Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14429 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14429 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che le parti non hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, da ultimo, in forza dell’art. 17 del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito, con modificazioni, nella legge 10 agosto 2023, n. 112.
Letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., del Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cessazione NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Nei confronti di NOME COGNOME NOME è stata esercitata l’azione penale per il reato di furto in abitazione aggravato dalla violenza sulle cose. Con sentenza deliberata il 29/11/2018, il Tribunale di Sassari, assolse l’imputato dal reato ascrittogli, per non aver commesso il fatto, mentre, con sentenza del 23/05/2023, la Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, investita dall’impugnazione del pubblico ministero, in riforma della sentenza di primo grado ha affermato la responsabilità dell’imputato per detto reato, condannandolo alla pena di giustizia.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, attraverso il difensore AVV_NOTAIO, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 581 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’appello del pubblico ministero, che non enunciava i capi e i punti oggetto di impugnazione e le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della stessa, ma si limitava a una generica doglianza circa la valutazione delle prove, risolvendosi in una mera istanza di perizia, da ritenersi inammissibile in quanto tardiva.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine alle risultanze di cui alla perizia disposta nel giudizio di appello. Sussiste una difformità tra i risultati desumibili dalla prova e quelli tratti dal giudicante, in quanto non può essere chiesto a una persona media dove si trovava e il momento esatto di smarrimento di un telefono cellulare, a distanza di più di tre anni e mezzo, sicché le dichiarazioni dell’imputato andavano valutate con un margine di approssimazione, avendo egli ricordato che gli sparì qualche giorno prima del furto e dal mezzo di lavoro, tanto più che la stessa perizia conferma che l’imputato era impegnato in attività lavorativa nell’azienda di famiglia.
Con requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. mod., il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
1.1. In premessa, mette conto sottolineare che i giudici di merito, in estrema sintesi, hanno richiamato la testimonianza della persona offesa, la quale ha riferito che il 18/03/2015 fece ritorno nella propria villetta e si accorse che ignoti vi si erano introdotti attraverso delle effrazioni e sottraendo vari beni: la persona offesa si era accorta che su un tavolino dell’abitazione vi era uno smartphone, evidentemente dimenticato dagli autori del furto, che fu identificato come appartenente all’imputato, il quale ha dichiarato che il cellulare pochi giorni prima del furto gli era stato rubato mentre si trovava all’interno dell’auto parcheggiata sul posto di lavoro e che non aveva denunciato il furto come già in occasione dello smarrimento di altri cellulari.
Il primo motivo non è fondato. L’impugnazione del pubblico ministero censurava la mancata valutazione complessiva delle prove (tra l’altro, lo smarrimento del cellulare in concomitanza del furto, il recupero dello stesso ad opera dell’autore del furto, la sua utilizzazione senza cambiare la scheda, la dimenticanza nel luogo del furto in abitazione), concludendo per l’espletamento di una perizia sul cellulare. L’appello era dunque specifico, censurando puntualmente il ragionamento probatorio alla base della pronuncia assolutoria, mentre la statuizione sulla perizia è in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello può ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228 – 01; conf., ex plurimis, Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 237410 – 01). Ne consegue l’infondatezza del motivo.
3. Anche il secondo motivo non è fondato.
La sentenza di primo grado, in sintesi, aveva rilevato che il rinvenimento del cellulare sul luogo del delitto non era elemento sufficiente a giustificare l’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Il compendio probatorio valutato dal giudice di appello è stato sensibilmente arricchito dalle risultanze di cui alla perizia: il giorno prima del furto, dall’utenz in uso esclusivo all’imputato erano state registrate otto chiamate in uscita, due
in entrattk verso vari numeri memorizzati nel dispositivo; il giorno del furto risultavano effettuate due chiamate a utenze individuate e altre due senza risposta pure individuate. Rileva dunque la sentenza impugnata che nei tre giorni precedenti quello del furto e fino a ora di pranzo del giorno della sua commissione sono stati scambiati messaggi e telefonate, oltre che attività telematiche di vario genere, dall’utenza in uso a RAGIONE_SOCIALE verso persone a lui conosciute, numeri inseriti e registrati nella rubrica del suo cellulare, il che – i uno con altri dati qui non riportati per esigenze di sintesi – rende il quadro probatorio a carico dell’imputato incontrovertibile.
Il ricorso non mette correttamente a fuoco la ratio decidendi del provvedimento impugnato, posto che, attraverso i dati raccolti attraverso la perizia, la sentenza impugnata ha escluso in radice la tesi difensiva circa il furto (o lo smarrimento) del cellulare, sicché perdono di consistenza le deduzioni circa la precisione o meno del ricordo in ordine al momento o al luogo della perdita del possesso del cellullare stesso.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 01/03/2024.