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Furto in abitazione: quando una camera d’albergo conta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione e altri reati. Il caso verteva sulla qualificazione di una camera d’albergo come ‘privata dimora’. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che anche una stanza d’hotel rientra in questa nozione, rendendo inammissibili i motivi di ricorso in quanto meramente ripetitivi di questioni già risolte nei gradi precedenti.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in abitazione: anche la camera d’albergo è privata dimora

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di furto in abitazione, confermando che tale reato può essere configurato anche quando la sottrazione avviene all’interno di una camera d’albergo. La decisione sottolinea l’ampia accezione del concetto di ‘privata dimora’ nel nostro ordinamento, respingendo le argomentazioni di un imputato che miravano a una derubricazione del reato a furto semplice.

I fatti del caso: la condanna in appello

Il caso nasce dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte di Appello di Torino per una serie di reati, tra cui furto aggravato, tentato furto, ricettazione e, appunto, furto in abitazione. Quest’ultima accusa si riferiva a un episodio avvenuto all’interno di una stanza d’albergo. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, escludendo alcuni capi d’imputazione ma confermando la responsabilità penale per i reati più gravi, inclusi quelli oggetto del successivo ricorso in Cassazione.

Il ricorso in Cassazione: furto in abitazione e qualificazione giuridica

L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali. La prima, e più rilevante, contestava la qualificazione del furto nella camera d’hotel come furto in abitazione. Secondo la difesa, una stanza d’albergo non potrebbe essere considerata ‘privata dimora’, con la conseguenza che il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto semplice. Il secondo motivo di ricorso riguardava un’altra accusa, che a dire dell’imputato doveva essere qualificata come furto e non come ricettazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo motivazioni chiare e in linea con il suo consolidato orientamento.

La nozione di privata dimora

Il cuore della decisione risiede nella definizione di ‘privata dimora’. I giudici hanno chiarito che questo concetto non si limita alla sola abitazione principale di una persona. Esso si estende a tutti i luoghi, anche di carattere transitorio, in cui l’individuo svolge atti della propria vita privata, al riparo da ingerenze esterne. Una camera d’albergo, durante il periodo di soggiorno dell’ospite, rientra pienamente in questa categoria. È uno spazio in cui la persona ripone i propri effetti personali, dorme, e compie attività private. Pertanto, introdursi in essa per commettere un furto integra la fattispecie aggravata del furto in abitazione.

La reiterazione dei motivi come causa di inammissibilità

La Corte ha inoltre dichiarato l’inammissibilità dei motivi perché questi erano una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte con valide motivazioni dalla Corte d’Appello. Il ricorso in Cassazione non può essere una terza istanza di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità (come la violazione di legge o il vizio di motivazione). Ripetere le stesse censure, già adeguatamente vagliate, senza evidenziare un errore di diritto commesso dal giudice precedente, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questo vale sia per la questione del furto in albergo, sia per quella relativa alla qualificazione del reato di ricettazione.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giuridico: la tutela della sfera privata non si ferma alla porta di casa. Qualsiasi luogo in cui una persona si stabilisce, anche temporaneamente, per svolgere la propria vita privata gode della protezione rafforzata prevista dalla legge per il reato di furto in abitazione. Questa decisione serve da monito, confermando che la legge penale tutela l’inviolabilità degli spazi personali ovunque essi si trovino. Inoltre, ribadisce un principio processuale cruciale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi specifici della sentenza impugnata e non può essere un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti già operata dai giudici di merito.

Una camera d’albergo può essere considerata ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto in abitazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che una camera d’albergo rientra nel concetto di privata dimora, in quanto è un luogo in cui la persona svolge atti della propria vita privata, anche se in modo transitorio.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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