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Furto tentato: quando la sorveglianza lo impedisce

La Corte di Cassazione ha annullato la condanna per furto consumato a carico di due persone che avevano rubato giacche da un negozio. Poiché la polizia giudiziaria aveva monitorato l’intera azione furtiva, il reato è stato riqualificato come furto tentato. La sentenza stabilisce che la sorveglianza costante impedisce al ladro di acquisire un’autonoma disponibilità della merce, elemento necessario per la consumazione del reato. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto Tentato o Consumato? La Sorveglianza della Polizia è Decisiva

La distinzione tra furto tentato e furto consumato è una linea sottile ma cruciale nel diritto penale, con importanti conseguenze sulla pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19049/2025, torna su questo tema fondamentale, chiarendo come la sorveglianza costante da parte delle forze dell’ordine possa impedire la consumazione del reato, anche se i beni sono stati materialmente sottratti. Analizziamo insieme questo interessante caso.

Il Fatto: Il Furto nel Negozio di Abbigliamento

Due persone vengono condannate in primo e secondo grado per furto aggravato in concorso. L’accusa è di aver sottratto due giubbini di marca dagli scaffali di un esercizio commerciale in una grande città italiana. La dinamica sembra chiara: i due si impossessano della merce e vengono fermati successivamente.

Tuttavia, un dettaglio fondamentale emerge durante il processo: la Polizia Giudiziaria aveva assistito all’intera scena della sottrazione, monitorando l’attività criminosa sin dal suo inizio. Nonostante ciò, gli agenti avevano scelto di non intervenire immediatamente, bloccando i responsabili solo in un secondo momento, a una certa distanza dal negozio.

I Motivi del Ricorso: La Questione del Furto Tentato

La difesa degli imputati presenta ricorso in Cassazione basandosi su un motivo principale: la violazione degli articoli 56 (delitto tentato) e 624 (furto) del codice penale. Secondo i legali, il reato non si sarebbe mai consumato, fermandosi allo stadio del tentativo. Il punto centrale dell’argomentazione è che la costante e ininterrotta sorveglianza da parte della polizia ha fatto sì che gli autori del furto non abbiano mai acquisito un’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva. La merce, pur essendo stata fisicamente spostata, non è mai realmente uscita dalla sfera di controllo e vigilanza delle autorità, che avrebbero potuto intervenire in ogni istante.

La Decisione della Cassazione sul furto tentato

La Suprema Corte accoglie il ricorso della difesa, annullando la sentenza di condanna e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità ritengono fondata la tesi secondo cui, in presenza di un monitoraggio costante, il delitto di furto non può dirsi consumato.

Le Motivazioni: Il Principio di Diritto delle Sezioni Unite

La Corte fonda la sua decisione su un principio consolidato, enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza ‘Prevete’ del 2014. Tale principio stabilisce che in caso di furto in un supermercato o esercizio commerciale, se l’azione furtiva è monitorata (tramite videosorveglianza, personale di sicurezza o forze dell’ordine presenti sul posto) e l’intervento avviene ‘in continenti’ (cioè senza soluzione di continuità con l’azione), il reato si ferma allo stadio del furto tentato. Questo perché l’agente non consegue mai, neppure per un istante, l’autonoma disponibilità della merce, che rimane sotto il controllo del soggetto passivo.

La Cassazione va oltre, citando una pronuncia più recente che estende questo principio: anche quando la polizia giudiziaria monitora l’azione e sceglie deliberatamente di non interromperla subito per esigenze investigative, il reato resta tentato. La preordinazione di un’attività di controllo e accertamento impedisce di fatto la consumazione del reato.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente chiarito la natura della presenza degli agenti. Era stata una sorveglianza pianificata e continua oppure una presenza casuale? Questa distinzione è decisiva. Se la polizia aveva seguito tutte le fasi del furto, scegliendo il momento dell’intervento, allora gli imputati non hanno mai avuto il pieno controllo dei beni rubati.

Le Conclusioni: L’Annullamento con Rinvio

In conclusione, la sentenza viene annullata perché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta insufficiente. Non ha offerto elementi chiari per distinguere tra una sorveglianza costante, che qualificherebbe il fatto come furto tentato, e un intervento casuale, che potrebbe invece portare a una condanna per furto consumato. Il giudice del rinvio dovrà ora riesaminare le prove per accertare la natura esatta dell’operato della Polizia Giudiziaria e, sulla base di ciò, definire correttamente la qualificazione giuridica del fatto, con tutte le conseguenze del caso sulla determinazione della pena.

Quando un furto in un negozio si considera solo ‘tentato’ e non ‘consumato’?
Secondo la sentenza, un furto si considera tentato quando l’azione delittuosa è costantemente monitorata da personale di sorveglianza, sistemi di rilevazione automatica o dalle forze dell’ordine presenti sul luogo. Tale sorveglianza impedisce al responsabile di acquisire l’autonoma ed effettiva disponibilità dei beni rubati, che restano quindi sotto la sfera di controllo del soggetto passivo.

Se la polizia osserva un furto ma decide di non intervenire subito, il reato è comunque consumato?
No. La Corte chiarisce che se la polizia giudiziaria monitora continuativamente l’azione criminale fin dal suo inizio e sceglie deliberatamente di ritardare l’intervento (ad esempio, per finalità investigative), il reato resta comunque nella forma del tentativo. L’elemento decisivo è che la preordinata attività di controllo impedisce che la refurtiva esca dalla sfera di vigilanza delle autorità.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza con rinvio?
L’annullamento con rinvio comporta che la decisione impugnata viene cancellata e il processo torna a un’altra sezione dello stesso giudice che l’aveva emessa (in questo caso, la Corte d’Appello). Questo nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sua sentenza di annullamento, per emettere una nuova decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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