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Garanzie imputato alloglotta: la parola alla Cassazione

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per contraffazione, il quale lamentava la violazione delle garanzie per l’imputato alloglotta. La Corte ha stabilito che la traduzione degli atti in una lingua comprensibile all’imputato (in questo caso inglese e francese) è sufficiente, non essendo necessaria quella nella lingua madre. È stata inoltre confermata la validità dell’elezione di domicilio effettuata presso la polizia giudiziaria al primo contatto, anche prima dell’iscrizione formale nel registro degli indagati.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Garanzie Imputato Alloglotta: Quando la Traduzione in Inglese o Francese è Sufficiente

Il processo penale italiano prevede specifiche tutele per assicurare un giusto processo. Tra queste, un ruolo centrale è ricoperto dalle garanzie per l’imputato alloglotta, ovvero per chi non comprende la lingua italiana. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 46562 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti su due aspetti cruciali: la lingua in cui devono essere tradotti gli atti e la validità dell’elezione di domicilio. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata pratica.

I Fatti del Caso

Un cittadino di origine senegalese veniva condannato in primo grado e in appello per i reati di commercio di prodotti con marchi contraffatti e ricettazione (artt. 474 e 648 del codice penale). La condanna si basava sul ritrovamento di borselli e marsupi con marchi falsificati. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione di alcune norme procedurali che, a suo dire, avrebbero compromesso il suo diritto di difesa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre principali motivi:

1. Violazione del diritto alla traduzione: Si contestava la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini e del decreto di citazione a giudizio perché non tradotti nella lingua madre dell’imputato, ma solo in inglese e francese. Inoltre, si eccepiva l’irregolarità delle notifiche, effettuate al domicilio eletto presso il difensore d’ufficio prima ancora che il nome dell’indagato fosse formalmente iscritto nel registro apposito.
2. Mancata perizia sulla merce: La difesa lamentava che i giudici di merito non avessero disposto una perizia tecnica per accertare l’effettiva contraffazione dei marchi, sostenendo che l’imputato potesse aver apposto i marchi falsi solo in un secondo momento su merce lecitamente detenuta.
3. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si criticava la Corte d’appello per non aver considerato l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per fatti di minima offensività, in relazione alla condotta successiva al reato.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e le garanzie per l’imputato alloglotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi manifestamente infondati e generici. La decisione si sofferma in particolare sul primo motivo, offrendo una chiara interpretazione delle garanzie per l’imputato alloglotta.

L’Interpretazione dell’Art. 143 c.p.p. sulla Traduzione degli Atti

Il cuore della pronuncia riguarda l’art. 143 del codice di procedura penale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il diritto alla traduzione non impone che essa avvenga obbligatoriamente nella lingua madre dell’imputato. È sufficiente che la traduzione sia effettuata in un’altra lingua a lui nota, che gli consenta di comprendere appieno le accuse e di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa.

Nel caso specifico, gli atti erano stati consegnati all’imputato con traduzione in inglese e francese. La difesa non ha mai provato che l’imputato non conoscesse nessuna di queste lingue (né tantomeno l’italiano). Pertanto, la Corte ha concluso che la procedura seguita era corretta e non lesiva dei diritti difensivi.

La Validità dell’Elezione di Domicilio

Anche la seconda censura relativa al primo motivo è stata respinta. La Cassazione ha chiarito che l’art. 161 c.p.p. prevede che la polizia giudiziaria, nel compiere il primo atto con l’intervento della persona indagata, la inviti a dichiarare o eleggere un domicilio per le future notifiche. Questa formalità è essenziale per garantire la reperibilità dell’indagato e non è subordinata alla sua preventiva iscrizione formale nel registro degli indagati (ex art. 335 c.p.p.). Anzi, la logica del sistema impone che l’elezione di domicilio avvenga al primo contatto utile, proprio per avviare correttamente il procedimento.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Suprema Corte sono lineari e ancorate a principi procedurali ben definiti. In primo luogo, viene sottolineato come il diritto all’interprete e alla traduzione sia funzionale a una comprensione effettiva, non formale. Se l’imputato è in grado di comunicare efficacemente in una lingua veicolare come l’inglese o il francese, il suo diritto è pienamente garantito. Spetta alla difesa, eventualmente, dimostrare il contrario, cosa che non è avvenuta.

In secondo luogo, la Corte ha rigettato il motivo relativo alla mancata perizia, qualificandolo come un tentativo surrettizio di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti, preclusa in sede di legittimità. I giudici delle fasi precedenti avevano già adeguatamente motivato sulla base delle prove raccolte, ritenendo evidente la contraffazione e congetturale la versione difensiva.

Infine, anche il motivo sulla particolare tenuità del fatto è stato giudicato generico, poiché non conteneva critiche specifiche al ragionamento della Corte d’appello, ma si limitava a richiami astratti a un presunto “atteggiamento collaborativo”.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rafforza due importanti principi di procedura penale. Primo, le garanzie per l’imputato alloglotta sono sostanziali, non meramente formali: ciò che conta è la comprensione effettiva degli atti, non la traduzione in una specifica lingua. Secondo, gli adempimenti iniziali del procedimento, come l’elezione di domicilio, sono validi ed efficaci dal primo contatto tra l’autorità e l’indagato, garantendo così l’ordinato svolgimento del processo. Una decisione che bilancia la tutela dei diritti individuali con le esigenze di efficienza del sistema giudiziario.

La traduzione degli atti processuali deve sempre essere effettuata nella lingua madre dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la previsione dell’art. 143 cod. proc. pen. non è violata se la mediazione linguistica avviene in un’altra lingua, diversa da quella madre, che consenta all’imputato di comunicare in maniera effettiva ed efficace. Nel caso di specie, la duplice traduzione in inglese e francese è stata ritenuta sufficiente.

L’elezione di domicilio fatta prima dell’iscrizione nel registro degli indagati è valida?
Sì. La Corte ha specificato che l’art. 161 cod. proc. pen. prevede che la polizia giudiziaria inviti la persona a dichiarare o eleggere domicilio sin dal primo atto compiuto con il suo intervento. Questa procedura è corretta e non richiede la preventiva iscrizione nominativa nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di una perizia sulla merce contraffatta?
La Corte ha ritenuto tale richiesta inammissibile nel giudizio di legittimità. Le doglianze sono state qualificate come una critica alla valutazione del materiale probatorio già operata dai giudici di merito, i quali avevano adeguatamente motivato sull’evidente contraffazione dei prodotti. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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