dall’indagato l’insussistenza dei coefficienti psicologici integranti l’elemento soggettivo de delineati nella preliminare rubrica non immediatamente rilevabile, co consentendo di configurare il fumus dei reati in parola.
Invero, il motivo, sotto le mentite spoglie della violazione di legge, si svi nel corpo della impugnazione, in una denuncia di manifesta illogicità de motivazione dovuta al travisamento della prova relativa alla natura dei mater conferiti e mira, in definitiva, a un apprezzamento della gravità indiziaria, ch è condizione per l’emissione e il mantenimento della cautela reale, essendo sufficiente la compiuta verifica in ordine alla sussistenza del fumus commi delicti, vale a dire la possibilità di sussumere in una determinata ipotesi di fatto contestato (Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27815 Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 d 28/01/2014, COGNOME, Rv. 258279).
Il Tribunale del riesame, rispondendo agli specifici motivi di impugnazione, ha dato conto dell’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentono di ricondurre in concreto alle fattispecie incriminatrici contestate le specifiche condotte tenute dall’indagato, così fornendo una motivazione che si sottrae alle censure difensive.
Venendo al periculum in mora, il decreto di sequestro e l’ordinanza danno atto che dai filmati esaminati dalla PG era emerso che, dal 7/3/2023 al giorno 11/4/2023, COGNOME aveva effettuato “15 conferimento di rifiuti presso la RAGIONE_SOCIALE“. Al sopralluogo effettuato il 22/7/2023 l’ordinanza fa un breve riferimento per cui non è dato ricostruire che tipo di accertamenti siano stati effettuati e la rilevanza dei medesimi in relazione alla posizione di COGNOME. Non è dato, ancora, comprendere sulla scorta di quali risultanze si eccepisce che, nelle date dei conferimenti, COGNOME si era dapprima recato nello stabilimento per prendere l’appuntamento per effettuare la consegna.
Gli elementi disponibili, pertanto, dimostrano che nel periodo oggetto delle indagini della PG, corrispondente a circa un mese, l’imputato si era recato ogni due o tre giorni nello stabilimento della RAGIONE_SOCIALE per conferire rifiuti. E’, all’evidenza una condotta svolta con professionalità che si inseriva stabilmente nelle illecite attività che erano attuate nel capannone.
Non emerge, ancora, che l’imputato sia dedito ad attività lecite che possano far presumere che sia venuta meno la volontà di locupletazione che dovette animare le condotte per cui si procede.
Anche in relazione al requisito in parola, quindi, il processo inferenziale sviluppato dal Tribunale, lungi dal risultare apparente, è caratterizzato da una logica stringente che impedisce di configurare il vizio denunciato dal ricorrente.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, considerati i profili di inammissibilità, in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14/11/2024