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Furto tentato: quando il reato non è consumato

La Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra furto consumato e furto tentato in un esercizio commerciale. Un uomo, condannato per aver rubato un portafoglio, ha sostenuto che il reato fosse solo tentato, poiché era sotto sorveglianza. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che per configurarsi il furto tentato è necessaria una vigilanza costante e ininterrotta, non dimostrata nel caso di specie. L’attivazione dell’allarme antitaccheggio all’uscita ha segnato la consumazione del reato, poiché l’imputato aveva già acquisito la disponibilità del bene.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto tentato o consumato in negozio? La Cassazione chiarisce il ruolo della vigilanza

Capire la linea di confine tra un furto tentato e un furto consumato è cruciale nel diritto penale, specialmente per i reati commessi all’interno di esercizi commerciali dotati di sistemi di sorveglianza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4738 del 2025, torna su questo tema delicato, offrendo chiarimenti fondamentali sul momento in cui il reato può dirsi perfezionato. La decisione analizza il caso di un individuo condannato per aver sottratto un portafoglio, il quale sosteneva che la sua azione non fosse andata oltre il tentativo. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso

Un uomo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato. L’imputazione riguardava l’impossessamento di un portafoglio maschile esposto per la vendita all’interno di un negozio. La condanna era stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze, che aveva ritenuto il reato pienamente consumato.

Il motivo del ricorso: la tesi del furto tentato

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione di legge in relazione alla qualificazione del fatto. Secondo la difesa, la condotta doveva essere ricondotta all’ipotesi di furto tentato (art. 56 c.p.) e non a quella di furto consumato (art. 624 c.p.).

La tesi difensiva si fondava su un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 52217/2014). Tale principio afferma che il furto in un supermercato (o esercizio commerciale) rimane allo stadio di tentativo se l’azione delittuosa è costantemente monitorata dal personale di sorveglianza, che interviene immediatamente impedendo al ladro di acquisire un’autonoma ed effettiva disponibilità della merce. In sostanza, se il bene non esce mai dalla sfera di vigilanza del proprietario, l’impossessamento non si perfeziona e il reato non si consuma.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Pur richiamando lo stesso principio delle Sezioni Unite citato dalla difesa, i giudici ne hanno sottolineato un aspetto decisivo: la necessità che la vigilanza sia costante e ininterrotta.

Nel caso specifico, la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito non aveva dimostrato una tale sorveglianza continua. Era emerso che gli addetti alle vendite avevano notato delle persone aggirarsi con fare sospetto vicino all’espositore dei portafogli. Tuttavia, l’intervento non è stato frutto di un’osservazione diretta e continua che ha impedito l’impossessamento. Al contrario, l’imputato è stato fermato solo perché, mentre si dirigeva verso l’uscita, è scattato l’allarme antitaccheggio. Questo evento lo ha costretto a rientrare e a consegnare il portafoglio che aveva nascosto in tasca.

Secondo la Corte, l’attivazione del sistema di allarme non prova l’esistenza di un controllo costante che abbia impedito la consumazione. Anzi, dimostra che l’imputato aveva già superato il controllo fisico del personale e si era effettivamente impossessato del bene, acquisendone la piena, seppur momentanea, disponibilità. L’azione non si è fermata a uno stadio preliminare per l’intervento diretto del personale, ma si è conclusa con l’impossessamento, e solo un dispositivo elettronico ne ha impedito l’allontanamento definitivo.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un punto fondamentale: per poter parlare di furto tentato in un esercizio commerciale, non è sufficiente la mera presenza di personale di vigilanza o di sistemi di allarme. È necessario che l’azione del reo si svolga interamente sotto il controllo diretto e ininterrotto di chi sorveglia, il quale deve essere in grado di intervenire in qualsiasi momento prima che avvenga l’impossessamento. Se, come in questo caso, il ladro riesce a sottrarre il bene e a nasconderlo, e viene bloccato solo all’uscita da un allarme, il delitto di furto è da considerarsi consumato. Questa precisazione è di grande importanza pratica, poiché distingue nettamente le situazioni di reale controllo preventivo da quelle in cui i sistemi di sicurezza intervengono solo a fatto compiuto.

Quando un furto in un negozio si considera solo ‘tentato’ e non ‘consumato’?
Un furto si considera tentato se l’azione delittuosa è soggetta a un monitoraggio costante e ininterrotto da parte del personale di sorveglianza, il quale impedisce al soggetto di conseguire l’autonoma disponibilità del bene prima che esca dalla sfera di controllo del proprietario.

L’attivazione dell’allarme antitaccheggio all’uscita configura un furto tentato o consumato?
Secondo questa sentenza, se non è provato un controllo costante precedente, l’attivazione dell’allarme all’uscita indica che l’impossessamento del bene è già avvenuto. Pertanto, il reato si considera consumato e non semplicemente tentato, poiché il soggetto aveva già acquisito la disponibilità della refurtiva.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La difesa non ha contestato efficacemente la ricostruzione dei fatti dei giudici di merito, i quali non avevano accertato l’esistenza di quella vigilanza costante che rappresenta il presupposto indispensabile per qualificare il reato come furto tentato anziché consumato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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