Gasolio Agricolo: La Cassazione Nega la Tenuità del Fatto per Grandi Quantità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema dei reati connessi al possesso di gasolio agricolo, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per l’integrazione del reato e sull’impossibilità di invocare la particolare tenuità del fatto in presenza di quantitativi ingenti. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza verso condotte che, pur potendo apparire minori, nascondono un significativo disvalore penale, soprattutto se inserite in un contesto imprenditoriale.
I Fatti del Processo
Un imprenditore agricolo veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Foggia alla pena di 6 mesi di reclusione e 5.000 euro di multa. La condanna, successivamente confermata dalla Corte di Appello di Bari, riguardava il possesso illecito di un’ingente quantità di carburante agricolo. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione, articolando la sua difesa su due motivi principali: l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione.
I Motivi del Ricorso dell’Imputato
La difesa dell’imputato si concentrava su due punti critici:
1. Erronea applicazione della legge: Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano raggiunto una prova certa né sulla reale destinazione agricola del carburante sequestrato, né sulla sua effettiva quantità. Di conseguenza, a suo dire, non era stato provato con certezza il superamento della soglia minima di rilevanza penale.
2. Vizio di motivazione: Il ricorrente lamentava l’omessa applicazione dell’art. 131 bis del codice penale, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di riconoscere la particolare tenuità del fatto.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati e offrendo un’analisi chiara delle ragioni.
Prova della Natura e Quantità del Gasolio Agricolo
Sul primo punto, la Corte ha sottolineato come la decisione dei giudici di merito fosse esente da vizi logici o giuridici. Per dimostrare la destinazione agricola del carburante, non erano necessari specifici accertamenti chimici. Erano infatti stati considerati sufficienti elementi quali:
– Il tipico colore verde del gasolio agricolo.
– Le dichiarazioni confessorie rese dallo stesso imputato e sottoscritte nei verbali di sequestro e campionatura.
Anche riguardo alla quantità, la motivazione è stata ritenuta adeguata. I giudici avevano valorizzato la circostanza che all’interno delle cisterne di proprietà dell’imputato fossero stati rinvenuti circa 1.400 litri di gasolio, un quantitativo ben superiore alla soglia di rilevanza penale fissata a 100 kg.
L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente esaminato ed escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis c.p. La decisione si basava su due elementi chiave:
– Il rilevante quantitativo di carburante detenuto.
– L’utilizzo imprenditoriale che ne veniva fatto.
Questi fattori, nel loro insieme, delineano un’offesa di una gravità tale da non poter essere qualificata come ‘particolarmente tenue’.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi concreta della condotta e delle sue implicazioni. Il possesso di un quantitativo di gasolio agricolo di gran lunga superiore ai limiti di legge, specialmente se destinato a un’attività imprenditoriale, costituisce un reato la cui gravità non può essere sminuita. La decisione conferma inoltre che, ai fini probatori, elementi indiziari chiari e concordanti, come il colore del prodotto e le ammissioni dell’imputato, possono essere pienamente sufficienti a fondare una sentenza di condanna. A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
È necessaria un’analisi chimica per provare la natura agricola del gasolio sequestrato?
No, secondo la Corte non è sempre necessaria. Elementi come il tipico colore verde del carburante e le dichiarazioni confessorie rese dall’imputato possono essere considerati prove sufficienti.
Il possesso di una grande quantità di gasolio agricolo può essere considerato un reato di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha stabilito che un quantitativo rilevante (in questo caso, circa 1.400 litri) e l’utilizzo imprenditoriale del carburante sono elementi che escludono l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. sulla particolare tenuità del fatto.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come previsto dall’art. 616 c.p.p., il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31019 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31019 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che con sentenza depositata il 29 marzo 2023 la Corte di appello di Bari confermava la precedente sentenza del giorno 18 giugno 2020 con cui il Tribunale di Foggia in composizione monocratica aveva condannato COGNOME NOME alla pena di mesi 6 di reclusione ed C 5.000 di multa, avendolo ritenuto colpevole del reato ascritto;
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto articolando i motivi di impugnazione di seguito sintetizzati;
che con il primo motivo il ricorrente eccepiva l’erronea applicazione della legge censurando la sentenza impugnata nella parte in cui i Giudici del merito avevano ritenuto integrato l’elemento oggettivo del reato pur sussistendo, a proprio dire, ancora il dubbio circa la reale destinazione agricola del carburante sottoposto a sequestro e circa la sua effettiva quantità;
di tal ché risulterebbe provato il superamento del quantitativo minimo per il superamento della soglia penale;
che con il secondo motivo il ricorrente deduceva il vizio di motivazione lamentando l’omessa applicazione dell’invocato art. 131 bis cod. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo risulta manifestamente infondato atteso che la Corte territoriale, con valutazione esente da vizi logici o giuridici, ha correttamente argomentato circa il proprio convincimento rispetto alla destinazione agricola del carburante sequestrato al COGNOME, anche in assenza di accertamenti chimici, dando rilievo al tipico colore verde ed alle stesse dichiarazioni confessorie rese dall’imputato e da questi sottoscritte nei verbali di sequestro e campionatura; allo stesso modo i Giudici del merito hanno adeguatamente motivato circa il convincimento maturato in ordine al superamento della soglia di rilevanza penale, pari a 100 kg, valorizzando la circostanza che all’interno delle cisterne di proprietà dell’imputato furono trovati circa 1.400 litri di gasolio;
che il secondo motivo è del pari manifestamente infondato atteso che la Corte di appello pugliese ha esaminato ed escluso l’applicabilità dell’invocato art. 131 bis cod. pen. non ravvisando la particolare tenuità dell’offesa sulla scorta del rilevante quantitativo di carburante e dell’utilizzo imprenditoriale fattone dal COGNOME;
che il ricorso devo perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma equitativamente fissata in C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024 Il Consigliere estensore
GLYPHil Presidente