Furto Pluriaggravato: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di furto pluriaggravato, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea la netta distinzione tra questioni di diritto, di competenza della Suprema Corte, e mere doglianze di fatto, che non possono trovare accoglimento. Questo provvedimento è un esempio emblematico di come la Corte gestisca i ricorsi manifestamente infondati.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un’imputata, condannata in primo e secondo grado per il delitto di furto pluriaggravato. La Corte d’Appello di Venezia aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputata responsabile del reato contestato. La difesa ha deciso di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su un unico motivo.
Il Motivo del Ricorso
L’imputata lamentava la violazione di legge e la contraddittorietà della motivazione della sentenza d’appello in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità. Secondo la difesa, il danno causato dal furto era così esiguo da giustificare una riduzione della pena, che i giudici di merito avevano invece negato.
La Decisione della Corte di Cassazione sul furto pluriaggravato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione sollevata (se il danno fosse o meno di particolare tenuità), ma si concentra sulla correttezza formale e sostanziale del ricorso stesso. La Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali.
In primo luogo, ha qualificato il motivo del ricorso come costituito da “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che la difesa non stava contestando un’errata applicazione della legge da parte dei giudici di merito, ma piuttosto la loro valutazione dei fatti. La Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non ha il potere di riesaminare i fatti del processo o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è limitato a verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
In secondo luogo, la Corte ha rilevato che il riferimento giurisprudenziale citato dalla difesa a sostegno della propria tesi non era pertinente. La ragione è cruciale: il caso in esame riguardava un delitto consumato, mentre la giurisprudenza evocata era presumibilmente relativa a casi di delitto tentato. La distinzione è sostanziale, poiché i criteri per la valutazione delle circostanze, inclusa quella del danno, possono differire significativamente tra un reato portato a termine e uno solo tentato.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento ribadisce principi consolidati della procedura penale. Insegna che un ricorso per cassazione, per avere successo, deve concentrarsi su precise violazioni di legge e non su una riconsiderazione delle prove e dei fatti. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito in sede di legittimità è una strategia destinata al fallimento. Inoltre, la pertinenza dei richiami giurisprudenziali è essenziale: citare sentenze relative a fattispecie diverse (come un reato tentato invece che consumato) indebolisce l’argomentazione e può condurre a una dichiarazione di manifesta infondatezza del ricorso, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per furto pluriaggravato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su contestazioni relative alla valutazione dei fatti (doglianze di fatto), che non possono essere esaminate dalla Corte di Cassazione, e perché la giurisprudenza citata dalla difesa non era pertinente al caso di un delitto consumato.
Qual era l’argomento principale del ricorso presentato dall’imputata?
L’imputata contestava il mancato riconoscimento, da parte dei giudici dei gradi precedenti, della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, sostenendo che il valore del bene sottratto fosse minimo.
Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la persona che lo ha presentato viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2958 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2958 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECUI 03YA174) nato il 02/11/1989
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile del delitto di furto pluriaggravato;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – con il quale la ricorrente denunzia la violazione della legge e la contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza dell’attenuante del danno di particolare tenuità oltre a non essere consentito in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto è, altresì, manifestamente infondato posto che si procede per una fattispecie di delitto consumato e non tentato, sicché la giurisprudenza indicata in ricorso non è stata evocata in maniera pertinente;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende,
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024.