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Furto in androne condominiale: è furto in abitazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 26 febbraio 2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione. Il caso riguardava il furto di una bicicletta e la Corte ha ribadito che il furto in androne condominiale si configura come furto in abitazione, in quanto l’androne è considerato pertinenza di privata dimora, confermando un orientamento consolidato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in androne condominiale: quando è furto in abitazione?

Il furto in androne condominiale rappresenta una casistica frequente che solleva importanti questioni sulla corretta qualificazione giuridica del reato. È un semplice furto o rientra nella più grave fattispecie di furto in abitazione? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’ulteriore conferma a un principio ormai consolidato, stabilendo che sottrarre un bene, come una bicicletta, dall’androne di un palazzo costituisce reato di furto in abitazione ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale.

I fatti del caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato sia in primo grado sia in appello per il delitto di furto in abitazione. L’imputato aveva sottratto una bicicletta situata nell’androne di un edificio residenziale. Ritenendo errata la qualificazione giuridica del fatto, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali: un presunto vizio di motivazione sulla sua responsabilità e, soprattutto, l’errata applicazione della legge penale. A suo avviso, l’androne condominiale non poteva essere considerato ‘privata dimora’ o pertinenza della stessa, e quindi il reato avrebbe dovuto essere derubricato a furto semplice.

La qualificazione del furto in androne condominiale

La difesa del ricorrente si è concentrata sulla natura dell’androne condominiale. Sosteneva che, essendo un’area comune di passaggio, non potesse godere della stessa tutela giuridica di un’abitazione privata. Di conseguenza, il furto commesso in tale luogo non avrebbe dovuto integrare la fattispecie aggravata prevista dall’art. 624-bis c.p., ma quella meno grave del furto semplice.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. In primo luogo, ha giudicato il motivo relativo alla responsabilità come generico e volto a una non consentita rivalutazione dei fatti, confermando che le prove raccolte nei gradi di merito erano univoche e sufficienti. Sul punto cruciale della qualificazione giuridica, la Corte ha ribadito con fermezza il proprio orientamento consolidato.

Le motivazioni

I giudici hanno spiegato che l’androne di un edificio destinato ad abitazioni costituisce a tutti gli effetti una pertinenza di privata dimora. Il concetto di ‘privata dimora’ è ampio e non si limita all’appartamento in cui si vive, ma si estende a tutti quegli spazi, come cantine, garage e, appunto, androni, dove si svolgono atti della vita privata o che sono funzionalmente collegati all’abitazione. L’androne, infatti, rappresenta il primo spazio che tutela la sfera privata degli abitanti dell’edificio dal mondo esterno, ed è un’area strumentale al godimento delle singole unità abitative. Pertanto, introdursi in tale spazio per commettere un furto viola la privacy e la sicurezza domestica protette dalla norma sul furto in abitazione. La Corte ha richiamato una sua precedente sentenza (n. 1278 del 2018) che aveva già chiarito questo principio in un caso analogo.

Le conclusioni

La decisione conferma che la tutela penale della proprietà e della privacy all’interno degli spazi condominiali è molto forte. Chi commette un furto nell’androne, nel cortile, nelle cantine o in altre aree pertinenziali di un condominio non risponderà di furto semplice, ma del più grave reato di furto in abitazione, con conseguenze sanzionatorie significativamente più pesanti. Questa ordinanza serve come monito e chiarisce, ancora una volta, i confini del concetto di privata dimora, estendendoli a tutte le aree che ne costituiscono un’immediata pertinenza, rafforzando così la sicurezza degli spazi condominiali.

Perché il furto in un androne di condominio è considerato furto in abitazione?
La Corte di Cassazione stabilisce che l’androne di un edificio ad uso abitativo è considerato una ‘pertinenza di privata dimora’. Pertanto, chi si impossessa di un bene in tale luogo commette il reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.), in quanto viola uno spazio funzionalmente legato alla vita privata degli inquilini.

Cosa si intende per ‘pertinenza di privata dimora’ secondo la giurisprudenza?
Per pertinenza di privata dimora si intende qualsiasi luogo, anche se non adibito ad abitazione, che sia strumentale e accessorio al godimento della dimora stessa. Esempi includono l’androne, le scale, le cantine e i garage, poiché sono spazi in cui si svolgono attività legate alla vita privata o che ne costituiscono un’estensione.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per dimostrare la propria innocenza?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare i fatti o le prove del processo. Può solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Tentare una rivalutazione dei fatti in Cassazione porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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