Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21876 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21876 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/11/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Lette la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, cit., del AVV_NOTAIO Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso e, per il ricorrente, le conclusioni dell’AVV_NOTAIO per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Nei confronti NOME COGNOME veniva esercitata l’azione penale per il reato furto di un’autovettura aggravato dalla violenza sulle cose e dall’esposizione del bene alla pubblica fede. Con sentenza deliberata il 31/05/2022, il Tribunale di Fermo, escluse le circostanze aggravanti, proscioglieva l’imputata per mancanza di querela. Proponeva appello il Procuratore Generale denunciando erronea valutazione del quadro probatorio, errata qualificazione del fatto ed errata motivazione. Il 13/11/2023, la Corte di appello di Ancona ha ritenuto che il fatto sia stato commesso in un parcheggio condominiale chiuso, da considerarsi pertinenza di una privata dimora, con conseguente configurabilità del delitto di cui all’art. 624-bis cod. pen. e, rilevata la diversità del fatto contestato da quello emerso in giudizio, ha annullato la sentenza di primo grado, ordinando la trasmissione degli atti al Tribunale di Fermo.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Ancona ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia vizi di motivazione, in quanto il fatto non viene descritto e il capo di imputazione non risulta modificato, laddove solo conoscendo l’accusa contestata dal P.M. l’accusato può difendersi efficacemente, mentre la sentenza impugnata si è limitata a contraddire quella di primo grado.
2.2. Il secondo motivo lamenta carenza di motivazione, in quanto, nel sovvertire la sentenza di primo grado, la sentenza impugnata avrebbe dovuto esaminare tutte le prove per poterla annullare, mentre il riferimento al cortile condominiale si basa su una mera asserzione non documentata, mentre si doveva dar credito al capo di imputazione della Procura di Fermo, che sicuramente aveva fatto ricerche e indagini più approfondite della Procura Generale.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il AVV_NOTAIO Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione AVV_NOTAIO COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso. Per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
i.
Il ricorso non merita accoglimento. In premessa, mette conto sottolineare che quella adottata dalla Corte distrettuale è una decisione meramente processuale, fondata sull’accertata difformità tra imputazione ed emergenze processuali.
Ciò premesso, il primo motivo è privo di fondamento: tutto incentrato sul ruolo e sulla centralità, ai fini dell’effettività dell’esercizio del diritto di di dell’imputazione, esso trascura di considerare che proprio dalla sua riscontrata difformità rispetto al fatto così come accertato in dibattimento è scaturita la decisione impugnata.
Quanto al secondo motivo, escluso che la prova della natura condominiale dell’area in cui si trovava parcheggiata l’auto rubata richieda – in guisa, per così dire, di “prova legale” – una documentazione catastale, gli elementi dai quali tale natura è stata argomentata sono simmetrici a quelli che avevano condotto il giudice di primo grado ad escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede: invero, la sentenza di primo grado aveva accertato che l’autovettura era stata parcheggiata all’interno del parcheggio condominiale regolarmente chiuso e delimitato da un cancello accessibile con un sistema di telecomando posseduto dai soli condomini.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 09/05/2024.