Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7374 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7374 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 19-09-1994, avverso l ‘ordinanza del 14-03-2024 della Corte di appello di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ; lette le conclusioni trasmesse dall’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME che ha insistito per l’ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 marzo 2024, la Corte di appello di Bari dichiarava inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza del 20 giugno 2023, con cui il Tribunale di Foggia aveva condannato l’imputato alla pena d i 5.000 euro di ammenda, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’ art. 256, comma 1, lett. A, del d. lgs. n. 152 del 2006 (capo A); fatto commesso in agro del Comune di San Severo ‘ sino al 25 giugno 2020 ‘ .
Avverso l’ordinanza della Corte di appello pugliese, COGNOME tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui la difesa deduceva la violazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., osservando che, essendo la sentenza di primo grado inappellabile, l’impugnazione proposta, al di là del suo nomen iuris , doveva essere qualificata come ricorso per cassazione ed essere trasmessa a questa Corte quale giudice competente.
Con sentenza n. 37253 emessa il 12 settembre 2024 e depositata il 10 ottobre 2024, questa Sezione della Corte annullava senza rinvio l’ordinanza impugnata e , qualificata l’impugnazione come ricorso per cassazione, fissa va l’udienza pubblica del 13 novembre 2024 per la relativa trattazione.
Con memoria trasmessa il 4 novembre 2024, l’avvocato NOME COGNOME dif ensore di fiducia dell’imputato, nel replicare alle considerazioni del Procuratore generale, ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Preliminarmente, occorre evidenziare che la declaratoria di inammissibilità dell’appello è stata già annullata da questa Corte con la richiamata sentenza n. 37253 emessa il 12 settembre 2024, per cui l’odierno giudizio verte sulla verifica della fondatezza dell’appello, già qualificato come ricorso per cassazione, proposto nell’interesse di COGNOME avverso la sentenza del 20 giugno 2023, con cui il Tribunale di Foggia lo aveva condannato in ordine al reato ascrittogli al capo A.
La predetta impugnazione era affidata a sei motivi: con il primo, era stata dedotta la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, per essere stato il ricorrente condannato anche rispetto al capo B che non era stato a lui ascritto; con il secondo motivo , è stata censurata l’affermazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato rispetto al secondo episodio contestato al capo A, non essendo il veicolo parcheggiato sulla via nella disponibilità di Mastrodonato in occasione della condotta contestata il 25 giugno 2020; con il terzo motivo, era stata eccepita la violazione dell’art. 256, comma 1, lett. A, del d. lgs. n. 152 del
2006 , posto che l’unico episodio del 18 giugno 2020 non può configurare l’attività organizzata richiesta dalla predetta norma incriminatrice. Il quarto motivo era stato dedicato al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto; il quinto motivo aveva ad oggetto il diniego delle attenuanti generiche, mentre il sesto motivo era riferito al difetto di motivazione rispetto al computo della pena.
Orbene, tutti i motivi di doglianza dell’ impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale si connotano per la loro manifesta infondatezza.
3.1. Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza è ravvisabile nel caso di specie, desumendosi chiaramente dalla sentenza impugnata che l’affermazione della responsabilità penale del ricorrente e la conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio sono state correttamente circoscritte al solo reato di cui al capo A contestato a COGNOME, essendo stato per converso chiarito che la condotta descritta al capo B era riferibile unicamente al coimputato NOME COGNOME il quale peraltro è stato assolto da tale imputazione per non aver commesso il fatto. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza difensiva.
3.2. Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto alle censure riguardanti la formulazione del giudizio di responsabilità (secondo e terzo motivo). Al riguardo deve infatti osservarsi che la sentenza impugnata ha innanzitutto operato un’adeguata ricostruzione della vicenda contestata a COGNOME, richiamando in tal senso gli esiti dei prolungati accertamenti della P.G., da cui è e merso che l’imputato, quantomeno nelle date del 18 e del 25 giugno 2020, ha realizzato un’attività di gestione di rifiuti speciali non pericolosi, consistita nella raccolta, nel trasporto e nello smaltimento degli stessi, senza essere titolare della prescritta autorizzazione e senza che il mezzo adoperato a tale scopo (Piaggio Ape targato TARGA_VEICOLO) fosse iscritto nell’albo dei gestori ambientali . In particolare, le immagini del sistema di fototrappola installato presso l’ex opificio denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ub icato sulla strada statale 272 che collega San Severo a San Marco in Lamis, luogo divenuto una sorta di discarica abusiva, hanno consentito di accertare che COGNOME, in compagnia di NOME COGNOME, si era recato presso tale area, a bordo del suo Piaggio Ape, il 18 giugno 2020 in tre occasioni, ossia alle ore 11.29, alle 14.51 e alle 16.40, e ogni volta ha abbandonato materiali ingombranti di vario genere (come sedie, mobili, tavoli e cassette di legno).
