Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19489 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19489 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ANDRIA il 22/05/1998
COGNOME NOME nato a BARI il 10/09/1993
avverso la sentenza del 11/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto
RITENUTO IN FATTO
Inchingolo NOME e COGNOME NOME impugnano la sentenza n. 2313 emessa in data 11/05/2023 dalla Corte di appello di Bari con la quale, in riforma della sentenza del Tribunale di Trani, veniva dichiarata la non procedibilità per il capo A) dell’imputazione, limitatamente alla sottrazione di un bidone a COGNOME NOME, e / rispetto a COGNOME NOME / in relazione al capo E); entrambi erano condannati per i residui reati di furto o tentativo di furto aggravati.
Avverso la statuizione di condanna presentano un primo comune motivo di ricorso riguardante la violazione di legge in relazione alla configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis cod. pen. sub capo A), nonché alla qualificazione giuridica del garage al cui interno è stato consumato il furto come pertinenza dell’abitazione.
Ritiene la difesa che per gli imputati COGNOME e COGNOME NOME – i quali avrebbero asportato due contenitori di olio di oliva introducendosi nel garage di pertinenza dell’abitazione di COGNOME Nunzia – la Corte d’appello si è limitata a ritenere la sussistenza del reato il:~ 624-bis cod. pen. considerando l’introduzione nel garage quale accessop – pl, j~ . 1-;(2 un’area pertinente alla privata dimora. Ma, a parere della difesa, il requisito della continuità spaziale tra l’abitazione principale e il garage t proprio come elemento idoneo ad integrare la nozione di pertinenza ai sensi dell’art. 817 cod. c.iv. non è sufficiente per ritenere l’elemento della pertinenza ma sarebbe stata necessaria la presenza del requisito soggettivo dell’appartenenza di entrambi al medesimo soggetto nonché il requisito oggettivo della contiguità anche solo di servizio tra i due beni. Tale profilo non risulta affrontato compiutamente dalla motivazione della Corte di appello, che non ha accertato, come invece avrebbe dovuto, che il garage fosse nella disponibilità della persona offesa ovvero se in concreto potesse effettivamente rientrare nella nozione di pertinenza.
Con un secondo motivo di ricorso, sempre comune ad entrambi i ricorrenti, riguardante il capo A) dell’imputazione, si lamenta la mancanza della motivazione in relazione all’art. 625, n. 2 cod. pen., perché la Corte di appello si è limitata ad affermare la sussistenza delle aggravanti contestate per aver agito in tre persone con violenza sulle cose, concretamente individuata nella manomissione della saracinesca, trascurando la dichiarazione della persona offesa laddove ha riferito che la porta di accesso al box era aperta perché non sono stati rilevati ulteriori ammanchi.
Ritiene in definitiva la difesa che non sia configurabile l’aggravante della violenza sulle cose dove l’energia spiegata sulla cosa mediante la sua forzatura non determinè una manomissione ma si risolv4 in una semplice manipolazione che non implichi alcuna rottura, guasto oppure danneggiamento della destinazione della res.
Con ulteriori motivi di impugnazione (terzo per Inchingolo e nono per Loconte) riguardantk i reati di cui ai capi A), B), D) (quest’ultimo solo per Loconte), si lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 62, comma uno, n. 4 cod. pen. perché, considerato il valore dei beni sottratti nelle diverse fattispecie, la Corte di appello non ha aderito alla richiesta di concessione dell’attenuante di cui al citato art. 62, n. 4, cod. pen.. Ritiene la 4ifesa che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante dell’aver agito per conseguire o aver conseguito un lucro di speciale tenuità, sia sufficiente avere riguardo al valore venale del corpo del reato e anche al pregiudizio complessivo per il disvalore sociale dei reati commessi con la condotta dell’imputato. Elementi che invece sono stati trascurati dalla motivazione della Corte di appello.
7. GLYPH Con il quarto motivo per Inchingolo e l’undicesimo motivo di ricorso per Loconte, si lamenta la violazione di legge in relazione alla mancata esclusione della recidiva di cui all’art. 99 cod. pen. perché la motivazione della Corte di appello di Bari nulla argomenta in ordine alla sussistenza della contestata recidiva; la sentenza perciò appare alla I1)fesa viziata per carenza della Motivazione nella misura in cui l’aumento della pena non si basa su una compiuta verifica della sussistenza di una relazione qualificata tra i precedenti penali del ricorrente e il reato per il quale è stata emessa la condanna.
