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Furto venatorio: Cassazione sulla procedibilità d’ufficio

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per un caso di furto venatorio tentato. A seguito della Riforma Cartabia, il Tribunale aveva ritenuto necessaria la querela. La Cassazione ha invece stabilito che il furto di fauna selvatica, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato destinato a pubblica utilità, configura un’aggravante che mantiene la procedibilità d’ufficio. La motivazione del giudice di primo grado è stata giudicata carente per non aver considerato la natura pubblicistica del bene sottratto.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Venatorio: la Cassazione Conferma la Procedibilità d’Ufficio

La recente Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità per molti reati, tra cui il furto, subordinandolo alla presentazione di querela. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale: questo cambiamento si applica anche al furto venatorio? La risposta degli Ermellini è stata netta, riaffermando un principio fondamentale a tutela del patrimonio faunistico dello Stato.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un procedimento a carico di un individuo accusato di tentato furto pluriaggravato. L’imputato aveva cercato di impossessarsi di aviofauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, utilizzando strumenti di caccia proibiti, noti come “vischio” (bastoncini ricoperti di sostanza adesiva).

Il Tribunale di Brescia, in prima istanza, aveva dichiarato il non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità. Secondo il giudice, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022 (Riforma Cartabia), il reato di furto era diventato procedibile a querela e, non essendo questa stata sporta nei termini, l’azione penale non poteva proseguire. Il Tribunale aveva escluso che il furto di aviofauna rientrasse nelle eccezioni che conservano la procedibilità d’ufficio, in particolare quella relativa a cose destinate a pubblica utilità.

Il Furto Venatorio e la Procedibilità d’Ufficio secondo il Procuratore

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha impugnato la sentenza, presentando ricorso in Cassazione. L’argomentazione principale si basava sull’idea che la fauna selvatica non è un bene qualunque, ma fa parte del patrimonio indisponibile dello Stato ed è destinata a una funzione di interesse pubblico e collettivo.

Secondo il ricorrente, la fauna selvatica assolve a un servizio di pubblica utilità, tutelato dalla Costituzione (art. 9) e da leggi specifiche (L. 157/1992), per la salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi. Di conseguenza, la sua sottrazione integra l’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, c.p. (fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità). Questa aggravante, anche dopo la Riforma Cartabia, è una di quelle che, se presente, fa sì che il reato di furto resti procedibile d’ufficio.

Il Procuratore ha sottolineato che un’interpretazione diversa vanificherebbe la tutela penale del patrimonio faunistico, rendendo difficile l’identificazione di un soggetto legittimato a presentare querela.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza del Tribunale e rinviando il caso alla Corte d’Appello di Brescia. Il fulcro della decisione risiede nella critica alla motivazione della sentenza impugnata, giudicata “apodittica” e carente.

Gli Ermellini hanno osservato che il capo d’imputazione contestava espressamente l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p., descrivendo l’oggetto del furto come “aviofauna, da considerare patrimonio indisponibile dello Stato”. Questa stessa descrizione, secondo la Corte, contiene già in sé il riferimento alla destinazione della cosa “a pubblico servizio o a pubblica utilità”.

Il Tribunale, quindi, ha errato nel liquidare la questione affermando genericamente che l’aviofauna non rientrasse in alcuna delle ipotesi procedibili d’ufficio, senza spiegare il perché di tale esclusione. La Corte Suprema ha ritenuto che questa omissione di motivazione su un punto determinante del processo costituisse un vizio tale da giustificare l’annullamento della decisione. In sostanza, il giudice di primo grado non ha adeguatamente valutato la natura pubblicistica del bene protetto, che è il fondamento per mantenere la procedibilità d’ufficio.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio di grande importanza per la tutela dell’ambiente e del patrimonio faunistico nazionale. Il furto venatorio non può essere equiparato a un furto comune. La natura della fauna selvatica quale patrimonio indisponibile dello Stato, destinato a una funzione di pubblica utilità per la collettività e per le future generazioni, attiva l’aggravante specifica che sottrae il reato al regime della querela di parte. Anche nell’era post-Riforma Cartabia, chi attenta a questo bene collettivo dovrà rispondere delle proprie azioni su iniziativa dello Stato, senza che sia necessaria la denuncia di un singolo.

Il furto di animali selvatici è ancora un reato procedibile d’ufficio dopo la Riforma Cartabia?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il furto di fauna selvatica, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato destinato a pubblica utilità, integra un’aggravante (art. 625, n. 7, c.p.) che mantiene la procedibilità d’ufficio del reato anche dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia.

Perché la fauna selvatica è considerata un bene destinato a pubblica utilità?
La fauna selvatica è considerata tale perché svolge una funzione essenziale per la tutela della biodiversità, degli ecosistemi e dell’ambiente, rappresentando un interesse per l’intera comunità nazionale e internazionale, anche in prospettiva delle future generazioni, come sancito dall’art. 9 della Costituzione e da leggi specifiche.

Cosa ha sbagliato il giudice di primo grado in questo caso?
Il giudice di primo grado ha emesso una sentenza con una motivazione carente. Ha escluso la procedibilità d’ufficio senza spiegare adeguatamente le ragioni, omettendo di considerare che la stessa descrizione del bene nel capo d’imputazione (patrimonio indisponibile dello Stato) implicava la sua destinazione a pubblica utilità, elemento chiave per mantenere la procedibilità d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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