Futili Motivi e Provocazione: La Cassazione Conferma l’Incompatibilità
Nel diritto penale, la valutazione dello stato psicologico dell’autore di un reato è fondamentale per determinare la giusta pena. Due elementi che incidono su questa valutazione sono l’aggravante dei futili motivi e l’attenuante della provocazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19303/2024) ha nuovamente affrontato il tema della loro possibile coesistenza, ribadendo un principio consolidato: l’incompatibilità tra futili motivi e provocazione. Questo articolo analizza la decisione e le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna per Lesioni all’Appello in Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di lesioni volontarie aggravate. La sentenza, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha sollevato diversi motivi di ricorso, sperando in un annullamento della condanna o in una riduzione della pena.
I Motivi del Ricorso e la questione sui futili motivi e provocazione
La difesa ha articolato il ricorso su tre punti principali:
1. Incompatibilità tra aggravante e attenuante: Il motivo principale si basava sulla presunta erronea applicazione della legge penale. La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero sbagliato a non riconoscere l’attenuante della provocazione, pur avendo contestato l’aggravante dei futili motivi.
2. Mancato riconoscimento di altre attenuanti: Si lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., legata alla riparazione del danno, sulla base di comportamenti post-delitto come il tentativo di ristabilire l’armonia familiare e la decisione di intraprendere un percorso di disintossicazione.
3. Dosimetria della pena: Infine, il ricorrente criticava la quantificazione della pena, ritenendola eccessiva.
L’Analisi della Corte: Perché Futili Motivi e Provocazione si Escludono
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione principale si concentra sulla netta distinzione concettuale e psicologica tra i futili motivi e la provocazione.
I giudici hanno richiamato il loro consolidato orientamento, secondo cui le due circostanze sono logicamente e psicologicamente incompatibili. Non possono coesistere nel compimento della stessa azione perché si fondano su stati d’animo diametralmente opposti.
– La provocazione presuppone che l’agente reagisca a un “fatto ingiusto altrui”. La sua azione, sebbene illecita, è scatenata da una condotta ingiusta della vittima, che provoca uno stato d’ira.
– I futili motivi, al contrario, descrivono una reazione criminale del tutto sproporzionata a uno stimolo banale, irrisorio o addirittura inesistente. Questa sproporzione rivela una particolare intensità del dolo e una maggiore pericolosità sociale dell’agente.
In sostanza, l’uno esclude l’altro: se la reazione è provocata da un fatto ingiusto, il motivo non può essere futile. Se il motivo è futile, non può esserci stata una provocazione ingiusta che abbia scatenato la reazione.
Le Motivazioni
La Corte ha ritenuto che i giudici di merito abbiano correttamente applicato questo principio. L’insegnamento consolidato, citato anche nell’ordinanza (Cass. Pen., Sez. 1, n. 13740/2020), è chiaro: non è possibile che nel medesimo contesto fattuale coesistano stati d’animo contrastanti, dei quali l’uno esclude l’ingiustizia dell’azione dell’antagonista. Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte li ha liquidati come manifestamente infondati. Il ristabilimento dell’armonia familiare o la decisione di disintossicarsi, pur essendo comportamenti positivi, non incidono sulle “conseguenze dannose o pericolose del reato” di lesioni, che è un requisito essenziale per l’applicazione dell’attenuante della riparazione del danno.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento non introduce nuovi principi, ma rafforza un punto fermo della giurisprudenza penale. Per gli operatori del diritto, questa decisione è un’utile conferma della necessità di analizzare con rigore lo stato psicologico dell’imputato al momento del fatto. La scelta tra il riconoscimento dei futili motivi o della provocazione non è neutra, ma delinea due profili di colpevolezza e pericolosità sociale molto diversi. La decisione finale di dichiarare il ricorso inammissibile e di condannare il ricorrente al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende sottolinea la severità con cui la Corte valuta i ricorsi basati su argomentazioni palesemente contrarie a principi di diritto consolidati.
L’aggravante dei futili motivi e l’attenuante della provocazione possono coesistere nello stesso reato?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che sono giuridicamente e psicologicamente incompatibili. Esse si basano su stati d’animo contrastanti: la provocazione è una reazione a un fatto ingiusto altrui, mentre i futili motivi consistono in una reazione sproporzionata a uno stimolo banale, che esclude l’ingiustizia della condotta della vittima.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi proposti erano manifestamente infondati. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata avesse correttamente applicato il principio consolidato sull’incompatibilità tra le due circostanze e che le altre doglianze fossero irrilevanti o censure di fatto non ammissibili in sede di legittimità.
Un comportamento positivo dell’imputato dopo il reato, come la decisione di disintossicarsi, può essere considerato ai fini della riduzione della pena per le lesioni commesse?
No, secondo questa ordinanza, circostanze come il ristabilimento dell’armonia familiare o la decisione di disintossicarsi sono inconferenti per la configurabilità dell’attenuante della riparazione del danno (art. 62 n. 6 c.p.), poiché non eliminano né attenuano le conseguenze dannose o pericolose del reato di lesioni già verificatosi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19303 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TERMINI IMERESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo ne ha confermato la condanna per il reato di lesioni volontarie aggravate.
Rilevato che il primo motivo è manifestamente infondato, atteso che i giudici del merito hanno fatto corretta applicazione del consolidato insegnamento di questa Corte per cui la circostanza aggravante dei futili motivi è incompatibile con l’attenuante della provocazione, non potendo coesistere, nel compimento della stessa azione, stati d’animo contrastanti, dei quali l’uno esclude l’ingiustizia dell’azione dell’antagonista (ex multis Sez. 1, n. 13740 del 06/03/2020, Musto, Rv. 278896).
Rilevato che quelle prospettate con il secondo e terzo motivo sul mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. e sulla dosimetria della pena sono mere censure in fatto e comunque manifestamente infondate. Inconferente è, infatti, per la configurabilità della citata attenuante il ristabilimento dell’armonia familiare o la decisi di disintossicarsi, posto che tali circostanze non incidono sulle conseguenze dannose o pericolose del reato di lesioni per come in concreto contestato e accertato.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.