COGNOME NOME, inoltre, espone un terzo (per il capo B)) e quinto motivo (per il capo C)) di ricorso con argomenti di diritto interamente sovrapponibili ai già esposti primi due motivi di ricorso presentati da Inchingolo, cui si rinvia.
Loconte presenta anche il quarto, sesto e ottavo motivo rispettivamente relativi ai capi B), C), D) – con cui si lamenta la violazione di legge e la mancanza di motivazione in relazione agli artt. 625 n. 2 e 61 n. 5 cod. pen., in quanto la motivazione non avrebbe sviluppato correttamente gli argomenti che depongono a favore della consumazione del fatto con violenza sulle cose e in tempo di notte. La critica difensiva ritiene che quest’ultima circostanza l’ t 1;iAi ci Ckonfigurarsi soltanto allorché si sia raggiunta la prova effettiva che la privata o pubblica difesa siano rimaste realmente ostacolate.
10. Con il settimo motivo di ricorso COGNOME lamenta pur sempre il vizio motivazionale in relazione alla ritenuta configurabilità della fattispecie ex art. 624-bis cod. pen. per il furto commesso nei locali della parrocchia di San
NOME a Trani, considerando che la sentenza impugnata ometterebbe di spiegare la riconducibilità di tali locali al concetto di privata dimora.
Con il decimo motivo presentato da COGNOME la Pfesa lamenta un errore nella rideterminazione della pena a seguito della mancata individuazione del reato più grave indicato soltanto con riferimento all’art. 624-bis cod. pen. che induceva la éorte ad operare gli aumenti di pena per la continuazione “in relazione a ciascuno dei reati contestati, indi con riferimento alle tre ipotesi consumate ex art. 624-bis di cui ai capi A),B), D) nonché a quelle tentate sub capi B) e C), con l’evidente conseguenza di aver applicato un aumento di pena non dovuto”.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio rileva, innanzi tutto, che il primo e il secondo motivo di ricorso – comuni ad entrambi i ricorrenti – relativi al capo A) dell’imputazione, riguardante il furto di due bidoni di olio sottratti dal garage di pertinenza dell’abitazione di COGNOME, prospettano critiche attinenti alla motivazione in relazione sia alla qualificazione del luogo, cioè alla natura giuridica del garage quale pertinenza della privata dimora, sia alle modalità materiali del fatto, in particolare, riguardante i profili relativi all’effrazione della chiusura del box.
Ritiene il Collegio che tali motivi di ricorso siano da rigettare.
Innanzi tutto, in ordine allo specifico motivo concernente la natura del luogo dal quale sono stati asportati i beni oggetto materiale del furto sub capo A), è sufficiente osservare che il garage costituisce di certo pertinenza della privata dimora della p.o. COGNOME NOME, a prescindere dalla titolarità del garage e della privata dimora, dal titolo del possesso o della detenzione e della destinazione dello stesso.
Con particolare riferimento alla natura pertinenziale del garage si evidenzi che nel concetto penalistico di pertinenza rileva innanzi tutto ed essenzialmente il collegamento funzionale e servente del locale adibito a garage rispetto all’abitazione o ad altri locali utilizzati come privata dimora, intesa quale luogo riservato ove si accede con il consenso dell’avente diritto.
Gli argomenti della difesa, volti ad evidenziare che l’assenza di motivazione sulla diversa titolarità del garage e/o sulla distanza dall’abitazione, facciano venire meno la dimostrazione della natura pertinenziale del garage, non si confrontano con una consolidata giurisprudenza riguardo la pacifica qualificazione giuridica del garage, o di altri luoghi simili, come pertinenza dell’abitazione; secondo una pacifica giurisprudenza, infatti, integra il reato previsto dall’art.624-bis cod. pen. la condotta di chi commette un furto
introducendosi all’interno di un garage, che costituisce pertinenza di un luogo di privata dimora (così già prima della modifica dell’art. 624-bis cod. pen., Sez.2, n.22937 del 29/05/2012 – Rv.253193-01). Si noti, nella casistica giurisprudenziale, che integra il reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen. la condotta di chi si impossessa di un ciclomotore introducendosi nel locale adibito al suo deposito, in quanto detto luogo, benché disabitato, costituisce pertinenza di una privata dimora (Sez.5, n.35764 del 27/03/2018, Rv.273597-01) o di chi si impossessa di una bicicletta introducendosi nell’androne di un edificio destinato ad abitazioni, in quanto detto luogo costituisce pertinenza di privata dimora (Sez.5, n. 1278 del 31/10/2018 dep. 11.01.2019, Rv.274389-01), ovvero la condotta di chi si impossessa di beni mobili introducendosi all’interno di un garage mediante la forzatura della porta d’ingresso, trattandosi di luogo che costituisce pertinenza dell’abitazione, ove si compiono in maniera non occasionale atti delia vita privata, e che non è accessibile senza il consenso del titolare (Sez.4, n. 5789 n. 5789 del 04/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278446 – 01).
