Furto in pertinenza: la Cassazione conferma la condanna per il ladro di verdure
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un caso di furto in pertinenza, chiarendo in modo definitivo quando un orto adiacente a un’abitazione debba essere considerato parte integrante della privata dimora. La decisione sottolinea la manifesta infondatezza di un ricorso basato su motivazioni generiche, ribadendo principi consolidati in materia di qualificazione del reato e di ammissibilità dei ricorsi.
I Fatti del Processo
Il procedimento ha origine dalla condanna di un uomo da parte della Corte d’Appello per il reato di furto. L’imputato era stato sorpreso a prelevare delle verdure da un orto. La particolarità del caso risiede nel fatto che la persona offesa si era accorta del furto direttamente dalla propria abitazione, dalla quale aveva potuto osservare l’uomo aggirarsi nell’orto. Questo dettaglio è stato cruciale per qualificare l’area non come un semplice terreno, ma come una pertinenza della dimora privata, aggravando così la posizione dell’imputato. Contro tale sentenza, l’uomo ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione sul furto in pertinenza
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Secondo i giudici, la sentenza della Corte d’Appello era basata su una motivazione appropriata, logica e priva di vizi giuridici. Le conclusioni dei giudici di merito si fondavano su acquisizioni probatorie definite e significative, che non lasciavano spazio a dubbi interpretativi.
Il Concetto di Pertinenza di Privata Dimora
Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione dell’orto come pertinenza. La Corte ha stabilito che la circostanza che la persona offesa potesse vedere l’intruso dalla sua abitazione era un segno evidente del legame funzionale e spaziale tra l’orto e la casa. Si trattava, quindi, di un orto contiguo all’abitazione, rientrante a pieno titolo nella nozione di furto in pertinenza di privata dimora. A tal proposito, la Corte ha specificato che le prove raccolte dagli agenti di polizia intervenuti sul posto erano sufficienti a stabilire questo collegamento, rendendo superflua e ultronea la ricerca effettuata tramite servizi di mappatura online menzionata nel corso del giudizio.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando come l’unico motivo di ricorso fosse generico e non cogliesse nel segno. La pronuncia impugnata aveva correttamente ricostruito i fatti, stabilendo in modo inequivocabile che il furto era avvenuto in un’area da considerarsi pertinenza di una privata dimora. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi logico-giuridici, in quanto basata su elementi concreti e sull’osservazione diretta dei luoghi da parte degli agenti intervenuti. Di conseguenza, non emergendo alcuna ragione valida per un esonero, la Corte ha applicato l’articolo 616 del codice di procedura penale.
Conclusioni
La decisione riafferma un principio importante: il furto commesso in aree strettamente connesse a un’abitazione, come un orto o un giardino, assume una gravità maggiore rispetto a un furto semplice. L’ordinanza serve anche da monito sull’importanza di formulare ricorsi specifici e fondati, poiché motivi generici e manifestamente infondati portano non solo alla dichiarazione di inammissibilità, ma anche alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. In questo caso, la sanzione è stata fissata in 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento tratta i ricorsi pretestuosi.
Quando un orto può essere considerato pertinenza di privata dimora ai fini del reato di furto?
Un orto è considerato pertinenza di privata dimora quando è contiguo all’abitazione e la sua posizione consente agli occupanti di osservare ciò che vi accade direttamente dalla casa, dimostrando un legame funzionale e spaziale con la vita domestica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza precedente era logica, appropriata e basata su prove concrete, e che il motivo di ricorso non sollevava questioni giuridiche valide.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso manifestamente infondato?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23066 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23066 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME ( CODICE_FISCALE ) nato a IASI( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/01/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 25)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’imputazione manifestamente infondato.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto, la pronunzia impugnata reca appropriata motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie ed immune da vizi logico-giuridici.
L’unico motivo dedotto appare manifestamente infondato, atteso che dalla motivazione della sentenza impugnata si ricava che il furto per cui si procede è stato commesso in un orto costituente pertinenza di privata dimora, visto che la persona offesa, dalla sua abitazione, ebbe modo di vedere un uomo aggirarsi nel suo orto e prelevare delle verdure, segno evidente che si trattava di un orto contiguo all’abitazione. Ciò indipendentemente dal dato costituito dalla ricerca su “Google Maps” del detto orto, rilievo ultroneo rispetto a quanto accertato dagli agenti del Questura di Imperia intervenuti sul posto.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
gliere estensore
GLYPH