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Furto in privata dimora: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione annulla con rinvio una sentenza di condanna per furto, sottolineando la necessità di un’analisi rigorosa per qualificare un immobile come ‘privata dimora’. Il caso riguarda un furto in una struttura ricettiva pignorata e temporaneamente inutilizzata. La Corte ha stabilito che, per configurare il reato di furto in privata dimora, è necessario un accertamento concreto che dimostri lo svolgimento di atti della vita privata nel luogo, la sua riservatezza e la non accessibilità a terzi, elementi che il giudice del rinvio aveva omesso di verificare.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Privata Dimora: Quando un Immobile Pignorato Rientra nella Definizione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43824/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la corretta qualificazione del furto in privata dimora. La decisione offre importanti chiarimenti sui criteri necessari per definire un luogo come ‘privata dimora’ ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale, specialmente quando l’immobile in questione è oggetto di procedure esecutive come il pignoramento. Questa pronuncia sottolinea come una classificazione astratta non sia sufficiente, essendo invece indispensabile un’analisi concreta e fattuale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un furto di utensili avvenuto all’interno di una struttura ricettiva. Tre individui venivano condannati in primo grado per questo reato, qualificato come furto aggravato. La sentenza veniva parzialmente riformata in appello e successivamente annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione, proprio sulla questione della qualificazione giuridica del fatto. Il caso giungeva quindi a un nuovo giudizio di appello (giudizio di rinvio), la cui sentenza è stata nuovamente impugnata davanti alla Suprema Corte, dando origine alla pronuncia in esame.

Il Giudizio di Rinvio e la Questione del Furto in Privata Dimora

Il nodo centrale della controversia era stabilire se la struttura ricettiva, al momento del furto, potesse essere considerata una ‘privata dimora’. Questo aspetto è fondamentale, poiché il furto commesso in tale luogo è punito più severamente. La difesa degli imputati sosteneva che l’immobile, essendo sottoposto a pignoramento e affidato a un custode giudiziario, aveva perso le caratteristiche di privata dimora, in quanto non era più nella disponibilità del titolare né luogo di svolgimento di atti della vita privata.

La Corte d’appello, nel giudizio di rinvio, aveva confermato la condanna, limitandosi a definire l’immobile come una ‘struttura alloggiativa il cui utilizzo era solo temporaneamente indisponibile’. Tale motivazione è stata ritenuta dalla Cassazione insufficiente e viziata, poiché non si conformava ai principi di diritto stabiliti nella precedente sentenza di annullamento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, annullando nuovamente la sentenza e rinviando per un nuovo esame. Le motivazioni della decisione si fondano su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, il giudice del rinvio non ha rispettato l’obbligo di attenersi al dictum della Cassazione (art. 627 c.p.p.). La precedente sentenza di annullamento aveva esplicitamente richiesto un accertamento concreto sui requisiti della ‘privata dimora’. Questi requisiti, secondo l’insegnamento consolidato, sono:

1. L’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata.
2. La stabilità del rapporto tra la persona e il luogo.
3. La non accessibilità del luogo a terzi senza il consenso del titolare.

La Corte d’appello non ha svolto questa indagine. Non ha chiarito se, nonostante il pignoramento e l’affidamento a un custode, nell’immobile si svolgessero ancora atti riconducibili alla sfera privata di qualcuno. La mera definizione di ‘struttura alloggiativa’ è stata giudicata un’argomentazione apparente e astratta.

In secondo luogo, la sentenza impugnata è stata censurata per aver richiamato espressamente la motivazione della precedente sentenza d’appello, quella già annullata dalla Cassazione. Questa operazione è vietata, poiché il giudice del rinvio ha il dovere di compiere un nuovo e completo esame del materiale probatorio, elaborando una motivazione autonoma e coerente con i principi stabiliti dalla Corte di legittimità.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un luogo come ‘privata dimora’ non può derivare da etichette o definizioni generiche, ma deve scaturire da un’attenta e rigorosa analisi dei fatti. Il giudice deve verificare in concreto se il luogo del reato, al momento della sua commissione, fosse effettivamente un centro di interessi e attività private, protetto da un’aspettativa di riservatezza. La condizione giuridica dell’immobile, come il pignoramento, è un elemento cruciale che deve essere considerato in questa valutazione. Il caso è stato quindi rinviato a un’altra sezione della Corte d’appello, che dovrà attenersi scrupolosamente a questi principi per giungere a una decisione corretta.

Un immobile pignorato e non utilizzato può essere considerato ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto?
La sentenza chiarisce che non esiste una risposta automatica. È necessario un accertamento caso per caso per verificare se, nonostante il pignoramento, il luogo sia ancora utilizzato per lo svolgimento di atti della vita privata e mantenga caratteristiche di riservatezza. Il solo fatto che sia pignorato e affidato a un custode rende improbabile tale qualificazione, ma spetta al giudice di merito compiere questa verifica.

Cosa deve fare il giudice del rinvio dopo un annullamento da parte della Corte di Cassazione?
Il giudice del rinvio è vincolato a seguire i principi di diritto affermati dalla Corte di Cassazione. Deve compiere un nuovo e completo esame del caso, senza poter riutilizzare o fare riferimento alle motivazioni della sentenza che è stata annullata.

Quali sono i tre elementi essenziali per definire un luogo come ‘privata dimora’?
Secondo la sentenza, i tre elementi che devono ricorrere sono: 1) l’utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata; 2) la durata apprezzabile e non meramente occasionale del rapporto tra il luogo e la persona; 3) la non accessibilità del luogo da parte di terzi senza il consenso del titolare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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