Con specifico riferimento alla fattispecie in giudizio sub capo A), anche più recentemente, è stato precisato che, in tema di furto in abitazione, deve intendersi “pertinenza di luogo destinato a privata dimora” ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica all’immobile principale o, comunque, funzionalmente ad esso asservito e destinato al suo servizio od ornamento in modo durevole, non necessitandertin rapporto di contiguità fisica tra i beni (così Sez. 4, n. 50105 del 05/12/2023, COGNOME, Rv. 285470-01). Nella fattispecie giudicata da quest’ultima decisione, del tutto sovrapponibile ai fatti oggetto del ricorso in esame, la Corte più recentemente ha riconosciuto natura pertinenziale a un garage, al servizio dell’abitazione principale, seppur ubicato in un diverso complesso condominiale, nell’ambito del medesimo territorio comunale (vedi da ultimo anche Sez. 7, ord. del 21/11/2024, n. 45390, Soragni).
Si noti che anche la giurisprudenza di legittimità in materia civile evidenzia il requisito della contiguità spaziale tra abitazione principale e bene posto a servizio ovvero a ornamento di essa, quale elemento idoneo a integrare la nozione di pertinenza, ai sensi dell’art. 817, cod.civ., Le- secondo cui sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra res (si veda anche, in tema di imposta comunale sugli immobili, ai fini di escludere l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dall’art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, la giurisprudenza civile che ha ritenuto insussistente il vincolo pertinenziale tra l’abitazione principale del contribuente ed un garage ma sito in un comune diverso da quello della stessa abitazione, difettando tra
l’altro, il requisito della contiguità spaziale, Sez. 6, Ordinanza n. 15668 del 23/06/2017, Rv. 644723).
GLYPH La torte territoriale ha correttamente qualificato i fatti in contestazione con riferimento al reato di cui all’art. 624-bis cod. pen., nel solco della consolidata giurisprudenza, e si è confrontata criticamente, confutandola, con la tesi difensiva che aveva fatto perno sulla distanza e sulla titolarità del garage nonché sulla modalità di manomissione del sistema di apertura della porta del garage.
9. GLYPH In particolare, la motivazione impugnata, nelle pagine 5 e 6, con argomenti sviluppati in modo piano e logico, deduce dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza la manomissione della saracinesca del garage da cui è avvenuta la sottrazione dei due bidoni, soffermandosi circa la natura del garage sul requisito fondamentale che “appare quello della contiguità spaziale tra l’abitazione principale ed il bene posto a servizio o ornamento di essa”, richiamando espressamente Sez. 5, n. 27326, del 15/07/2021.
Pertanto, il primo motivo di ricorso di Inchingolo è da rigettare.
In ordine al secondo motivo di ricorso presentato da COGNOME, sotto il profilo della valutazione della manomissione del sistema di chiusura della saracinesca del garage (qualificata come circostanza aggravante della violenza sulle cose) nonché in ordine al terzo motivo (sulla valutazione dei beni sottratti) e al quarto motivo (in relazione alla mancata esclusione della recidiva) di ricorso di COGNOME, il Collegio osserva che gli argomenti spesi dalla difesa prospettano vizi logici e interpretativi della motivazione impugnata ma tendono in effetti alla rivalutazione del materiale probatorio, cercando in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, rimane giudice della motivazione. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che aggrediscono la persuasività,
l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
In particolare, si osservi che il secondo motivo di ricorso attinente alla ritenuta circostanza aggravante dell’effrazione avvenuta con violenza sulle cose, sollecita in modo aspecifico una rivalutazione riguardante l’operazione materiale di apertura della porta saracinesca del garage, oggetto di compiuta e logica analisi sviluppata in modo coerente da entrambi i giudici di merito con esposizione motivazionale priva di lacune logiche ed espositive.
