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Furto in abitazione: querela non necessaria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1925/2025, ha annullato una decisione di primo grado che dichiarava un caso di furto in abitazione improcedibile per mancanza di querela. La Suprema Corte ha ribadito che, anche dopo la Riforma Cartabia, questo reato rimane procedibile d’ufficio, poiché la modifica normativa ha interessato il furto semplice aggravato e non la fattispecie specifica dell’art. 624 bis c.p., che include anche le pertinenze come i cortili.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Abitazione: la Cassazione Conferma la Procedibilità d’Ufficio

La recente Riforma Cartabia ha introdotto significative modifiche al regime di procedibilità di alcuni reati, ma non per il furto in abitazione. Con la sentenza n. 1925 del 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il reato previsto dall’art. 624 bis del codice penale resta procedibile d’ufficio. Ciò significa che lo Stato deve perseguire il colpevole anche senza una querela da parte della vittima. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Furto in un Cortile

Il caso ha origine da un furto avvenuto nel cortile di pertinenza di un’abitazione privata. L’imputato si era introdotto nello spazio scavalcando un muretto di recinzione e si era impossessato di due oggetti in pietra lavica lavorati artigianalmente. In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato di non doversi procedere contro l’imputato, ritenendo che mancasse una condizione fondamentale: la querela.

La Decisione del Tribunale e il Ricorso del PM

Il giudice di primo grado aveva basato la sua decisione sull’impatto della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), la quale ha esteso la necessità della querela a diverse ipotesi di furto. Secondo il Tribunale, poiché il fatto era avvenuto prima dell’entrata in vigore della riforma ma la querela presentata non era valida (in quanto sporta da un soggetto non legittimato), l’azione penale non poteva proseguire.

Contro questa sentenza, il Procuratore Generale ha proposto un ricorso diretto in Cassazione (ricorso per saltum), sostenendo un errore di diritto. L’accusa ha evidenziato che il furto in abitazione (art. 624 bis c.p.) non è mai stato interessato dalla modifica legislativa e ha sempre mantenuto la sua procedibilità d’ufficio, data la particolare gravità della violazione della sfera privata.

La Procedibilità del Furto in Abitazione Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del Pubblico Ministero. I giudici supremi hanno chiarito in modo inequivocabile che la Riforma Cartabia ha modificato il regime di procedibilità per il furto semplice aggravato (art. 624 c.p.), ma non ha minimamente toccato la disciplina del furto in abitazione.

La scelta del legislatore di mantenere la procedibilità d’ufficio per l’art. 624 bis c.p. risiede nella volontà di accordare una tutela rafforzata ai luoghi di privata dimora, considerati inviolabili. L’introduzione nel domicilio altrui per commettere un furto manifesta una pericolosità sociale tale da giustificare l’intervento dello Stato a prescindere dalla volontà della vittima.

Il Concetto Esteso di Privata Dimora nel Furto in Abitazione

La Corte ha inoltre colto l’occasione per ribadire l’ampia nozione di “privata dimora”. Questa non si limita alle mura domestiche, ma si estende a tutti i luoghi in cui una persona compie atti della vita privata, anche se in modo transitorio. Rientrano in questa categoria anche le “pertinenze”, come cortili, giardini, garage e studi professionali.

Nel caso specifico, il furto era avvenuto nel cortile di pertinenza dell’abitazione, uno spazio funzionalmente collegato alla casa e destinato ad attività complementari della vita privata. Pertanto, l’azione criminosa rientrava a pieno titolo nella fattispecie del furto in abitazione, confermando l’errore del giudice di primo grado.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha fondato la sua decisione su una chiara interpretazione letterale e sistematica delle norme. L’art. 624 bis c.p. è una norma autonoma e non è stata oggetto di modifica da parte del D.Lgs. 150/2022 per quanto riguarda la procedibilità. Il Tribunale ha erroneamente applicato una nuova disciplina a una fattispecie che ne era esclusa, violando la legge.

La Corte ha specificato che il concetto di “privata dimora” e delle sue pertinenze è stato volutamente ampliato dal legislatore per allinearlo a quello di domicilio (art. 614 c.p.), estendendo così la tutela penale a tutti gli spazi che costituiscono la sfera privata dell’individuo. Di conseguenza, il Tribunale non avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità, ma procedere con il giudizio di merito.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Catania per un nuovo giudizio. Questa pronuncia riafferma un principio di diritto cruciale: il furto in abitazione è e rimane un reato procedibile d’ufficio. La Riforma Cartabia non ha indebolito la protezione dei luoghi di privata dimora, che continuano a ricevere la massima tutela dall’ordinamento penale. La decisione offre certezza giuridica e conferma la gravità attribuita a chi viola l’intimità del domicilio altrui per commettere un reato.

Per il reato di furto in abitazione è necessaria la querela della persona offesa?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che il reato di furto in abitazione, previsto dall’art. 624 bis c.p., è procedibile d’ufficio e non richiede la querela di parte, anche dopo le modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia.

Un cortile è considerato parte di una ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto in abitazione?
Sì. La giurisprudenza interpreta in modo ampio il concetto di ‘privata dimora’, includendovi anche le pertinenze come i cortili, ovvero tutti i luoghi dove si svolgono, anche in modo transitorio, atti della vita privata.

Cosa succede se un giudice dichiara erroneamente l’improcedibilità per mancanza di querela in un caso di furto in abitazione?
La sentenza di improcedibilità viene annullata. Come stabilito in questo caso, la Corte di Cassazione annulla la decisione e rinvia il procedimento alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio, poiché il reato doveva essere perseguito d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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