Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8514 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 8514  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa del 25 gennaio 2021, con la quale NOME era stato condanNOME alla pena di mesi tre di reclusione ed euro cento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, nn. 2 e 7, cod. pen..
COGNOME‘COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge in ordine al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, n. 7, cod. pen..
2.2. Vizio di motivazione in ordine all’ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
3.  Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso che, come da tempo rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte, sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. sub specie di esposizione della cosa per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, considerato che nei supermercati – in cui la scelta delle merci avviene con il sistema del self service la vigilanza praticata dagli addetti è priva di carattere continuativo e si connota come occasionale e/o a campione, mentre l’esclusione dell’aggravante in questione richiede che sulla cosa sia esercitata una custodia continua e diretta, non essendo sufficiente, a tal fine, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale (Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014, dep. 2015, Garofalo, Rv. 262663).
In altri termini, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato, non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre solo una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157).
Con la censura in esame il ricorrente insiste nel sostenere, in termini assertivi, che la sorveglianza fosse costante, senza confrontarsi con il rilievo, logicamente svolto dalla Corte territoriale, secondo la quale la presenza di un impianto di videosorveglianza non può essere costante e consente solo un generico controllo del mo-
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vimento di persone all’interno dei locali di un supermercato. L’intervento estemporaneo della COGNOME per interrompere l’azione criminosa non consentiva di escludere la pubblica fede dell’COGNOME.
In relazione al secondo motivo di ricorso, va osservato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza a numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli alt disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Séz. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di appello, con motivazione lineare e coerente, non ha concesso le circostanze attenuanti generiche alla luce dei precedenti penali e dell’assenza di elementi valutabili a suo favore.
Il ricorrente si limita a sostenere di aver commesso il fatto a causa della propria difficile condizione economica, dato peraltro non adeguatamente dimostrato.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.