Anche il terzo motivo di impugnazione, sull’entità del danno patito in relazione al complessivo nocumento recato dalla condotta, appare la netta riproposizione di argomenti riguardanti il merito del giudizio discrezionale sui dati probatori che, peraltro, in motivazione è espresso in forma che, sebbene sintetica, unitamente alle considerazioni sul valore della merce sottratta, anche svolte nella decisione di primo grado, appare chiara e lineare, coerente e logica. Si noti che la dimensione quantitativa e qualitativa del danno cagionato, ritenuto tale da non concedere l’attenuante richiesta dell’art. 62 n. 4 cod. pen., deve essere desunta dalla complessiva incisività della condotta sui beni e sulle Condizioni della persona offesa. Quanto prospettato dalla difesa non giunge a incrinare concretamente e specificamente la linearità dell’esposizione della motivazione circa le modalità e il danno cagionato dal furto.
Con il quarto motivo presentato da COGNOME si lamenta senza specifici argomenti e soltanto con riferimenti giurisprudenziali, l’omessa valutazione dei precedenti rilevanti in tema di recidiva; invero, la critica difensiva è sostanzialmente superata dall’esposizione diffusa nel corpo delle motivazioni dei due gradi di giudizio, delle modalità del nuovo fatto ascritto all’imputato, della sua personalità incline al delitto, nonché di un’evidente correlazione sul piano criminologico coi precedenti. Di talché anche il quarto motivo presentato da COGNOME appare inammissibile.
Oltre quanto già esposto circa i primi due motivi di ricorso, comuni al coimputato COGNOME COGNOME presenta i motivi terzo e quarto (riguardante il capo B)), nonché il quinto e sesto motivo (riguardante il capo C)), quali tentativi di furto aggravati avvenuti presso due diversi box nonché la sottrazione di una scala nel medesimo contesto ai danni di COGNOME NOME. Per entrambi i fatti descritti nei capi B) e C) dell’imputazione la critica alla motivazione impugnata ricalca quella mossa dal medesimo difensore nei motivi 1) e 2) riguardanti
COGNOME. Gli argomenti spesi dalla difesa sono interamente sovrapponibili in diritto a quelli spesi per il ricorso del coimputato. In ordine alla posizione di COGNOME, invero, la motivazione in diritto appare identica a quella offerta per la posizione di COGNOME sebbene per altri fatti, e anzi appare ancor più approfondita sia in ordine alle modalità violente dell’effrazione del sistema di chiusura dei diversi box di cui ai capi B) e C).
Pertanto, GLYPH anche GLYPH tali GLYPH motivi GLYPH ripetono GLYPH gli GLYPH stessi GLYPH argomenti dell’impugnativa di Inchingolo e parimenti sono infondati e quindi da rigettare.
Nei motivi quarto, sesto e ottavo (quest’ultimo riferito al furto di cui al capo D) proposti da Loconte, la prospettazione difensiva tende a criticare la motivazione circa gli argomenti utilizzati per ritenere l’aggravante contestata e in particolare la commissione dei reati di furto ex art. 624-bis cod. pen. in tempo di notte.
L’opinione difensiva, al netto di sostanziali richieste di rivalutazioni probatorie riservate al giudice di merito, su cui si rinvia a quanto già esposto sub § 12, non si confronta con la consolidata giurisprudenza del massimo collegio nomofilattico per il quale la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto. (Sez. U, Sentenza n. 40275 del 15/07/2021, Rv. 282095-01). Quest’ultimo inciso volto a richiamare l’interprete sull’esistenza di un concreto ostacolo per la difesa pubblica o privata è stato sufficientemente attenzionato nelle due conformi sentenze emesse in esito ai due gradi di giudizio; e comunque costituisce un concreto elemento storico su cui la motivazione offre un lineare sviluppo argomentativo, non solo quando dà atto della consumazione in orario notturno ma soprattutto quando rappresenta le prove che univocamente descrivono la consumazione dei fatti con varie circostanze aggravanti riguardanti le modalità operative, le tecniche di effrazione, la facilitazione nella sottrazione dei beni. Circostanze che sotto il profilo del diritto,non sono certo escludibili per la presenza in loco di un sistema di video sorveglianza. Tali motivi sono pertanto infondati e quindi da rigettare.
