Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14633 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14633 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COSENZA il 03/08/1966
avverso la sentenza del 18/04/2019 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che, rideterminando il trattamento sanzionatorio, ha parzialmente riformato le condanne pronunciate a suo carico in due distinti procedimenti di primo grado in relazione, rispettivamente, ai delitti di furto pluriaggravato e di furto abitazione;
letta la memoria pervenuta via PEC a firma del Difensore dell’imputato, con la quale sono stati dedotti motivi nuovi in relazione alla violazione del principio di uguaglianza e all’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. in relazione all’applicazione della fattispecie di cui all’art. 624-bis cod. pen. e alla mancata valutazione dello stato di indigenza dell’imputato, nonché alla configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n.7, cod. pen. e alla mancata considerazione della videosorveglianza in combinato con altri mezzi di vigilanza;
rilevato che con il primo motivo di ricorso la Difesa denunzia la violazione della legge nonché la mancanza della motivazione in ordine all’omessa applicazione, per entrambi i delitti, della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.;
ritenuto che esso si risolva nella pedissequa reiterazione di quanto già dedotto con l’atto di appello e si configuri come aspecifico, non indicando le ragioni per escludere la rilevanza dei precedenti penali dell’imputato ai fini del riconoscimento della abitualità della condotta e non assolvendo, pertanto, alla tipica funzione di una critica argomentata della sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01);
ritenuto, altresì, che il motivo in questione sia anche manifestamente infondato in relazione al delitto di furto in abitazione in quanto l’applicazione della causa di non punibilità è normativamente esclusa per i reati che, come quello testé indicato, sono puniti con una pena edittale minima superiore ai 2 anni di reclusione;
rilevato, indi, che con il secondo motivo di ricorso, la Difesa censura l’inosservanza della legge nonché l’illogicità della motivazione per avere il Giudice ritenuto che il furto sia stato commesso all’interno di una sagrestia ovvero in un luogo non definibile come abitazione;
ritenuto che il motivo non sia consentito in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto (quanto al luogo in cui si trovava il compendio furtivo) e che, in ogni caso, esso sia manifestamente infondato, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la sagrestia, in quanto funzionale allo svolgimento di attività complementari a quelle di culto, servente non solo l’edificio sacro ma altresì
la casa canonica, deve ritenersi luogo destinato in tutto o in parte a «privata dimora», essendone l’ingresso di terze persone selezionato ad iniziativa di chi ne abbia la
disponibilità (Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 279002 – 01);
rilevato che con il terzo motivo di ricorso la Difesa lamenta la mancanza della motivazione in ordine alla circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo comma,
n. 7, cod. pen.;
ritenuto che esso sia manifestamente infondato in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di furto, la circostanza aggravante
dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di
ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato e non idoneo a garantire l’interruzione immediata dell’azione criminosa e che soltanto una sorveglianza
specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante in parola (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, Saja, Rv. 280157 – 01);
rilevato che con il quarto motivo di ricorso si censura la mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen., eccependosi la saltuarietà e non abitualità della condotta;
ritenuto che esso sia generico perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato, fermo restando, in ogni caso, che tale attenuante riguarda altra fattispecie incriminatrice;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 26 marzo 2025.