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Furto venatorio: quando serve la querela per procedere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4410 del 2025, ha rigettato il ricorso di un Procuratore Generale, confermando che il furto venatorio, se aggravato solo dall’esposizione alla pubblica fede, non è più procedibile d’ufficio ma richiede una querela. La Corte ha chiarito che, a seguito della Riforma Cartabia, l’appartenenza della fauna al patrimonio indisponibile dello Stato non costituisce di per sé un’aggravante autonoma tale da consentire la procedibilità d’ufficio, prevalendo la nuova disciplina sulla procedibilità a querela per l’ipotesi specifica contestata.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Venatorio: la Cassazione e la Procedibilità dopo la Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione procedurale relativa al furto venatorio, ovvero l’impossessamento illegale di fauna selvatica. La decisione chiarisce gli effetti della Riforma Cartabia sulla necessità della querela per questo tipo di reato, anche quando riguarda beni del patrimonio indisponibile dello Stato. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le sue implicazioni.

Il Caso: Caccia Illegale e Mancanza di Querela

I fatti riguardano un individuo accusato di essersi impossessato di diversi esemplari di uccelli appartenenti a specie particolarmente protette. L’imputato era privo di licenza di caccia, motivo per cui la sua condotta è stata qualificata non come semplice illecito venatorio, ma come un vero e proprio furto ai danni dello Stato, proprietario della fauna selvatica.

Il Tribunale di Brescia, in primo grado, aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza di querela. Questa decisione si basava sulle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 150/2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia), che ha esteso il regime di procedibilità a querela a diverse ipotesi di furto aggravato, tra cui quella dell’esposizione della cosa alla pubblica fede.

La Posizione della Procura e il Ricorso per Cassazione sul furto venatorio

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha impugnato la sentenza, sostenendo che il reato dovesse essere considerato procedibile d’ufficio. Secondo il ricorrente, il fatto che il furto avesse ad oggetto un bene del patrimonio indisponibile dello Stato (la fauna selvatica) costituiva di per sé un’aggravante tale da rendere superflua la querela.

La tesi della Procura era che l’appartenenza dei volatili al patrimonio pubblico dovesse rientrare in una delle altre ipotesi di furto aggravato che la Riforma Cartabia ha lasciato procedibili d’ufficio, rendendo così errata la decisione del Tribunale.

L’Analisi della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale di Brescia. I giudici supremi hanno innanzitutto ribadito un principio consolidato: quando un soggetto non munito di licenza si impossessa di fauna selvatica, commette il reato di furto venatorio aggravato ai danni dello Stato.

Il punto cruciale, però, riguarda la procedibilità. Il reato contestato era aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 7 del codice penale, specificamente per l’esposizione alla pubblica fede (gli animali in natura sono considerati esposti alla fiducia collettiva). La Corte ha evidenziato come la Riforma Cartabia abbia modificato proprio questa ipotesi, trasformandola da reato procedibile d’ufficio a reato procedibile a querela.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione letterale e sistematica della norma. I giudici hanno spiegato che, sebbene la fauna selvatica appartenga al patrimonio indisponibile dello Stato, questa circostanza non integra una delle specifiche ipotesi di aggravamento che, secondo l’art. 625 c.p. post-riforma, continuano a garantire la procedibilità d’ufficio. In altre parole, la legge elenca tassativamente i casi in cui il furto su cose esposte alla pubblica fede resta procedibile d’ufficio, e il furto di beni del patrimonio statale non è tra questi.

La Corte ha quindi concluso che l’unica aggravante formalmente contestata era quella dell’esposizione alla pubblica fede. Poiché la Riforma Cartabia ha introdotto per tale circostanza il regime della procedibilità a querela, e nessuna querela era stata presentata, il Tribunale aveva agito correttamente nel dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per la repressione del bracconaggio e del furto venatorio. Stabilisce che, nei casi in cui l’unica aggravante contestabile sia l’esposizione alla pubblica fede, lo Stato (o l’ente preposto) deve attivarsi presentando una formale querela per poter perseguire penalmente i responsabili. Viene meno, per questa specifica fattispecie, l’automatismo della procedibilità d’ufficio. La decisione sottolinea la necessità per gli organi inquirenti di valutare attentamente non solo la natura del reato, ma anche le condizioni di procedibilità alla luce delle recenti riforme legislative, per evitare che procedimenti penali si arenino su questioni puramente formali.

Chi commette il reato di furto venatorio secondo la sentenza?
Commette il reato di furto venatorio la persona che, essendo priva di licenza di caccia, si impossessa di fauna selvatica, la quale è considerata patrimonio indisponibile dello Stato.

Perché in questo caso specifico il furto venatorio è stato ritenuto procedibile a querela?
Perché l’unica aggravante contestata era quella dell’esposizione alla pubblica fede. A seguito della riforma operata dal D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), questa specifica ipotesi di furto aggravato è diventata procedibile a querela di parte, e non più d’ufficio.

L’appartenenza della fauna al patrimonio indisponibile dello Stato rende il furto sempre procedibile d’ufficio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’appartenenza del bene al patrimonio indisponibile dello Stato non costituisce di per sé una delle aggravanti che, dopo la riforma, rendono il furto su cose esposte a pubblica fede ancora procedibile d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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