In ordine al capo D) riguardante il furto avvenuto nei locali della Parrocchia San Francesco di Andria le critiche della difesa si concentrano ancora una volta sulla natura pertinenziale del deposito da cui sono stati sottratti vari utensili e beni strumentali, considerati nella sentenza impugnata quali locali pertinenti alla parrocchia.
Anche in tal caso, richiamando interamente quanto già esposto nei §§ 4-7,’ gli argomenti difensivi contraddicono la giurisprudenza consolidata sul h concetto di pertinenza. In particolare, nessuna differenza può trarsi dalla funzione di supporto al culto dei locali parrocchiali, adibiti a tutte quelle attività riservate ai frequentatori della parrocchia. Di talché, rientra nella nozione di pertinenza anche il deposito adibito a luogo di custodia di beni funzionali all’attività parrocchiale. Sicché anche tale motivo è da rigettare.
Il nono motivo di ricorso di Loconte attiene al rigetto della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. per i capi A), B), D); si osserva al riguardo che /sebbene la motivazione abbia trascurato di considerare la relativa richiesta in ordine al capo B), gli argomenti spesi dalla difesa appaiono meramente indicativi di una valutazione di merito riguardante non tanto il percorso logico seguito ma il peso da dare ai singoli beni asportati o almeno custoditi e il danno da quantificare con relativi parametri di valutazione.
Oltre il tentativo di indurre verso una rivalutazione del merito probatorio, da respingere per le medesime considerazioni svolte nei §§ 4-7, il Collegio deve evidenziare la genericità degli argomenti spesi nel ricorso che si limitano ad indicare la giurisprudenza senza un percorso critico che incrini il costrutto logico probatorio della motivazione sul punto. Trattasi, quindi, di un motivo inammissibile.
Il decimo motivo presentato da COGNOME riguarda la rideterminazione t della penaicòw – -5:u1 si lamenta la mancata individuazione del reato più grave indicato in sentenza effettivamente solo con il titolo del reato (art. 624-bis cod. Pen.), nonché per aver proceduto ad un aumento di pena non dovuto per la continuazione, avendo considerato l’aumento per tre delitti consumati anziché per due.
In ordine al primo profilo, si osservi che la motivazione impugnata circa l’individuazione del reato più grave riprende la struttura espositiva della sentenza di primo grado che chiaramente individua il reato più grave nel furto sub capo A), a proposito della pena irrogata a Inchingolo, che viene ripetuta per Loconte; di conseguenza non v’è dubbio che, sebbene per conformità delle due sentenze, il reato individuato quale più grave è il furto ex art. 624-bis cod. pen. sub capo A) dell’imputazione. In ordine al secondo profilo la lettura della motivazione evidenzia che effettivamente vengono considerati letteralmente tre delitti e tre aumenti ma trattasi di un refuso che come aumento complessivo non lede alcun interesse del ricorrente dal momento che nell’unificazione del reato quoad poenam ex art. 81, comma 2, cod. pen. rimane più favorevole a quello disposto nella sentenza di primo grado e non oggetto di impugnazione. Pertanto, i diversi aumenti di pena non intaccano sostanzialmente la posizione
del ricorrente. Di conseguenza si deve rigettare anche il decimo motivo di ricorso.
26.
Si lamenta nell’undicesimo motivo l’omessa esclusione della recidiva con gli stessi argomenti usati in ordine all’analogo motivo presentato da
Loconte. Anche in tal caso è sufficiente rinviare a quanto esposto nel § 15
evidenziando in particolare che la valutazione sulla personalità dell’imputato
COGNOME, così come quella del coimputato COGNOME, è effettuata in motivazione sia nella descrizione complessiva e diffusa della capacità criminale
dimostrata nella reiterazione di fatti con la medesima tecnica criminosa sia per quanto riguarda l’equivalenza della recidiva contestata rispetto alle aggravanti
contestate, “essendo i reati sintomo di un’accentuata pericolosità sociale”. Di conseguenza non pare al Collegio che sia stata omessa la valutazione della
gravità dimostrata con la reiterazione del reato e che sia stata trattata in modo illogico rispetto alle emergenze processuali.
27.
In conclusione, si rigettano i ricorsi e si condannano i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15 novembre 2024
Il consigliere estensore