Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11538 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11538 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di FIRENZE udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
udito il difensore
E presente l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME del foro di ROMA per la Parte Civie RAGIONE_SOCIALE ODV.
E’ presente l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME del foro di PRATO in difesa di:
NOME.
L’AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso o, comunque, il rigetto. Deposita le conclusioni e nota spese.
L’AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 gennaio 2023 la Corte di assise di appello di Firenze, in parziale riforma di quella emessa il 9 maggio 2022 dNOME Corte di assise di Pisa, ritenuta sussistente la sola recidiva specifica, ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME in quella di ventiquattro anni di reclusione, confermando, nel resto, la sentenza impugnata con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile dei delitti di omicidio, aggravato dai futili motivi, commesso il 2 novembre 2020 in danno di NOME NOME e dei connessi reati in materia di armi e occultamento di cadavere, così riqualificato il delitto di sottrazione di cadavere contestato al capo c) della rubrica.
La Corte di assise di appello ha, altresì, confermato le statuizioni civili.
Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, la vicenda per la quale si procede trae origine dall’arresto, in data 31 ottobre 2020, di NOME COGNOME, a seguito di una segnalazione operata dall’imputato che ne aveva denunciato il coinvolgimento nel traffico di stupefacenti.
NOME, consumatore abituale di cocaina, coinvolto nei traffici illeciti di COGNOME, oltre che nella detenzione e nella vendita di armi, a seguito del deterioramento dei rapporti con costui, aveva informato le Forze dell’ordine.
Si era recato a casa di COGNOME la mattina del 10 novembre 2020 e aveva avuto una breve conversazione con la compagna del medesimo, NOME COGNOME che, a partire dNOME mattina successiva, era divenuta irreperibile.
Un primo sopralluogo della Polizia presso l’abitazione della donna era stato eseguito il 9 novembre 2020; in tale occasione erano stati rinvenuti il passaporto, altri documenti e gli indumenti della donna.
Altro sopralluogo era stato eseguito il 4 dicembre 2020; in tale occasione era stata constatata la presenza di un scalfittura nel muro, su una parete del corridoio di ingresso posteriore dell’immobile.
In occasione di un successivo controllo era stata repertata sostanza ematica sul telaio di una finestra.
Accertamenti scientifici avevano ricondotto tale sostanza NOME NOME; altre indagini tecniche avevano successivamente consentito di rilevare tracce di pulitura di sostanza ematica su alcune pareti dell’appartamento nel quale si trovava la ragazza.
La composizione della lega di metallo dell’ogiva della quale era rimasta traccia nel muro era risultata identica a quella dell’ogiva rinvenuta in un cane ucciso con un colpo di pistola da NOME il cui cellulare, secondo quanto emerso, si era accavNOMEto, per nove minuti, la mattina del 3 novembre 2020 con quello della
NOME.
Il cadavere di quest’ultima era stato rinvenuto il 20 maggio 2021 in un rudere posto a circa 2 km dall’abitazione dell’imputato che, fino al dicembre 2019, aveva avuto in locazione la casa posta accanto a detto immobile.
Era stato accertato che il decesso della ragazza era avvenuto circa cinque mesi prima a causa dell’esplosione di un colpo di arma da fuoco al cranio.
Gli accertamenti eseguiti sull’automobile in uso all’imputato avevano consentito di rilevare la presenza di tracce ematiche (lavate) sul pianale del portabagagli posteriore.
NOME, sottoposto a misura cautelare sin dal 23 marzo 2021, aveva confessato di essere stato l’autore dell’omicidio della COGNOME in occasione dell’interrogatorio del 17 giugno 2021.
In tale circostanza aveva affermato di essersi recato a casa della vittima la mattina del 2 novembre 2020, verso le 10.30 e di avere portato con sé la pistola non perché avesse intenzione di uccidere, ma perché era solito girare armato.
Nel corso della breve conversazione NOME aveva capito che NOME sapeva che era stato lui a denunciare COGNOME e, pertanto, era sua intenzione rivelare a NOME COGNOME, compagna di NOME, che questi aveva ripreso a consumare cocaina e aveva avuto una «tresca» con un’altra ragazza.
A questo punto, l’uomo aveva esploso un colpo di pistola verso la vittima, uccidendola.
La mattina successiva era tornato nell’appartamento, aveva prelevato il corpo della NOME e l’aveva trasportato nel rudere dove poi era stato trovato.
Aveva pulito le tracce di sangue nell’appartamento e nella macchina.
