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Furto per bisogno: non basta la povertà per giustificarlo

Una persona, condannata per aver rubato del cibo del valore di 36 euro, ha invocato lo stato di necessità a causa della sua indigenza. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il furto per bisogno non è giustificabile se l’individuo ha la possibilità di rivolgersi ai servizi di assistenza sociale. La sentenza conferma che la povertà, da sola, non costituisce una causa di giustificazione per il reato.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto per bisogno: quando la povertà non giustifica il reato

Il furto per bisogno è una delle questioni più delicate e complesse del diritto penale, che contrappone il diritto di proprietà alla necessità di sopravvivenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10446/2024) è tornata sul tema, chiarendo i rigidi confini entro cui può operare la causa di giustificazione dello stato di necessità. La Corte ha stabilito che una condizione di indigenza economica generalizzata non è sufficiente a scusare il furto di generi alimentari, se esistono alternative lecite come il ricorso ai servizi di assistenza sociale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una donna, priva di fissa dimora e di mezzi di sussistenza, condannata in primo grado per il furto di alcune scatolette di tonno, del valore complessivo di 36 euro, e di alcuni capi di abbigliamento di una nota marca. La Corte di Appello, in parziale riforma della prima sentenza, aveva dichiarato il non doversi procedere per il furto degli indumenti a causa della mancanza di una querela da parte della persona offesa, ma aveva confermato la condanna per il furto del cibo.

Il Ricorso in Cassazione e il richiamo al furto per bisogno

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua argomentazione su un unico motivo: la sussistenza dello stato di necessità. Secondo il legale, l’azione criminosa era stata dettata da un bisogno primario e impellente di mangiare, come dimostrato dall’esiguo valore e dalla natura dei beni sottratti (cibo di prima necessità). La condizione di estrema precarietà economica e sociale della donna avrebbe, quindi, integrato i presupposti della scriminante prevista dall’art. 54 del Codice Penale, rendendo il fatto non punibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: lo stato di necessità richiede requisiti molto più stringenti di un generico stato di bisogno economico. Per essere applicabile, la scriminante presuppone un pericolo attuale di un danno grave alla persona, che non sia volontariamente causato e, soprattutto, che non sia altrimenti evitabile.

La Corte ha sottolineato che, nella società moderna, esistono istituti di assistenza sociale specificamente preposti a sostenere le persone in difficoltà economica. La possibilità di rivolgersi a tali enti (mense per i poveri, centri di accoglienza, servizi sociali comunali) rappresenta un’alternativa lecita e concreta al compimento di un reato. Pertanto, il pericolo non può considerarsi ‘inevitabile’ se la persona non ha prima esperito queste vie legali.

In altre parole, il furto per bisogno può essere riconosciuto solo in situazioni eccezionali e indilazionabili, in cui il danno alla persona (ad esempio, la compromissione della salute per fame) è imminente e non vi è alcuna altra possibilità concreta, priva di disvalore penale, per soddisfare il bisogno. Un disagio economico, per quanto grave, non si traduce automaticamente in un pericolo attuale e inevitabile ai sensi della legge penale. La Corte ha concluso che l’imputata non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare l’impossibilità assoluta di trovare aiuto altrove, requisito indispensabile per l’applicazione della causa di giustificazione.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma con forza un orientamento rigoroso. Per la Cassazione, il furto per bisogno non è una scusante generalizzata per chi vive in condizioni di povertà. Affinché lo stato di necessità possa giustificare un furto, è necessario dimostrare che l’agente si trovava di fronte a un’alternativa drammatica: commettere il reato o subire un danno grave e immediato alla propria persona, senza avere a disposizione alcuna altra risorsa lecita, inclusi gli aiuti offerti dal sistema di welfare. La decisione, pur riconoscendo il disagio sociale alla base del gesto, pone l’accento sulla necessità di non svuotare di significato i principi di legalità e di tutela della proprietà, indirizzando chi è in difficoltà verso i canali di supporto istituzionali.

La condizione di povertà giustifica il furto di generi alimentari?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un generico stato di indigenza economica non è di per sé sufficiente a integrare la causa di giustificazione dello stato di necessità. È necessario dimostrare un pericolo attuale e inevitabile di un danno grave alla persona.

Quando si può invocare lo stato di necessità per un furto?
Lo stato di necessità può essere invocato solo quando il furto è l’unico modo per evitare un pericolo attuale di un danno grave alla persona (come un grave rischio per la salute). Il pericolo non deve essere stato causato volontariamente e non deve essere possibile evitarlo attraverso comportamenti leciti.

Perché la presenza di servizi di assistenza sociale esclude il furto per bisogno?
Perché l’esistenza di istituti di assistenza sociale (come mense, dormitori, servizi comunali) offre un’alternativa lecita al commettere un reato per soddisfare i propri bisogni primari. Se una persona può rivolgersi a questi enti, il pericolo non è considerato ‘inevitabile’ e, di conseguenza, lo stato di necessità non è applicabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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