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Furto o appropriazione indebita: il caso del cuoco

La Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra furto o appropriazione indebita nel contesto lavorativo. Un cuoco che sottrae generi alimentari dalla mensa in cui lavora commette furto e non appropriazione indebita, poiché ha solo una detenzione condizionata dei beni, funzionale alle sue mansioni, e non un possesso autonomo. Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. La posizione di un coimputato è stata invece rinviata per un nuovo esame a causa di vizi di motivazione della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto o Appropriazione Indebita: La Cassazione sul Caso del Cuoco

La distinzione tra furto o appropriazione indebita è una delle questioni più sottili e dibattute nel diritto penale, specialmente quando il fatto avviene in un contesto lavorativo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i criteri distintivi tra queste due figure di reato, analizzando il caso di un cuoco accusato di aver sottratto generi alimentari dalla mensa di un ospedale.

I Fatti del Caso

Due dipendenti, un cuoco e un addetto alle pulizie di una cooperativa esterna, venivano condannati in primo grado e in appello per diversi episodi di furto aggravato di generi alimentari dalla mensa di un grande ospedale. Il cuoco, in particolare, approfittava della sua mansione per sottrarre il cibo.

Nel ricorrere in Cassazione, la difesa del cuoco sosteneva che il reato dovesse essere riqualificato. Secondo il ricorrente, non si trattava di furto, ma di appropriazione indebita. La tesi difensiva si basava sull’idea che il cuoco, avendo libero accesso alle celle frigorifere e l’autorizzazione a gestire e selezionare i cibi, ne avesse l’autonoma disponibilità (il “possesso” in senso penalistico) e non una mera custodia materiale. Di conseguenza, l’eventuale sottrazione non configurerebbe un furto, ma appunto un’appropriazione indebita, reato meno grave e, nel caso di specie, ormai prescritto.

L’altro imputato, l’addetto alle pulizie, si difendeva sostenendo che le consegne di cibo non fossero illecite, ma rientrassero in presunti accordi per la donazione di scarti e avanzi a un’associazione animalista o fossero destinate a personale di manutenzione che non poteva usufruire della mensa negli orari di apertura.

La Sottile Linea tra Furto o Appropriazione Indebita

Per comprendere la decisione della Corte, è fondamentale chiarire la differenza tra i due reati. L’elemento che li distingue è la relazione tra l’agente e il bene sottratto prima della condotta illecita:

* Furto (art. 624 c.p.): Si configura quando qualcuno si impossessa di un bene mobile altrui sottraendolo a chi lo detiene. Il soggetto attivo, quindi, non ha alcun potere autonomo sul bene prima di sottrarlo.
* Appropriazione indebita (art. 646 c.p.): Si realizza quando chi ha già il possesso di un bene mobile altrui per qualsiasi motivo, se ne appropria per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. In questo caso, l’agente ha già una signoria di fatto sul bene.

Il concetto chiave è il “possesso in senso penalistico”, che non coincide con quello civilistico. Si tratta di un potere di fatto autonomo sul bene, esercitato al di fuori della diretta sfera di vigilanza e controllo del proprietario.

L’analisi della Corte di Cassazione sul furto o appropriazione indebita

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del cuoco, confermando la qualificazione del fatto come furto aggravato. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: quello della “detenzione condizionata”.

Secondo i giudici, il dipendente che, per ragioni lavorative, ha la disponibilità materiale di beni aziendali, non ne ha un possesso autonomo, ma una mera detenzione legata e limitata allo svolgimento dei suoi compiti. Il cuoco aveva accesso alle derrate alimentari non per disporne a proprio piacimento, ma unicamente per utilizzarle nella preparazione dei pasti. La sua disponibilità era, quindi, “condizionata” e funzionale alla sua mansione, sempre sotto la sfera di controllo del datore di lavoro.

Di conseguenza, sottraendo quel cibo per fini personali, il cuoco non si è appropriato di algo che già possedeva, ma ha rotto la relazione di custodia e si è impossessato di un bene altrui, commettendo il reato di furto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha specificato che l’elemento distintivo tra furto o appropriazione indebita risiede proprio nella natura del potere sul bene. Quando la disponibilità è legata a un rapporto di lavoro ed è essenziale per svolgere compiti specifici, si parla di detenzione condizionata e la sottrazione integra il furto. Il cuoco non aveva un potere autonomo e incondizionato sulle derrate, ma solo la facoltà di utilizzarle per lo scopo per cui gli erano state affidate.

Diversa è stata la sorte del secondo ricorrente. La Corte ha annullato la sua condanna con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. La motivazione di questa decisione risiede in un vizio di motivazione della sentenza impugnata. I giudici d’appello, infatti, non avevano fornito una risposta puntuale e adeguata alle specifiche doglianze della difesa, come la possibile esistenza di una convenzione per la donazione di cibo a un ente di beneficenza o la prassi di consegnare pasti a manutentori. La Corte di Cassazione ha ritenuto che queste argomentazioni, cruciali per valutare la colpevolezza dell’imputato, fossero state liquidate con una risposta generica e insufficiente, rendendo necessaria una nuova valutazione nel merito.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale per i reati contro il patrimonio in ambito lavorativo. La disponibilità materiale di beni aziendali da parte di un dipendente non si traduce automaticamente in possesso. Se tale disponibilità è meramente funzionale all’esecuzione delle mansioni lavorative, il dipendente ha solo una detenzione condizionata. La sottrazione di tali beni configura, pertanto, il reato di furto e non quello, meno grave, di appropriazione indebita. La decisione sottolinea inoltre l’obbligo per i giudici di merito di rispondere in modo specifico e puntuale a tutte le argomentazioni difensive, pena l’annullamento della sentenza per vizio di motivazione.

Quando un dipendente che sottrae beni aziendali commette furto e quando appropriazione indebita?
Commette furto se ha una mera ‘detenzione condizionata’ del bene, cioè una disponibilità materiale limitata allo svolgimento delle sue mansioni e sotto il controllo del datore di lavoro. Commette appropriazione indebita se ha il ‘possesso autonomo’ del bene, ovvero una signoria di fatto che gli permette di disporne in modo indipendente, al di fuori della sfera di vigilanza del proprietario.

Perché il cuoco è stato condannato per furto e non per appropriazione indebita?
Perché, secondo la Corte, il cuoco aveva solo la detenzione condizionata dei generi alimentari, potendoli utilizzare esclusivamente per la preparazione dei pasti secondo le sue mansioni. Non aveva un possesso autonomo su di essi, quindi sottraendoli ha commesso il reato di furto.

Perché la condanna dell’altro imputato è stata annullata con rinvio?
La sua condanna è stata annullata perché la Corte d’Appello non ha fornito una motivazione adeguata e puntuale in risposta alle specifiche argomentazioni difensive. In particolare, non ha esaminato a fondo la possibilità che la consegna del cibo fosse lecita in base a una convenzione per la donazione di avanzi o ad altre prassi aziendali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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