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Furto in farmacia: quando è reato in privata dimora?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un tentativo di furto in farmacia, avvenuto di notte in un locale non accessibile al pubblico, integra il reato di tentato furto in privata dimora. La sentenza chiarisce che anche le aree di un esercizio commerciale, come un retrobottega o un magazzino, sono considerate privata dimora se in esse si svolgono attività private, anche di natura professionale, e l’accesso a terzi è precluso. Di conseguenza, il reato è più grave e procedibile d’ufficio, respingendo la tesi della difesa che mirava a derubricarlo a furto semplice per mancanza di querela.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in farmacia: quando si configura il reato aggravato di furto in privata dimora?

Un recente caso di furto in farmacia ha portato la Corte di Cassazione a ribadire e consolidare un principio fondamentale del diritto penale: la nozione di “privata dimora” non si limita alle mura domestiche, ma si estende a tutti quei luoghi in cui si svolge la vita privata di un individuo, inclusa quella professionale. Questa sentenza chiarisce i confini dell’articolo 624-bis del codice penale, con importanti implicazioni per la tutela di esercizi commerciali e studi professionali.

I Fatti del Caso: Il Tentativo di Furto Notturno

Il caso ha origine da un tentativo di furto ai danni di una farmacia. Due individui, agendo di notte, si sono introdotti nei locali creando un foro nella parete laterale della struttura. Il loro obiettivo era impossessarsi dei beni presenti all’interno, ma il piano è stato sventato dall’attivazione del sistema di allarme. Condannati in primo e secondo grado per tentato furto aggravato in luogo di privata dimora, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata qualificazione giuridica del fatto.

La Tesi Difensiva: Una Farmacia Non è un’Abitazione

La difesa ha argomentato che il luogo in cui è avvenuta l’intrusione – un locale di servizio della farmacia, non accessibile al pubblico e retrostante la cassa – non potesse essere considerato “privata dimora”. Secondo i ricorrenti, trattandosi di un locale commerciale, per di più violato in orario notturno e in assenza di persone, il reato avrebbe dovuto essere qualificato come tentato furto semplice. Questa differente qualificazione avrebbe comportato la non procedibilità dell’azione penale per mancanza di querela da parte della persona offesa.

L’Analisi della Corte sul furto in farmacia e la nozione di Privata Dimora

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno svolto un’approfondita analisi del concetto di “privata dimora”, richiamando i principi consolidati dalla giurisprudenza, in particolare dalle Sezioni Unite.

Il punto centrale è che la tutela penale garantita dall’art. 624-bis c.p. si estende oltre la semplice abitazione. Essa comprende tutti i luoghi dove si svolgono atti della vita privata, caratterizzati da tre elementi chiave:

1. Utilizzazione per manifestazioni della vita privata: Il luogo deve essere usato per attività come riposo, svago, studio, ma anche per l’attività professionale e lavorativa, purché svolte in modo riservato.
2. Stabilità del rapporto: Deve esistere un rapporto non meramente occasionale tra la persona e il luogo.
3. Non accessibilità a terzi: L’accesso al luogo deve essere precluso a terzi senza il consenso del titolare (il cosiddetto ius excludendi alios).

Nel caso specifico del furto in farmacia, la Corte ha osservato che i ladri si erano introdotti in un locale di servizio, separato dall’area di vendita e non accessibile al pubblico. Sebbene parte di un’attività commerciale, questo spazio è destinato allo svolgimento di atti strumentali all’attività lavorativa, che rientrano a pieno titolo nella sfera della vita privata del titolare. Si tratta di un’area in cui il farmacista compie atti professionali al riparo da ingerenze esterne e dove ha il pieno diritto di escludere chiunque.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che i locali presi di mira, essendo intercomunicanti con l’area di vendita ma ad essa funzionali e al contempo riservati, possiedono le caratteristiche della pertinenza di una privata dimora. Essi sono luoghi di lavoro dove si compiono, in maniera non occasionale, atti della vita privata in modo riservato, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare. La circostanza che il furto sia avvenuto di notte non cambia la natura del luogo, poiché il titolare conserva la libertà di accedervi in qualsiasi momento. Pertanto, l’intrusione in tali spazi integra la fattispecie aggravata di furto in luogo di privata dimora.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un importante principio a tutela di commercianti e professionisti. Stabilisce chiaramente che la protezione rafforzata contro i furti non riguarda solo le case, ma anche i luoghi di lavoro come retrobottega, magazzini, uffici privati e studi professionali, a condizione che tali aree non siano aperte indiscriminatamente al pubblico. Di conseguenza, un furto in farmacia o in un altro esercizio commerciale, se commesso in queste aree riservate, sarà sempre perseguito d’ufficio come reato aggravato, garantendo una maggiore protezione giuridica contro le intrusioni illecite.

Un furto in un negozio o in una farmacia è sempre considerato furto in abitazione?
No, non sempre. Lo diventa solo se l’intrusione avviene in aree non accessibili al pubblico (come un retrobottega, un magazzino o un ufficio privato) dove si svolgono attività legate alla vita privata, anche se di natura professionale, e dove il titolare ha il diritto di escludere terzi.

Cosa si intende esattamente per ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto?
Secondo la Corte di Cassazione, per ‘privata dimora’ si intende qualsiasi luogo, non solo l’abitazione, in cui una persona svolge manifestazioni della propria vita privata (inclusa quella lavorativa) in modo riservato, al riparo da intrusioni esterne e con la facoltà di impedire l’accesso ad altri.

Perché in questo caso il reato è stato qualificato come aggravato e non come furto semplice?
Il reato è stato qualificato come tentato furto aggravato ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale perché l’intrusione è avvenuta nel retro della farmacia, un’area considerata dalla Corte come ‘privata dimora’. Questa qualificazione rende il reato più grave e procedibile d’ufficio, a differenza del furto semplice che, in molti casi, richiede la querela della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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