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Genericità motivi ricorso: Cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La decisione si fonda sulla genericità motivi ricorso, poiché l’atto di impugnazione non si confrontava specificamente con le argomentazioni della sentenza d’appello, limitandosi a censure vaghe. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Genericità: Le Linee Guida della Cassazione

L’Ordinanza n. 24224/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla genericità motivi ricorso come causa di inammissibilità. Questo principio, fondamentale nella procedura penale, stabilisce che un’impugnazione, per essere valida, deve contenere critiche specifiche e pertinenti alla decisione che si contesta. Un ricorso che si limita a lamentele vaghe, senza un confronto diretto con le argomentazioni del giudice, è destinato a fallire prima ancora di essere esaminato nel merito. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per tre episodi di furto aggravato, unificati dal vincolo della continuazione. La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza di primo grado. L’imputato, non soddisfatto della decisione, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una presunta “carenza assoluta di motivazione”. A suo dire, i giudici d’appello si sarebbero limitati a richiamare la sentenza di primo grado (per relationem), senza fornire una giustificazione autonoma in merito al rigetto delle sue specifiche richieste, come l’esclusione di un’aggravante e il riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Questione Giuridica: La Specificità dei Motivi di Ricorso

Il nodo centrale della questione non era la colpevolezza dell’imputato, ma un aspetto puramente procedurale: il ricorso presentato era sufficientemente specifico? La difesa sosteneva di no, accusando la Corte d’Appello di aver eluso il proprio dovere di motivazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dovuto valutare se i motivi presentati dall’imputato fossero essi stessi adeguati a innescare un riesame della decisione. La legge richiede infatti che l’atto di impugnazione contenga una critica argomentata e puntuale della sentenza, non una generica riproposizione delle proprie tesi.

L’analisi della Corte sulla genericità motivi ricorso

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, bollando il ricorso come “del tutto generico e aspecifico”. I giudici hanno chiarito che l’impugnazione non può ignorare le argomentazioni della decisione che contesta. È necessario creare un dialogo critico tra le ragioni del giudice e le censure dell’appellante. In caso contrario, il ricorso cade nel vizio di aspecificità, che ne comporta l’inammissibilità.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la motivazione della sentenza d’appello era, in realtà, “satisfattiva e giuridicamente corretta”. Il richiamo alla sentenza di primo grado (per relationem) era limitato alla sola ricostruzione dei fatti, una pratica comune e legittima. Per quanto riguarda i punti di diritto contestati (l’aggravante e le attenuanti), la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione autonoma e adeguata.

Il ricorrente, invece, non aveva indicato in che modo le argomentazioni dei giudici d’appello fossero errate, limitandosi a una critica astratta. La Corte ha quindi ribadito un principio consolidato, citando precedenti giurisprudenziali: l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi quando manca ogni correlazione tra le ragioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento del ricorso.

Le Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione deriva dal principio che l’inammissibilità è riconducibile a una “colpa” del ricorrente nell’esercizio del diritto di impugnazione. La decisione ribadisce con forza un monito per gli operatori del diritto: la redazione di un atto di appello o di ricorso richiede precisione, specificità e un confronto serrato con la decisione che si intende criticare. Le censure generiche e astratte non solo non hanno possibilità di successo, ma espongono anche a conseguenze economiche negative.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici e aspecifici, ovvero non si confrontavano in modo puntuale con le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte d’Appello, mancando di una critica mirata e pertinente.

Cosa significa che la Corte d’Appello ha motivato “per relationem”?
Significa che la Corte d’Appello ha fatto riferimento alla motivazione della sentenza di primo grado per la ricostruzione dei fatti, senza ripeterla integralmente. La Cassazione ha chiarito che questa pratica era legittima e non riguardava i punti di diritto contestati nel ricorso, per i quali era stata fornita una motivazione autonoma.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per sua colpa?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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