Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 642 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 642 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il 20/07/1989
avverso la sentenza del 17/02/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del il Pubblico Ministero, in persona del Sostitut Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza emessa il 16/02/2017 dal Tribunale di Alessandria all’esito di giudizio abbreviato, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione ed C 400,00 di multa in relazione ai reati previsti dagli artt. 110, 81 cpv., 624-bis e 625, n.2, cod.pen. (capo A), dall’art.13, comma 13, del d.lgs. n.286 del 1998 (capo B), dagli aritt. 110 e 648 cocl.pen. (capo C) e dagli artt. 110, 81 cpv., 56, 624-bis e 625, n.2, cod.pen. (capo D), contestati – i reati di cui ai capi A, C e D – in concorso con NOME COGNOME già giudicato in modo definitivo.
La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata dal Tribunale’ dalla quale risultava che, a seguito di un controllo effettuato il 6/10/2016 su una vettura poi risultata rubata e occupata dai due predetti imputati, all’interno del mezzo erano stati rinvenuti numerosi oggetti, tra cui materiale per l’edilizia e il giardinaggio, biciclette e altro; che, su indicazione dell stesso COGNOME, era stato accertato che il materiale era stato sottratto all’interno di un garage condominiale, nel quale erano stati trovati forzati diciassette box; essendo altresì risultato che il Vukaj era stato destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, coattivamente eseguito il 2/04/2015.
La Corte ha quindi ritenuto infondato il motivo con il quale era stata chiesta la derubricazione dei reati contestati ai capi A e D sotto la specie del furto semplice, atteso che i box auto dovevano considerarsi pertinenza di privata dimora, integrandosi quindi il requisito distintivo previsto daWart.624-5is cod.pen.; ha altresì ritenuto infondato il motivo di appello inerente alla contestazione operata ai sensi dell’art.648 cod.pen., ritenendo lo stesso pacificamente integrato anche sotto il profilo soggettivo, essendo la vettura suddetta stata acquistata al prezzo di soli C 250,00 e attesa la compatibilità della fattispecie con il dolo eventuale; ha quindi ritenuto infondato il motivo di appello riguardante il trattamento sanzionatorio, essendo la pena stata determinata in misura estremamente contenuta rispetto al trattamento edittale.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per c:assazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto l’erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., in relazione all’affermazione di responsabilità penale e vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sul punto; ha censurato la valutazione della Corte territoriale in ordine
all’affermazione della responsabilità relativamente alle fattispecie ascritte a A e D, in riferimento al loro inquadramento sotto la specie di quella previ dall’art.624-bis cod.pen. e alla qualificazione dei box nell’ambito dei luogh privata dimora.
Con il secondo motivo ha dedotto l’erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., in relazione alla manc applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art.131-bis cod.pen.; dedotto che la Corte territoriale non aveva esplicato alcuna motivazione sul punt e ha argomentato in ordine all’applicabilità dell’articolo richiamato alla dell’occasionalità della condotta tenuta dall’imputato, anche in riferimento dedotta debolezza dell’elemento soggettivo in riferimento al reato di ricettazion
Con il terzo motivo ha dedotto la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc. in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio; ha dedotto come la Corte territoriale non avesse argomentato in ordine alle modalità del calcolo del pena, non consentendo quindi l’adeguato controllo sull’operato del Giudice.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo deve ritenersi inammissibile in quanto affetto da evidente aspecificità estrinseca; tanto in relazione al principio in base al quale tanto l’a quanto il ricorso per cassazione sono inammissibili per difetto di specificità motivi (in relazione all’art.581, comma 1, lett.d), cod.proc.pen.) quando n risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restand che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttame proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822).
Nel caso di specie, nel dedurre genericamente in ordine alla dedotta inapplicabilità dell’art.624-bis cod.pen., il motivo di impugnazione ha del tu omesso di confrontarsi con le ragioni giuridiche addotte dalla Corte territoria che, nel richiamare la giurisprudenza formatasi sul punto (Sez. 2, n. 22937 d 29/05/2012, COGNOME, Rv. 253193; Sez. 5, n. 35764 del 27/03/2018, C., Rv.
273597; Sez. 4, n. 5789 del 04/12/2019, dep. 2020, COGNOME Rv. 278446) ha rilevato come integra il reato previsto dall’art. 624-bis cod. pen condotta di chi si impossessa di beni mobili introducendosi all’interno di un gar mediante la forzatura della porta d’ingresso, trattandosi di luogo che costituis ai sensi della fattispecie incriminatrice – pertinenza dell’abitazione, compiono in maniera non occasionale atti della vita privata, e che non è accessibi senza il consenso del titolare.
Anche il terzo motivo incorre nel medesimo vizio di aspecificità estrinseca, avendo lo stesso del tutto omesso di confrontarsi con le ragioni che la Cor territoriale – nel rigettare il relativo motivo di appello – ha posto alla b trattamento sanzionatorio, tra l’altro deducendo (in evidente contraddizione con testo della motivazione) che il giudice di appello non avrebbe specificato il crit di calcolo seguito per la determinazione della pena.
Sul punto, difatti, la Corte ha specificamente rilevato che la pena per il r più grave (ovvero quello di ricettazione) era stata determinata nel minimo editta e che l’aumento per gli ulteriori reati contestati ai sensi dell’art.624-bis c e per quello previsto dall’art.13, comma 13, digs. n.286 del 1998 era sta determinato in misura assai contenuta; dovendosi anche richiamare, sul punto, il consolidato principio in base al quale non è necessaria una specifica e dettagli motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto del media edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288).
Il secondo motivo, relativo alla causa di applicazione della causa di no punibilità prevista dall’art.131-bis cod.pen., è altresì inammissibile non essend relativa questione stata sollevata in sede di motivi di appello.
Sul punto, va difatti ricordato che la causa di esclusione della punibilità pe particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta la prima volta in cassazione, se tale disposizione era già in vigore alla data deliberazione della sentenza di appello, ostandovi la previsione di cui all’art. comma 3, cod. proc. pen. e né sul giudice di merito grava, in difetto di u specifica richiesta, alcun obbligo di motivazione sul punto (Sez. 2, n. 21465 20/03/2019, Semmah, Rv. 275782; Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282773).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugn 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie,
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il President Il Consigliere estensore