Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2759 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2759 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BRESCIA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a CASTO il 05/06/1951
avverso la sentenza del 05/02/2024 del TRIBUNALE di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del Pubblico Ministero
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Brescia con sentenza del 5 febbraio 2024 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in relazione all’accusa di tentativo di furto pluriaggravato dalla esposizione alla pubblica fede delle cose oggetto dell’azione, dall’impiego di mezzo fraudolento, oltre che dalla recidiva qualificata, per avere cioè ‘tentato di impossessarsi di aviofauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato, utilizzando strumenti di caccia proibiti, cioè bastoncini, detti “vischio”, ricoperti di sostanza adesiva, per mancanza della condizione di procedibilità, avendo constatato non essere stata sporta la querela entro il termine, previsto dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, del 30 marzo 2023.
Ha ritenuto in motivazione il decidente che il furto ; tentato o consumato, di aviofauna non possa essere ricompreso nel novero dei reati procedibili di ufficio anche dopo la novella ex lege n. 150 del 2022, perché commessi su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici o su cose sottoposte a sequestro o a difesa o a reverenza, di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen.
Ricorre per la cassazione della sentenza il Procuratore Generale della Corte di appello di Brescia affidandosi ad un unico motivo con il quale denunzia violazione di legge (art. 624, comma 3, cod. proc. pen.).
2.1. Ad avviso del P.G., infatti, la fauna selvatica, comprensiva naturalmente dei volatili, siccome facente parte del patrimonio indisponibile dello Stato, sarebbe ontologicamente res destinata ad assolvere ad una funzione di interesse pubblico e collettivo.
Si valorizzano in tale senso: la nozione di fauna selvatica quale patrimonio indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale ex artt. 1 e 2 della fondamentale legge 11 febbraio 1992, n. 157; il contenuto dell’art. 9 della Costituzione, ove si legge che la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, e che la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali; la previsione dell’art. 828, comma 2, cod. civ.; e anche un passaggio della Relazione illustrativa al d. Igs. n. 150 del 2002, ove si legge che si è intesa conservare la procedibilità di ufficio in relazione alle sole circostanze che denotano il maggior disvalore penale del fatto quanto all’offesa al patrimonio pubblico e alla dimensione pubblicistica dell’oggetto materiale della condotta.
Dunque, tenendo conto della intenzione del legislatore e considerata la finalità di pubblico servizio e di pubblica utilità della fauna selvatica, il furt venatorio quale quello contestato, seppure in forma tentata, nel caso di specie, avrebbe ad oggetto un bene non soltanto esposto alla pubblica fede, come
ritiene in effetti anche il Tribunale, ma anche destinato a pubblica utilità o a pubblico servizio e, perciò, rimasto reato procedibile di ufficio.
Ove così non fosse, peraltro, opina il P.G., sarebbe in concreto vanificata la possibilità di punire gli autori del furto venatorio, non essendo chiaro quale articolazione dello Stato sarebbe legittimata a chiedere la punizione del responsabile presentando querela.
Si richiamano, poi, da parte del ricorrente più precedenti di legittimità, seppure non in termini esatti rispetto al caso in esame, nei quali comunque beni ambientali sono stati riconosciuti cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, e cioè:
quanto alla flora demaniale, Sez. 5, n. 694 del 26/01/2021, dep. 2022, Pentecoste, Rv. 282418, secondo cui «Integra il reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., la sottrazione di piante costituenti la dotazione di un bosco demaniale, in quanto determina un pregiudizio alla pubblica utilità che il bene pubblico assolve, in termini di benefici ecologici, idrografici e climatici, nei confronti della collettività»;
quanto alle acque pubbliche, Sez. 5, n. 53984 del 26/10/2017, COGNOME, Rv. 271889, secondo cui «La condotta di impossessamento di acque pubbliche attraverso un allaccio abusivo all’acquedotto comunale integra il reato di furto aggravato, in quanto commesso su cose destinate a pubblico servizio, e non la semplice violazione amministrativa prevista dall’art. 23 d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, che si riferisce alle acque sotterranee e superficiali non ancora artificialmente convogliate in invasi o cisterne»;
quanto alla sabbia del mare o del fiume, Sez. 4, n. 26678 del 26/05/2009, petino, Rv. 244801, secondo cui «In tema di furto, la sottrazione o asportazione della sabbia o della ghiaia dal lido del mare o dal letto dei fiumi determina la configurabilità concorrente, ai sensi dell’art. 625 n. 7 cod. pen., sia della circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede, sia di quella della destinazione della cosa a pubblica utilità, giacché il prelievo del materiale lede, attraverso il danno idrogeologico all’arenile, la pubblica utilità dei fiumi o la fruibilità dei lidi marini»;
quanto agli alberi comunali, Sez. 5, n. 5000 del 17/01/2007, Del Percio e altro, Rv. 236067, secondo cui «Agli effetti dell’art. 625 n 7 cod. pen., gli alberi appartenenti ad un comune, e adibiti a una funzione ornamentale, debbono considerarsi destinati a pubblica utilità».