Quanto all’identificazione dell’imputato, è stato evide nziato che la stessa è avvenuta non subito, perché gli operanti non conoscevano COGNOME, ma nel momento in cui questi si è recato personalmente presso gli uffici di P.G. e la sua effigie è stata confrontata con l’immagine estratta dal cartellino anagrafico nel frattempo acquisito presso il Comune di San Severo, a seguito della verifica del soggetto intestatario del veicolo adoperato per i trasporti illeciti dei rifiuti.
L’identificazione , resa possibile dalla chiarezza delle immagini delle foto-trappole, ha avuto luogo dopo che la Polizia Municipale, il 25 giugno 2020, aveva sequestrato il veicolo di proprietà di Mastrodonato, parcheggiato sulla pubblica via senza la dovuta assicurazione, per cui l’imputato si è recato presso gli uffici di P.G.; in tale occasione, gli operanti hanno ispezionato il cassone posteriore del mezzo, rinvenendo al suo interno rifiuti speciali (come ad esempio paraurti, lattine in alluminio e lattine in plastica) provenienti da un’autocarrozzeri a.
Alla luce di tali risultanze, non smentite da elementi probatori di segno contrario (l’imputato nel corso del giudizio non ha fornito alcuna versione alternativa), il reato di cui all’art. 256, comma 1, lettera a) del d. lgs. n. 152 del 2006, è stato legittimamente ritenuto ravvisabile, stante l ‘ abitualità delle condotte illecite accertate (quattro in pochi giorni), dovendosi solo precisare che non è dirimente stabilire chi fosse alla guida del mezzo il 25 giugno 2020, rilevando piuttosto il fatto che sul veicolo di proprietà dell’imputato sono stati rinvenuti dei rifiuti speciali non correttamente smaltiti, condotta questa ‘coerente’ con i ripetuti trasporti illeciti di rifiuti compiuti dallo stesso imputato, solo pochi giorni prima, presso la sede dell’opificio che da tempo era divenuto ricettacolo di rifiuti di vario tipo .
3.2.1. In definitiva, in quanto sorretto da argomentazioni non illogiche, il giudizio sulla sussistenza e sull’ascrivibilità all’imputato del reato contestato gli al capo A resiste alle censure difensive, con le quali si sollecita sostanzialmente una differente (e frammentaria) lettura delle acquisizioni probatorie, operazione questa non consentita in sede di legittimità, dovendosi richiamare in proposito la consolidata affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri d i ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
3.3. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo.
Ed invero il Tribunale, in senso ostativo al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, ha ragionevolmente rimarcato sia le modalità organizzate dell’attività di gestione dei rifiuti realizzata dall’imputato , evincibili dall’utilizzo di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto e dal supporto di altro soggetto, sia la mole dei rifiuti, desumibili dal sequestro e dalle immagini del filmato, sia il carattere non occasionale della condotta, perpetrata in quattro distinti episodi, elementi questi riten uti idonei a qualificare come non tenue l’offesa al bene giuridico protetto .
Orbene, con le pertinenti considerazioni della sentenza impugnata, il ricorso non si confronta adeguatamente, limitandosi a proporre differenti valutazioni di merito che tuttavia, come già esposto, non possono trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi richiamare in tal senso l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044 e Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Rv. 273678 ) secondo cui, ai fini dell’ap plicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 comma primo cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente anche la sola indicazione di quelli ritenuti rilevanti.
3.4. Anche il quinto e il sesto motivo, riferiti in termini sovrapponibili al trattamento sanzionatorio, sono manifestamente infondati.
Nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice monocratico ha sottolineato l’assenza di profili meritevoli di positiva valutazione, non potendosi in ogni caso sottacere che la pena irrogata a COGNOME è stata solo quella pecuniaria ed è stata contenuta in 5.000 euro di ammenda, ossia in misura molto più vicina al minimo (2.600 euro di ammenda) che al massimo edittale (26.000 euro di ammenda), e ciò proprio in ragione del fatto, non ignorato dal Tribunale, che l’imputato ha proceduto a smaltir e correttamente i rifiuti da lui abbandonati. Non può dunque affermarsi che il trattamento sanzionatorio riservato al ricorrente sia stato ispirato da criteri di eccessivo rigore, tanto più ove si consideri che non risulta operato nel caso di specie l’aume nto per la continuazione interna al capo A (ciò evidentemente in ragione della riconosciuta natura unitaria della condotta).
A lla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME va dichiarato inammissibile, con onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispon e infine che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13.11.2024