Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8593 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8593 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a POZZUOLI il 01/11/1959 COGNOME nato a ROMA il 26/08/1961
avverso fa sentenza del 10/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
fette ie conclusioni del PG COGNOME che chiesto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Roma, che ha confermato la decisione del Tribunale di Cassino nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarati colpevoli di concorso in tentato furto aggravato in luogo di privata dimora, per essersi introdotti all’interno di una farmacia attraverso la creazione di un foro nella parete laterale della struttura, compiendo così atti diretti a impossessarsi delle cose mobili presenti all’interno dei locali, evento non verificatosi per essersi attivato il sistema di allarme.
2. Il ricorso per cassazione è affidato al comune difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME il quale, con il medesimo atto, svolge un unico motivo, enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att cod.proc.pen., dolendosi della qualificazione giuridica data al fatto. Si sostiene, infatti, alla luce della evocata giurisprudenza, che la fattispecie concreta in esame non consenta di ritenere che i luoghi al cui interno i correi si sono introdotti siano configurabili quali luoghi di privata dimora, secondo le coordinate delineate dalla giurisprudenza. Il tentativo di furto è stato, infatti, perpetrato in orario notturno, in assenza di persone, e il foro di accesso è stato praticato in prossimità della parte retrostante alla cassa, zona esposta all’accesso del pubblico. Trattasi, dunque, di pertinenza non rientrante nei luoghi in cui possano svolgersi, neppure astrattamente, atti di vita privata connessi all’attività iavorativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO.
ricorsi non sono fondati.
1.Preliminarmente, occorre dare atto che il difensore ricorrente ha formulato istanza di rinvio fondata sulla prospettazione di una violazione del contraddittorio, per il mancato invio al difensore, da parte della cancelleria, delle conclusioni del Procuratore generale, tempestivamente depositate, essendo stato, viceversa, solo comunicato l’avvenuto deposito. L’istanza è stata rigettata, con ordinanza resa al verbale, con la motivazione che “non sussiste la lamentata violazione atteso che il vigente art. 611 cpp non prevede alcun obbligo di comunicazione da parte della cancelleria in merito alle conclusioni delle parti, il cui deposito e’ regolamentato dallo stesso art. 611; rilevato che il difensore e’ posto ex lege a conoscenza dell’adempimento in oggetto, da parte dell’ufficio di Procura nel rispetto di precise cadenze temporali, e che eventuali violazioni del contraddittorio sarebbero invocabili solo in relazione alla violazione dei detti adempimenti come regolati dal/’art. 611; rilevato che la conoscenza e l’acquisizione di atti del fascicolo e’ regolata dall’art. 116 cpp; rilevato che tale complessiva valutazione e’ conforme anche a provvedimenti organizzativi condivisi all’interno della Suprema corte, ed
adottati al fine di non violare la disciplina in materia di responsabilita’ contabile; il collegio rigetta l’istanza.”
Come premesso, il ricorso svolge un’unica doglianza riferita all’errore giuridico circa la qualificazione del delitto quale tentativo di furto in abitazione, sostenendosi, sulla base di richiami giurisprudenziali, che il fatto andrebbe riqualificato in furto tentato ai sensi degli artt. 56-624 cod. pen., a cui conseguirebbe l’effetto della non procedibilità per carenza di querela.
2.1. La sentenza impugnata, nel ritenere la qualifica di furto in luogo di privata dimora, ha osservato che, dallo stato dei luoghi, emerge che la condotta è stata posta in essere in un locale di servizio, non accessibile al pubblico, separato dalla farmacia da una parete dalla quale, attraverso un foro si accede
alla parte retrostante la cassa, dove si trovano gli scaffali con i farmaci. Trattandosi di parti dell’immobile alle quali il pubblico non ha accesso, aventi i caratteri di pertinenza di abitazione privata all’interno dei quali si svolgono atti della vita privata e strumentali allo svolgimento dell’attività commerciale della farmacia, la Corte di appello ha ritenuto che detti locali rientrino nella nozione di privata dimora o pertinenze di essa come declinata dalla giurisprudenza di legittimità.
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto che governato la materia.