E già nel 1995 nella sentenza di Sez. 1, n. 4721 del 29/09/1995, COGNOME, Rv. 202754, si era affermato che «Ai fini della concessione della riabilitazione in relazione al reato di furto aggravato consumato mediante l’uccisione di un esemplare di fauna selvatica appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato
(art. 1 legge 27 dicembre 1977 n. 968), grava sull’interessato, per realizzare la condizione dell’avvenuto adempimento delle obbligazioni civili di cui all’art. 179, quarto comma, n. 2 cod. pen., l’onere di sollecitare nelle forme previste l’amministrazione competente alla valutazione del danno ed all’accettazione della somma risarcitoria conseguentemente quantificata: la sottrazione al servizio pubblico della tutela dell’ambiente faunistico verificatasi con il cosiddetto furto venatorio, ha prodotto un danno, se non quantificabile da un punto di vista economico, sicuramente valutabile da un punto di vista equitatívo in relazione alla gravità della lesione dell’interesse della collettività».
Ad avviso del ricorrente, quindi, non potrebbe dubitarsi che, anche dopo la riforma c.d. Cartabia, il delitto di furto venatorio sia procedibile di ufficio, quanto aggravato dalla circostanza della commissione del fatto su cosa, cioè la fauna selvatica, indubbiamente esposta alla pubblica fede ma, soprattutto, su cosa destinata a pubblico servizio o a pubblica utilità nell’accezione di cui all’articolo 625, n. 7, cod. pen., in quanto res tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale, come specificato nel richiamato art. 1 della richiamata legge 157 del 1992, e nell’interesse delle future generazioni, come si legge nell’art. 9 Cost.
2.2. Quale argomento svolto in subordine, ritiene il Requirente essere nel caso di specie la circostanza aggravante della destinazione della cosa a pubblico servizio o pubblica utilità, comunque contenuta nella previsione di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., senz’altro contestata in fatto, richiamandosi al riguardo precedente di legittimità che ha affermato la possibilità di riconoscere come contestata in fatto (nel caso di c.d. furto Enel) circostanza aggravanti prive di componenti valutative (Sez. 5, n. 3741 del 22/01/2024, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 285878), come sarebbe nel caso di specie
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. nella requisitoria scritta del 3 novembre 2024 ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ovvero, in subordine, la rimessione del ricorso alle Sezione Unite della S.C.
Con memoria del 6 novembre 2024 la Difesa dell’imputato ha chiesto rigettarsi il ricorso del P.M.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le seguenti ragioni.
In disparte le, pur diffuse ed interessanti argomentazioni svolte dall’Ufficio ricorrente, è agevole osservare come nel capo di accusa sia stata espressamente contestata dal P.M. l’aggravante del n. 7 dell’art. 627 cod. pen. che non solo è numericamente richiamata ma è anche contenutisticamente descritta con riferimento all’oggetto del tentativo di impossessamento, cioè la «avifauna, da considerare patrimonio indisponibile dello Stato ai sensi dell’art. 2 della legge n. 157/92», espressione nella quale è agevole ritersi compreso il riferimento alla destinazione della cosa «a pubblico servizio o a pubblica utilità» che è rilevante ai sensi dell’art. 624, comma 3, seconda parte, cod. pen. (come novellato dall’art. 2, comma 1, lett. i, del d. Igs. n. 150 del 2022), che disciplina il regime di procedibilità.
Rispetto alla contestazione elevata dal P.M., la sentenza si accontenta di affermare – ma solo apoditticamente e senza in effetti spiegare il perché della decisione – che «non è possibile ritenere compresa la avifauna in alcuna delle ipotesi tuttora procedibili a querela».
3.La sostanziale omissione di motivazione ravvisata su di un aspetto determinante comporta, di necessità, la statuizione in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte d’appello di Brescia.
Così deciso il 20/11/2024.