Non aveva intenzione di uccidere la ragazza, ma solo di spaventarla.
La mattina dell’omicidio aveva bevuto e assunto droga.
Aveva nascosto il bossolo in una cabina RAGIONE_SOCIALE dove poi era stato trovato, ed aveva gettato la pistola, le cartucce e i telefoni cellulari della vittima.
Tale versione dei fatti, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, era stata oggetto di modifiche nel corso dell’esame dibattimentale del 16 febbraio 2022 1 nel corso del quale NOME aveva aggiunto che la NOME aveva minacciato di mandarlo in carcere affermando che avrebbe coinvolto anche il figlio di NOME, NOME, e che avrebbe parlato con la COGNOME dell’uso che egli faceva della cocaina.
Nel rispondere ai motivi di appello, la Corte fiorentina ha premesso la generica condivisione di quanto argomentato dai giudici di primo grado.
Con riferimento all’aggravante dei futili motivi, argomento trattato unitamente al profilo dell’invocata attenuante della provocazione, la Corte ha ritenuto non sostenibile la tesi difensiva secondo cui la NOME avrebbe minacciato NOME NOME di rivelare NOME COGNOME della sua partecipazione ai festini a base di cocaina, sia d
denunciarlo NOME Polizia.
Tale ricostruzione è stata ritenuta non credibile in quanto prospettata dall’imputato solo nel secondo interrogatorio del 16 febbraio 2022, a distanza di mesi dNOME confessione.
Inoltre, è stata ritenuta anche illogica atteso che il coinvolgimento di NOME nei traffici di COGNOME era noto a quest’ultimo che avrebbe, da solo, potuto chiamarlo in correità.
Lo stesso COGNOME, nel corso del primo interrogatorio, aveva affermato che la NOME nulla sapeva dei suoi traffici con COGNOME.
In ordine NOME paventata minaccia della ragazza di «mettere tutto in piazza», la Corte ha escluso che ciò possa integrare la provocazione e tanto per la fondamentale considerazione che «non sappiamo esattamente che cosa ha detto la vittima a NOME, né come lo abbia detto», essendo il racconto dell’imputato privo di riscontri e anche caratterizzato da una progressione dichiarativa.
E’ stato ritenuto fondato il motivo di impugnazione riferito NOME recidiva che è stata giudicata sussistente nella forma della recidiva specifica (rispetto al delitto di lesioni volontarie di cui NOME sentenza del Tribunale di Prato del 10 giugno 2006), ma non anche reiterata.
La Corte di assise di appello ha respinto il motivo relativo NOME mancata concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alle aggravanti atteso che la confessione dell’imputato non è stata spontanea, ma è intervenuta quando le tracce di sangue della vittima erano state rinvenute anche nella sua automobile.
Ha accolto, invece, il motivo di appello sulla quantificazione della pena che è stata, quindi, ridotta, sia nella pena base che nella determinazione degli aumenti a titolo di continuazione per i reati satellite.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando cinque motivi.
3.1. Con il primo ha eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’aggravante dei futili motivi di cui agli artt. 577, n. 4 cod. pen. in relazione all’art. 61, n. 1, cod. pen.
I giudici di primo grado, convalidando, in sostanza, l’ipotesi del capo di imputazione, hanno individuato l’origine della condotta omicida di NOME nell’intenzione «ritorsiva» della NOME ascrivendo il movente dell’omicidio NOME manifestata intenzione di rivelare che NOME era tornato a fare uso di cocaina e aveva avuto modo di intrattenersi con delle amiche della ragazza.
La Corte di assise di appello avrebbe, invece, messo in dubbio tale ricostruzione evidenziando l’impossibilità di ricostruire il movente omicidiario.
A tal fine è stato valorizzato il passaggio della motivazione in cui la Corte fiorentina ha inteso sottolineare che «noi non sappiamo esattamente che cosa ha detto la vittima a NOME, né come lo abbia detto».
Tale percorso della motivazione esibirebbe un evidente profilo di contraddittorietà. essendo stata ritenuta la sussistenza dell’aggravante sulla l scorta di una ricostruzione proveniente dall’imputato la cui credibilità, contestualmente, è stata messa in dubbio.
L’affermazione della scarsa credibilità dell’imputato avrebbe imposto un maggior rigore nella motivazione della sussistenza dell’aggravante in questione.
3.2. Con il secondo motivo ha contestato il vizio di violazione di legge con riguardo NOME sussistenza dell’aggravante di cui al motivo precedente.