3.1. GLYPH Gli GLYPH elementi GLYPH delineati GLYPH dalla GLYPH giurisprudenza GLYPH costituzionale GLYPH come caratterizzanti il “domicilio” e ritenuti indefettibili per garantire la copertur costituzionale dell’art. 14 Cost.,( ovvero che si tratti di un luogo in cui sia inibito l’accesso ad estranei e sia tale da garantire la riservatezza ovvero la impossibilità di essere “percepito” dall’esterno anche senza necessità di una intrusione fisica) sono stati evidenziati già nella sentenza delle Sezioni Unite n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234269, secondo cui per « luogo di privata dimora», deve intendersi quello adibito ad esercizio di attività che ognuno ha il diritto di svolgere liberamente e legittimamente, senza turbativa da parte di estranei, precisando che il concetto di domicilio individua un particolare rapporto con il luogo in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza. Questo non implica, peraltro, che tutti i locali dai quali il possessore abbia diritto di escludere le persone a lui non gradite possano considerarsi luoghi di privata dimora, in quanto lo ius excludendi alios rilevante ex art. 614 cod. pen., non è fine a sè stesso, ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza, nello svolgimento di alcune manifestazioni della vita privata della persona, che l’art. 14 Cost. garantisce, proclamando l’inviolabilità del domicilio, cosicchè, « il concetto di domicilio non può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a
garantire intimità e riservatezza» ( Sez. Un. COGNOME, cit.; conf. Sez. 6, n. 49286 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265703; Sez. 6, n. 1707 del 10/11/2011, dep. 2012, Trapani, Rv. 251563; Sez. 1, n. 24161 del 13/05/2010, Accomando, Rv. 247942; Sez. 1 n. 30566 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276603).
3.2. In un successivo approdo, le Sezioni Unite hanno esaminato specificamente la questione della applicabilità della nozione di privata dimora di cui all’art. 624 bis cod. pen. ai luoghi di lavoro, ed hanno affermato che «Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale» (Sez. Un., n. 31345 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270076). Secondo tale ultima pronuncia, gli indici ai quali ancorare la classificazione di un luogo come di privata dimora sono tre: «a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare».
3.3. Nel valutare la applicabilità delle coordinate ermeneutiche delineate in relazione alla nozione di privata dimora, contenuta nell’art. 624-bis cod. pen., ai luoghi di lavoro, le Sezioni Unite, sulla premessa che «E’ indiscutibile che nei luoghi di lavoro il soggetto compia atti della vita privata» hanno confermato l’orientamento che interpreta la disciplina dettata dall’art. 624-bis cod. pen. come estensibile ai luoghi di lavoro soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione (accertamento questo riservato ai giudici di merito).
3.4. Potrà, quindi, essere riconosciuto il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro se in essi, o in parte degli stessi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento – Sez. Un. “COGNOME“, cit.).
3.5. Nella successiva giurisprudenza di legittimità, si è conseguentemente escluso che possa considerarsi luogo di privata dimora ogni luogo al quale è consentito l’accesso ad un numero indiscriminato di persone, come nel caso di una stanza di degenza di un ospedale (Sez. 5 n. 53200 del 11/10/2018, COGNOME, Rv. 274592, conf. Sez. 6, n. 22836 del 13/05/2009, COGNOME, Rv. 244148), o di una caserma ( Sez. 1 – , n. 30566 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276603), o ancora, in coerenza con tale linea ricostruttiva, le decisioni con le
quali si è negata la qualità di luogo di privata dimora, ai locali di un istituto scolastico (Sez. 6, n. 14150 del 14/02/2019, M., Rv. 275464), a una agenzia di pompe funebri (Sez. 4, n. 45323 del 12/12/2002, dep. 2003, Tripodo, Rv. 226887), all’ufficio di un Sindaco (Sez. 2, n. 2873 del 21/04/1997, Viveri, Rv. 208756).
