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Furto militare: inammissibile il ricorso in Cassazione

Un militare, accusato di furto militare per aver sottratto 15 euro a un collega, ricorre in Cassazione dopo due sentenze conformi che lo hanno ritenuto non punibile per la particolare tenuità del fatto. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della ricostruzione basata su prove indiziarie (video, testimonianze) e respingendo la tesi difensiva di un complotto.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto militare: la Cassazione conferma la condanna basata su indizi

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso di furto militare tra commilitoni, mettendo in luce importanti principi sulla valutazione delle prove indiziarie e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La vicenda, seppur riguardante una somma esigua, ha portato a una dichiarazione di responsabilità, temperata solo dalla non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I fatti: il furto di 15 euro in caserma

Un Carabiniere, notando ammanchi di denaro dalla sua cameretta, decide di installare una videocamera per scoprire il responsabile. Le riprese immortalano un suo collega entrare nella stanza in due diverse occasioni. Nel secondo episodio, il video mostra l’imputato frugare su un tavolo e prendere in mano un oggetto compatibile con un portafogli. Successivamente, la vittima accerta la mancanza di 15 euro.

L’imputato si è difeso sostenendo di essere entrato nella stanza del collega prima per cercare dei detersivi e poi per fargli uno scherzo, cercando un joystick di una console per videogiochi, ma negando di aver sottratto alcunché.

Il percorso giudiziario e il ricorso per furto militare

Sia il Tribunale militare di primo grado che la Corte militare d’appello hanno ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per il reato di furto militare aggravato. Hanno basato la loro decisione sulla testimonianza della persona offesa, sulle immagini video e sulla deposizione di un altro militare che aveva visto l’imputato entrare nella stanza e notato il suo comportamento imbarazzato. Tuttavia, data l’esiguità del danno, entrambi i gradi di giudizio hanno dichiarato l’imputato non punibile per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale.

Nonostante l’esito favorevole, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo di essere vittima di un complotto ordito dal collega per vendetta a seguito di un precedente scherzo. La difesa ha contestato la valutazione delle prove, affermando che i giudici avessero travisato i fatti e che il video non fosse idoneo a dimostrare il furto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. In primo luogo, ha ricordato che in presenza di una “doppia conforme” (due sentenze di merito che giungono alla stessa conclusione), il controllo della Cassazione sulla motivazione è limitato a vizi evidenti e non può consistere in una nuova valutazione dei fatti. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la ricostruzione operata dalle corti di merito fosse logica, coerente e basata su una pluralità di elementi probatori convergenti.

La Corte ha sottolineato che, sebbene le immagini non mostrassero con chiarezza la sottrazione delle banconote, gli elementi indiziari erano univoci: l’ingresso nella stanza chiusa a chiave, il comportamento furtivo, la manipolazione di un oggetto simile a un portafogli e la successiva constatazione dell’ammanco. Questi elementi, letti insieme, hanno condotto a ritenere provata la condotta contestata. La tesi difensiva del complotto e dello scherzo è stata giudicata non credibile, anche alla luce dei rapporti non amichevoli tra i due militari all’epoca dei fatti.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la prova di un reato può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari, purché questi siano gravi, precisi e concordanti. Un video che non riprende l’esatto momento del reato può comunque costituire un indizio fondamentale se, unito ad altre prove come le testimonianze, delinea un quadro accusatorio coerente e privo di ragionevoli alternative. Inoltre, la pronuncia conferma che il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, specialmente quando le decisioni dei giudici di merito sono logiche e ben argomentate.

È possibile essere ritenuti responsabili di furto anche se il video di sorveglianza non mostra chiaramente la sottrazione del denaro?
Sì. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale può essere accertata sulla base di un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti. Anche se il video non mostrava l’atto di estrarre le banconote, immortalava l’imputato in atteggiamento furtivo mentre maneggiava un oggetto compatibile con un portafogli, elemento che, unito alle testimonianze e alla successiva verifica dell’ammanco, è stato ritenuto sufficiente.

Cosa significa che il ricorso in Cassazione è limitato in caso di “doppia conforme”?
Significa che quando due sentenze di merito (primo grado e appello) giungono alla medesima conclusione con motivazioni simili, il ricorrente in Cassazione non può semplicemente chiedere una nuova valutazione dei fatti. Il controllo della Suprema Corte si limita a verificare la presenza di vizi logici manifesti o la mancata valutazione di prove decisive che erano state specificamente indicate nei motivi d’appello, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Perché la difesa basata su un presunto complotto o su uno scherzo è stata respinta?
La tesi difensiva è stata ritenuta non credibile perché non supportata da elementi concreti. I giudici hanno osservato che l’imputato non aveva mai chiarito la natura dello scherzo che intendeva fare e che il suo comportamento, come ripreso dai video, appariva furtivo e non ludico. Inoltre, i rapporti tra i due militari all’epoca dei fatti non erano amichevoli, rendendo l’intento scherzoso ancora meno probabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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