La Corte di assise di appello non avrebbe preso posizione sulla ragione individuata dai giudici di primo grado a fondamento della ricorrenza dell’aggravante: la ritorsione minacciata dNOME NOME i rispetto NOME quale l’azione onnicidiaria avrebbe rivelato la sua totale sproporzione.
I giudici di appello si sono infatti limitati a fare riferimento NOME scar credibilità dell’imputato e NOME sostanziale irrilevanza di quanto prospettato dNOME vittima.
Sul punto, sarebbe mancato un effettivo confronto con tutte le dichiarazioni di NOME nell’interrogatorio del 17 giugno 2021 e la verifica delle ragioni per cui la reazione del ricorrente doveva ritenersi «macroscopicamente esorbitante».
Il ricorrente ha segnalato, oltre al disallineamento delle sentenze di merito, sul punto, anche la sostanziale contraddizione interna della sentenza di primo grado che, pur avendo dato atto dello stretto rapporto esistente tra NOME e la compagna NOME COGNOME, oltre all’importanza della relazione per l’imputato, ha ritenuto non idonea ad escludere i motivi futili la circostanza che l’azione omicidiaria sia stata posta in essere proprio per il timore che la NOME rivelasse qualcosa che potesse mettere in crisi quel rapporto.
Su tale aspetto, ossia quello della proporzione tra la spinta criminale e l’azione, la Corte di assise di appello ha omesso totalmente di confrontarsi, mentre ciò sarebbe stato necessario, stante l’esigenza di verificare la proporzione e l’eventuale banalità della spinta criminale in rapporto NOME gravità del reato.
Peraltro, la valutazione dei giudici di merito sarebbe stata anche errata laddove è stata ritenuta la scarsa credibilità di quanto affermato da COGNOME nel corso dell’interrogatorio del febbraio 2022 in quanto non genuino rispetto a quello del 17 giugno 2021.
Infatti, sin dal primo interrogatorio, l’imputato ha riferito che la NOME aveva minacciato di rivelare («mettere in piazza») tutto ciò che avrebbe potuto
compromettere lo stesso COGNOME e, quindi, anche il suo coinvolgimento nelle imprese criminali di COGNOME.
I giudici di merito, pertanto, hanno affermato una eterogeneità delle dichiarazioni dell’imputato non effettivamente evincibile.
Tutto ciò si presenta coerente con la reale intenzione che ha portato l’imputato a recarsi dNOME NOME il giorno prima dell’omicidio, ossia quella di capire esattamente se fosse intenzione della ragazza rivelare il suo coinvolgimento in imprese delittuose.
Pertanto, secondo la ricostruzione del ricorrente, non sarebbe ravvisabile la futilità del motivo sia perché la prospettiva di perdere il rapporto con la COGNOME a causa delle rivelazioni della NOME non potrebbe considerarsi un mero pretesto per dare sfogo all’istinto violento, sia in quanto tale spinta all’azione omicidiaria non è stata l’unica che ha determinato la condotta dell’imputato in ragione del fatto che la vittima aveva prospettato di «mettere tutto in piazza» / con ciò minacciando di rivelare circostanze che avrebbero potuto attestare il coinvolgimento di NOME nei delitti commessi da COGNOME.
3.3. Il terzo motivo contiene le censure di violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione di cui all’art. 62, n. 2 cod. pen.
Sul punto è stato evidenziato il mancato confronto della Corte fiorentina con la condotta minacciosa posta in essere dNOME RAGIONE_SOCIALE e descritta nel capo di imputazione, ossia quella consistente nella paventata rivelazione dell’infedeltà di NOME e del suo uso di sostanze stupefacenti.
Tale condotta integrerebbe, secondo il ricorrente, la provocazione di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen. / essendosi sostanziata, in pratica, nella minaccia di «distruggere una famiglia».
Da ciò una ulteriore ragione per ritenere insussistente l’aggravante dei futili motivi che, con l’attenuante in esame, si pone, secondo giurisprudenza di questa Corte, in termini di totale inconciliabilità.
3.4. Con il quarto motivo è stata eccepita la violazione di legge con riferimento NOME ritenuta applicabilità della recidiva specifica.
La circostanza è stata ritenuta in relazione NOME precedente condanna riportata dall’imputato per un delitto di lesioni personali commesso il 1° agosto 2001, ossia oltre diciannove anni prima del fatto per il quale si procede.
