Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22977 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22977 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VITTORIO VENETO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi rigettarsi il ricorso, quanto ai primi due motivi, e annullarsi con rinvio la sentenza quanto al terzo motivo;
lette le conclusioni depositate dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente, in replica alle conclusioni della Procura AVV_NOTAIO, con le quali il difensore chiede accogliersi anche i primi due motivi di ricorso.
RITENUTO IIN FATTO
La Corte di appello di Venezia, con la sentenza emessa il 19 giugno 2023, riformava parzialmente quella del Tribunale di Treviso, dichiarando non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, per sopravvenuto difetto della condizione di procedibilità in ordine ai delitti di furto, con l’eccezione di quello contestato al capo A), ritenuto furto in abitazione per quanto consumato nel
capanno degli COGNOME attrezzi COGNOME qualificata COGNOME pertinenza COGNOME dell’abitazione COGNOME principale, imputazione residua per la quale si procede.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di tre motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il primo e il secondo motivo lamentano rispettivamente violazione di legge in relazione all’art. 624-bis cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alle denunce di furto acquisite.
In sostanza la Corte di appello avrebbe travisato le prove ritenendo il capanno, dal quale venne sottratta la refurtiva, quale pertinenza, mertre in denuncia acquisita sull’accordo delle parti – la persona offesa aveva indicato lo stesso staccato dall’abitazione, non risultando adeguata la motivazione ora impugnata, che riferisce nel caso in esame l’assenza di una destinazione funzionale e strutturale della pertinenza e la natura non privata degli atti posti in essere nel capanno.
Il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine all’aggravante della minorata difesa, per difetto di motivazione, contestata per aver consumato il delitto nottetempo, senza una risposta alle censure mosse con l’atto di appello sul punto.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, di. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, dl. n. 105 del 202, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’articolo 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall’art. 5-duodecies d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
Le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato.
Quanto al primo e al secondo motivo di ricorso, stredamente connessi, deve rilevarsi come la Corte di appello abbia correttamente chiarito, confermando la sentenza di primo grado, che il capanno degli attrezzi, ove erano posti gli utensili sottratti, risultava essere pertinenza dell’abitazione, in quanto annessa a quest’ultima.
A riguardo la Corte territoriale richiama in modo pertinente la giurisprudenza di legittimità.
Sul punto va evidenziato che per un verso i motivi, che insistono sulla natura non attigua del capanno, non si confrontano con l’orientamento che questo Collegio condivide, per cui, in tema di furto in abitazione, deve intendersi “pertinenza di luogo destinato a privata dimora” ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica all’immobile principale o, comunque, funzionalmente ad esso asservito e destinato al suo servizio od ornamento in modo durevole, non necessitando un rapporto di contiguità fisica tra i beni (Sez. 4 – , Sentenza n. 50105 del 05/12/2023 Rv. 285470 – 01; fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto natura pertinenziale a un garage, al servizio dell’abitazione principale, seppur ubicato in un diverso complesso condominiale, nell’ambito del medesimo territorio comunale; mass. conf.: N. 35764 del 2018 Rv. 273597 – 01, N. 5789 del 2020 Rv. 278446 – 01, N. 22937 del 2012 Rv. 253193 – 01).
Come anche le doglianze sono infondate, quanto alla natura dell’attività che si svolge nella pertinenza: atti di vita privata sono anche quelli lavorativi, come è nel caso in esame. Difetti, autorevolmente è stato osservato come, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale (Sez. U, Sentenza n. 31345 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270076 – 01; nello stesso senso, Sez. 5, n. 35677 del 10/06/2022, COGNOME, Rv. 283593 – 01 che ha affermato che, in tema di furto in abitazione, rientrano nella nozione di privata dimora i luoghi di lavoro preclusi all’accesso di terzi, nei quali si compiano, in maniera non occasionale, atti della vita privata in modo riservato).
Per altro, proprio la querela, alla quale fa riferimento il ricorso, riportandone uno stralcio, evidenzia come nella rimessa vi fossero gli attrezzi da lavoro della persona offesa.
Ne consegue l’infondatezza dei motivi.
Quanto al terzo motivo, invece, lo stesso è fondato, come osserva la Procura AVV_NOTAIO: a ben vedere, al fol 2 della sentenza impugnata la Corte territoriale dava atto che un motivo di censura inerente il capo A), ora in esame,
riguardava proprio l’insussistenza dell’aggravante dell’art. 61, comma 1, n. 5 cod. pen.
A riguardo la Corte di appello non ha reso alcuna risposta, né, come rileva il ricorrente, alcuna motivazione sul punto si rinviene nella sentenza di primo grado.
Pertanto, va annullata la sentenza con rinvio, dovendo il Giudice della fase rescissoria applicare il principio affermato da Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. 282095 – 01, che ha affermato che la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto.
Ne consegue il rigetto del ricorso quanto ai primi due motivi e l’annullamento per il giudizio in relazione al terzo motivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Venezia. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, 12/03/2024
Il Consigliere estensore
IyPresidente