3.6. Al contrario, si è ravvisata una tale connotazione nella stanza di degenza di una casa di riposo, trattandosi di luogo destinato ad uno stabile utilizzo da parte dei degenti e al quale è interdetto l’accesso di terzi (Sez. 5 n. 1555 del 15/10/2019 (dep. 2020), COGNOME, Rv. 278135) o in luoghi non pubblici, diversi dall’abitazione, che servano all’esplicazione della vita professionale, culturale e politica (Sez. 5, n. 50192 del 04/11/2019, Amoresano, Rv. 277959 con riferimento ai locali di un’agenzia in cui l’utilizzatore svolgeva attività professionale), nonché, sul presupposto che ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis cod. pen., la nozione di privata dimora è più ampia di quella di abitazione, riferendosi al luogo in cui la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata, si è ritenuto che esso può essere rappresentato anche da un bene mobile, quale la cabina di un camion, adibita a camera da letto ( Sez. 4 n. 48767 del 24/10/2019, Topcic, Rv. 277875).
3.7. Coerente con tali coordinate ermeneutiche, la giurisprudenza, pur se antecedente ai richiamati approdi del massimo consesso di legittimità, formatasi in casi analoghi a quello in scrutinio, ovvero di furto ai danni di farmacie; si è, infatti, considerato che, in tanto la fattispecie di cui all’art. 624bis cod. pen. può essere ritenuta in quanto la condotta di furto si indirizzi nei confronti di quelle parti dell’immobile che, avendo le caratteristiche evidenziate dalla giurisprudenza sopra richiamate, possono essere qualificate privata dimora, nel senso che è tale “la condotta del soggetto che, per commettere un furto, si introduca all’interno di una farmacia, soltanto quando l’introduzione clandestina avvenga nelle parti dell’immobile destinati, per l’uso che in concreto ne è fatto, a privata dimora, vale a dire quale luogo non pubblico in cui le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti di vita privata ancorché non necessariamente coincidenti con quelle propriamente domestiche o familiari ma identificabili anche con attività produttiva, GLYPH professionale, GLYPH culturale GLYPH o politica”.(Sez. 4, n. 51749 del 13/11/2014, Rv. 261577).
3.8. Tale interpretazione, infatti, aderisce alla nozione di privata dimora riferibile ai luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata – compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale – e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare.( Sez. 5, n. 34475 del 21/06/2018 Rv. 273633 in una fattispecie nella quale ia
Corte ha ritenuto corretta la qualificazione ex art. 624-bis cod. pen. del furto commesso di notte all’interno di uno studio legale, ricorrendo i presupposti dello “ius excludendi alios”, dell’accesso non indiscriminato al pubblico e della presenza costante di persone, anche eventualmente in orario notturno, essendo il titolare libero di accedervi in qualunque momento della giornata).
Calando tali principi nella vicenda concreta in esame, ritiene il Collegio che la Corte territoriale si sia correttamene determinata, appunto, osservando come i luoghi presi di mira fossero, per un verso, destinati allo svolgimento di attività strumentali all’esercizio della farmacia e dall’altro pertinenze di abitazione privata (“il locale a piano terreno attraverso il quale è stato praticato il foro per accedere alla farmacia”).
4.1. In sostanza, per quanto emergente dalla sentenza impugnata, i locali adibiti a farmacia, ovvero alla rivendita di medicinali, con accesso indiscriminato degli utenti, si sono rivelati intercomunicanti con alcuni vani, in parte asserviti allo svolgimento dell’attività commerciale, come di norma accade per ogni farmacia, generalmente adibiti a deposito o stoccaggio di medicinali – trattandosi di luoghi di lavoro nei quali si compiono, in maniera non occasionale, atti della vita privata in modo riservato, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare – altri aventi natura pertinenziale di abitazione privata, all’interno dei quali gli agenti sono penetrati, con la conseguente ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 624 bis cod. pen., ricorrendo i presupposti dello “ius excludendi alios”, dell’accesso non indiscriminato al pubblico e della presenza di persone, anche eventualmente in orario notturno, essendo il titolare libero di accedervi in qualunque momento della giornata.
4.2. La Corte di appello ha correttamente motivato sul delitto in esame con conseguente infondatezza del ricorso, a cui consegue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta l’istanza di rinvio come da verbale, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 19 dicembre 2024
Il Consigliere e COGNOME sore -t-q