Tenuto conto dell’arco di tempo segnalato e NOME luce della costante giurisprudenza di questa Corte, non potrebbe ritenersi coerente con la ratio dell’aumento di pena previsto per la recidiva e con la necessità di valutare l’effettività di una progressione criminale dell’imputato in chiave di sua maggiore pericolosità sociale, la considerazione della Corte di assise di appello che si è solo
Lo
limitata a segnalare il mero fatto storico della precedente condanna.
Sul punto, è stato sollecitato l’annullamento senza rinvio previa disapplicazione dell’aggravante soggettiva, non essendo l’unica condanna idonea a fondare lo status di recidivo dell’imputato.
3.5. Con il quinto motivo ha eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti ritenute sussistenti.
Stante l’avvenuto riconoscimento della sola recidiva specifica, è venuto meno il divieto di bilanciamento con le attenuanti generiche, eventualmente anche in termini di prevalenza di queste ultime.
La motivazione della Corte fiorentina, basata sulla mancanza di spontaneità della confessione e sulla strumentalità della stessa ad alleggerire la posizione processuale dell’imputato, oltre che sull’efferatezza dell’azione delittuosa, non avrebbe adeguatamente considerato la portata della collaborazione complessiva fornita dall’imputato NOME esatta ricostruzione dell’intera vicenda.
Secondo il ricorrente, proprio attraverso la condotta processuale dell’imputato si è potuti pervenire ad una chiara ricostruzione del fatto e ciò anche attraverso l’acquisizione di tutti gli atti di indagine a seguito del consenso di NOME.
Il difensore dell’imputato ha presentato istanza di trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
Sono complessivamente fondati i primi due motivi riferiti al vizio di motivazione e NOME violazione di legge relativi all’aggravante dei motivi futili.
Il ragionamento seguito dNOME Corte di assise di appello per pervenire all’affermazione della sussistenza della circostanza in esame esibisce i vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità denunciati dal ricorrente.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, la sequenza che ha preceduto la commissione dell’omicidio ha visto, dapprima, la richiesta di chiarimenti rivolta da NOME NOME RAGIONE_SOCIALE /la quale ha risposto affermando che avrebbe rivelato NOME fidanzata dell’uomo che lo stesso aveva sniffato cocaina e aveva avuto una tresca con un’amica della ragazza.
A questo punto, l’uomo aveva estratto la pistola che aveva portato con sé ed aveva sparato NOME testa della giovane che era deceduta immediatamente.
Tenuto conto della modifica delle versioni rese dall’imputato nel corso del tempo e della conseguente sostanziale inaffidabilità dello stesso, non sarebbe
credibile la rettifica operata da NOME nel corso del procedimento laddove, nelle dichiarazioni del 16 febbraio 2022, ha introdotto l’elemento della minaccia che gli sarebbe stata rivolta dNOME NOME di denuncia NOME Polizia e di rivelazione di veri e propri reati.
Secondo la prima versione di NOME, la giovane aveva minacciato di «mettere tutto in piazza», mentre in seguito, l’imputato aveva arricchito la propria narrazione descrivendo un’interlocuzione di tipo diverso, nel senso che la vittima aveva prospettato anche una vera e propria denuncia di NOME NOME polizia.
Tuttavia, nel motivare sull’invocata attenuante della provocazione, prima di affrontare il tema posto dNOME difesa, la Corte ha compiuto un’affermazione che, correttamente, è stata valorizzata in ricorso per sostenerne la contraddittorietà rispetto all’intero impianto motivazionale riferito all’aggravante dei futili motivi e comunque, la manifesta illogicità.
Si tratta del passaggio in cui i giudici di appello si sono espressi nei termini seguenti: «intanto va sottolineato che noi non sappiamo esattamente che cosa ha detto la vittima a NOME, né come lo abbia detto. Tutto questo argomentare dell’appellante si fonda solo ed esclusivamente su quanto ha riferito l’imputato, senza alcun riscontro obiettivo; imputato il quale oltretutto / come si è già sottolineato ha progressivamente “aggiustato” la sua versione dei fatti».
Sebbene il ragionamento della Corte fiorentina fosse stato sostanzialmente lineare fino a questo punto della motivazione, l’inciso riportato introduce un argomento contraddittorio e rende notevolmente meno chiaro un punto che dovrà definitivamente essere chiarito nel giudizio di rinvio: quale delle versioni rese dall’imputato è stata ritenuta attendibile.
E’ rispetto a tale versione che dovrà essere formulato il giudizio di sussistenza o no dell’aggravante dei motivi futili.
Tanto più che il riferimento NOME non credibilità di NOME è stato compiuto con riguardo all’espressione «mettere tutto in piazza» utilizzata dall’imputato sin dal giugno 2021, cioè in occasione della confessione originaria.
Tale osservazione impedisce di ritenere riferita la valutazione di non credibilità NOME sola dichiarazione del 16 febbraio 2022 e introduce un ulteriore elemento di incertezza nella complessiva motivazione della sentenza impugnata, sul punto in esame.
Risolte, quindi, le questioni relative NOME effettiva ricostruzione dell interlocuzione tra la RAGIONE_SOCIALE e NOME e della credibilità di quest’ultimo, il giudice di rinvio dovrà valutare la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi tenendo conto del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui «in tema di accertamento della sussistenza della circostanza aggravante dei motivi futili, non
è sufficiente la mera sequenza cronologica tra l’accadimento di un fatto astrattamente idoneo ad integrare un movente sproporzionato e l’azione criminosa, essendo necessaria la positiva dimostrazione che il soggetto attivo si sia effettivamente determinato NOME azione in ragione di causale non congrua» (Sez. 1, n. 19925 del 04/04/2014, Cutrì, Rv. 259616) e quello per cui «la circostanza aggravante dei futili motivi sussiste ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto NOME gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento» (fra le molte, Sez. 5, n. 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103 – 02; Sez. 5, n. 38377 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 271115; Sez. 1, n. 59 del 01/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258598).
Il motivo sulla provocazione è manifestamente infondato.
E’ la stessa prospettazione del ricorrente che rende tale il motivo.
Essa si basa, sostanzialmente, sul fatto ingiusto integrato dNOME condotta della NOME, per come cristallizzato nel capo di imputazione, laddove è stato esplicitato che la ritorsione della vittima era stata rappresentata nel senso del fatto che l’intenzione della stessa era quella di «raccontare, in modo tale che la compagna del NOME ne venisse a conoscenza, che NOME NOME aveva partecipato a uno o più festini in cui era presente anche una amica della NOME e che, contrariamente a quanto il NOME aveva detto NOME sua compagna, lo stesso aveva ripreso a far uso di cocaina».
Secondo il ricorrente, poiché è stato ritenuto che la minaccia è consistita nella prospettazione di riferire all’autorità giudiziaria il coinvolgimento del ricorrente nell’attività di spaccio, i giudici di merito avrebbero dovuto valutare la sussistenza dell’attenuante rispetto a quanto descritto nel capo di imputazione.
L’affermazione è priva di fondamento sotto due ordini di profili.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte «ai fini della configurabilità dell’attenuante della provocazione occorrono: a) lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”; b) il “fatt ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e NOME sua sensibilità personale; c) un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dNOME proporzionalità tra esse, sempre
che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta» (fra le molte, Sez. 1, n. 21409 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 275894 – 02; Sez. 1, n. 47840 del 14/11/2013, COGNOME, Rv. 258454Sez. 1, n. 5056 del 08/11/2011, dep., 2012, Ndoj, Rv. 251833).
Da un lato, deve escludersi che la prospettazione di rivelare NOME fidanzata di NOME che questi aveva ripreso a fare uso di cocaina e che si era intrattenuto con un’amica della NOME, costituisca un «fatto ingiusto».
Non si ravvisa alcuna forma di antigiuridicità nella prospettazione della RAGIONE_SOCIALE, così come articolata nell’imputazione e prospettata nel motivo di ricorso, né alcuna violazione di particolari norme sociali o di costume; neppure è dato ravvisare alcuna intenzionalità di tipo vessatorio o coercitivo.
La prospettazione, piuttosto, è quella di una conversazione tra persone che, peraltro, si conoscevano e che si è sviluppata in termini tali da essere percepiti, solo per soggettiva sensibilità emotiva di NOME, quale elemento determinatore dell’azione violenta sucessivamente posta in essere.
Non solo, ma il motivo si presenta manifestamente infondato anche sotto l’ulteriore aspetto, già segnalato dNOME giurisprudenza richiamata, del palese difetto del requisito dell’adeguatezza della reazione rispetto NOME condotta della vittima.
La reazione (esplosione di un colpo di pistola NOME testa) si presenta in termini di assoluta e completa sproporzione rispetto al «fatto ingiusto» prospettato (la rivelazione di notizie NOME fidanzata dell’imputato).
Va ribadito, infatti, che la circostanza attenuante della provocazione non è configurabile «laddove la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui e il reat commesso sia talmente grave e macroscopica da escludere lo stato d’ira o il nesso causale fra il fatto ingiusto e l’ira» (Sez. 5, n. 8945 del 19/01/2022, COGNOME, Rv. 282823; Sez. 5, n. 604 del 14/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258678; Sez. 1, n. 30469 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248375).
4. Il quarto motivo è inammissibile.
Con riguardo NOME recidiva, la Corte di assise di appello ha ritenuto la recidiva specifica in ragione della condanna riportata con sentenza del Tribunale di Prato del 10 giugno 2006 (irrevocabile il 19 gennaio 2007) per il delitto di lesioni.
L’episodio per il quale si procede è stato ritenuto, con motivazione priva di evidenti illogicità e con ragionamento esente da contraddittorietà alcuna, un «ulteriore sviluppo della speciale determinazione a delinquere dell’imputato ed in particolare a commettere crimini violenti, manifestata con la precedente condanna, e prova in modo specifico la notevole pericolosità dell’imputato».
Si tratta di motivazione pienamente conforme NOME costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui «l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all’esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo» (Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, dep. 2015, COGNOME NOME. 263464 e numerose altre conformi tra cui Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838).
A fronte della valutazione compiuta dNOME Corte fiorentina, il ricorrente contrappone la sollecitazione NOME rivalutazione del merito della questione attraverso la considerazione dell’elemento temporale asseritamente omesso.
Si tratta, tuttavia, di elemento che non assume, nella circostanza, rilievo decisivo atteso che i giudici di merito, sia pure in termini sintetici, hanno espresso la valutazione di maggiore pericolosità dell’imputato con argomentazioni coerenti.
Il quinto motivo è, anch’esso, inammissibile in quanto teso a sollecitare a questa Corte una rinnovata valutazione del merito delle questioni decise in punto di bilanciamento delle circostanze ed anche aspecifico.
Le attenuanti generiche sono state ritenute equivalenti alle aggravanti in ragione della natura meramente strumentale e processualmente inutile della confessione dell’imputato.
La confessione è intervenuta a distanza di mesi dal fatto, dopo l’acquisizione di numerosi elementi indiziari a carico dell’imputato e, principalmente, successivamente NOME individuazione di tracce di sangue umano nel bagagliaio della sua automobile; a quel punto la posizione processuale di NOME era, ormai, «definitivamente compromessa».
Il ricorso, anche in questo caso, pretende di operare una rilettura di elementi già considerati e smentiti nella sentenza impugnata, quali il significato processualmente rilevante della confessione e il contributo che la stessa avrebbe portato all’agevole definizione del giudizio.
Trascura, peraltro, di considerare tutti i profili valorizzati anche dal giudice di primo grado per effettuare il giudizio di bilanciamento quali la personalità negativa dell’imputato, il suo elevato spessore criminale, il comportamento susseguente NOME commissione dei reati, ossia i plurimi tentativi di depistaggio volti ad accreditare la tesi secondo cui la vittima si era allontanata volontariamente.
Su tali punti della motivazione della conforme (rispetto NOME sentenza di appello) decisione di primo grado, il ricorrente non ha preso posizione.
Da quanto esposto deriva l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata relativamente all’aggravante dei motivi futili.
Il giudice di rinvio si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati sul punto potrà, nel caso in cui riterrà l’insussistenza della circostanza, operare liberamente un rinnovato giudizio di bilanciamento dell’aggravante residua con le circostanze attenuanti generiche già concesse.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
Il ricorrente deve, infine, essere condannato NOME rifusione delle spese della parte civile RAGIONE_SOCIALE, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che dovrà essere determinata dNOME Corte di assise di appello di Firenze secondo il principio di diritto per cui «in tema di liquidazione, nel giudizio di legittimità, delle spese sostenute dNOME parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, compete NOME Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 541 cod. proc. pen. e 110 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, pronunciare condanna generica dell’imputato al pagamento di tali spese in favore dell’Erario, mentre è rimessa al giudice del rinvio, o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione delle stesse mediante l’emissione del decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 del citato d.P.R.» (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760).
P.QM.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante dei futili motivi con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Firenze.
Rigetta, nel resto, il ricorso.
Condanna, inoltre, l’imputato NOME rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dNOME parte civile RAGIONE_SOCIALE, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dNOME Corte di assise di appello di Firenze con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/2002, disponendo in favore dello Stato.
Così deciso il 03/11/2023