Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 33854 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 5 Num. 33854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 931/2025
NOME COGNOME
UP Ð 10/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da NOME nato ad Aversa il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 7 ottobre 2024 della Corte dÕappello di RAGIONE_SOCIALE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per lÕannullamento senza rinvio della sentenza impugnata quanto al reato di cui al capo A), riqualificato ai sensi dellÕarticolo 624 cod. pen., per essersi il reato estinto per sopravvenuta prescrizione e per lÕannullamento della detta sentenza quanto alle statuizioni civili in favore di NOME COGNOME, con dichiarazione di inammissibilitˆ del ricorso nel resto;
udito AVV_NOTAIO, nellÕinteresse dellÕimputato, che ha insistito per lÕaccoglimento del ricorso.
NOME COGNOME, allÕepoca dei fatti sovrintendente della Polizia RAGIONE_SOCIALE presso la squadra RAGIONE_SOCIALE, veniva tratto a giudizio per rispondere di quattro capi dÕimputazione: peculato (per essersi appropriato, nel corso delle operazioni di sequestro, di una pennetta USB, al fine di agevolare lÕassociazione di stampo camorristico dei RAGIONE_SOCIALE; capo A), corruzione aggravata (per aver ricevuto, per la predetta appropriazione, la somma di euro 50.000, con la medesima predetta finalitˆ; capo B), accesso abusivo a sistema informatico (per aver consultato il sistema protetto interforze per ragioni non istituzionali; capo C) e plurimi fatti di truffa pluriaggravata (per aver fatto credere alle persone offese Ð analiticamente indicate nel capo dÕimputazione Ð di essere prossime ad essere catturate dalla RAGIONE_SOCIALE e di essere risultato aggiudicatario nelle aste pubbliche alle quali erano stati sopposti immobili di loro proprietˆ, cos’ facendosi erogare, al prospettato fine di evitare la cattura e ritrasferire gli immobili, consistenti somme di denaro; capo D).
Celebrato il giudizio di primo grado, lÕimputato veniva assolto delle imputazioni di cui ai capi B) e C), perchŽ il fatto non sussiste, e condannato per i capi A) (previa esclusione dellÕaggravante mafiosa) e D) (limitatamente alle truffe contestate ai danni delle persone offese COGNOME e COGNOME), con le relative statuizioni risarcitorie e contestuale declaratoria di improcedibilitˆ per difetto di querela quanto alle residue ipotesi di truffa.
Investita delle impugnazioni proposte dallÕimputato e dalla parte civile COGNOME, la Corte territoriale ha sostanzialmente confermato la prospettazione accusatoria accolta in primo grado, limitandosi a riqualificare i fatti di cui al capo A) nel diverso reato di cui allÕart. 624bis cod. pen., a dichiarare lÕestinzione per prescrizione dei reati di cui al capo D) e ad accogliere le richieste avanzate dalla parte civile appellante, condannando il COGNOME al risarcimento dei relativi danni, da liquidarsi in separata sede.
Ricorre per cassazione lÕimputato, articolando sei motivi dÕimpugnazione, i primi tre afferenti al capo A) e i residui tre alle statuizioni civili connesse al capo D) e al trattamento sanzionatorio.
4.1. Il primo deduce violazione degli artt. 197bis , 210 e 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe ritenuto, con riferimento alla posizione processuale del teste NOME COGNOME, lÕinapplicabilitˆ dellÕart. 197bis cod. proc., escludendo la sussistenza di ogni ipotesi di
connessione (ai sensi dellÕart. 371, comma 2, lett. B, cod. proc. pen.) tra le condotte di favoreggiamento o di furto, aggravate ai sensi dellÕart. 7, l. 203 del 1991, a lei contestate, e quelle oggetto del presente processo; tutte, secondo la prospettazione difensiva, geneticamente e funzionalmente riconducibili alla latitanza ed alla conseguente cattura di NOME COGNOME.
4.2. Il secondo deduce la violazione dellÕart. 192 cod. proc. pen. nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe valutato attendibili le dichiarazioni rese dalla COGNOME, senza considerare: a) le ragioni di astio che questÕultima nutriva nei confronti del COGNOME; b) le contraddizioni emerse nel corso della deposizione (quanto alla pregressa conoscenza del NOME); c) lÕinidoneitˆ della conversazione intercettata tra COGNOME e COGNOME a fungere da riscontro esterno delle dichiarazioni della COGNOME (rappresentando, ci˜, un indebito meccanismo di autoverifica ed autolegittimazione della prova da riscontrare); d) la rilevanza delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME (che si è limitata a riscontrare la presenza, nella sua abitazione, della pendrive la cui sottrazione è contestata al capo A) e da NOME (deputata, nelle operazioni di arresto e perquisizione, al controllo della COGNOME); e) gli esiti del procedimento ÒMedeaÓ, che ha escluso la responsabilitˆ del soggetto destinatario della stessa pendrive sottratta.
4.3. Il terzo attiene alla qualificazione dei fatti contestati al capo A) in termini di furto in abitazione aggravato dallÕabuso di autoritˆ e deduce, da un canto, che mancherebbe il necessario nesso finalistico tra lÕintroduzione allÕinterno dellÕabitazione e lÕeventuale sottrazione della pendrive e, dallÕaltro, quanto allÕaggravante, che lÕipotizzato abuso sarebbe incompatibile con la legittimitˆ dellÕaccesso effettuato dal NOME. In ogni caso, il fatto non potrebbe che essere di lievissima entitˆ, essendosi concretizzato nella sottrazione di una pendrive contenente files musicali.
4.4. I residui tre motivi attengono alle statuizioni civili e al trattamento sanzionatorio e deducono: a) la tardivitˆ del deposito delle conclusioni delle parti civili, intervenuto dopo la chiusura dellÕistruttoria dibattimentale; b) lÕinammissibilitˆ dellÕappello proposto dalla parte civile NOME, priva di interesse, secondo la stessa giurisprudenza di questa Corte, ad impugnare la sentenza di proscioglimento dellÕimputato per difetto di querela; c) il difetto di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, al mancato contenimento della sanzione nei minimi edittali e alla mancata sospensione condizionale della pena.
Il 20 agosto 2025, lÕavvAVV_NOTAIO NOME COGNOME, nellÕinteresse della parte civile NOME COGNOME, ha depositato una memoria con la quale si chiede di confermare la sentenza impugnata.
I primi tre motivi, per come si è detto, attengono al reato di cui al capo A) dellÕimputazione, originariamente contestato in termini di peculato e successivamente riqualificato in termini di furto in abitazione.
La principale fonte di prova a carico dell’imputato sono state le dichiarazioni Ð ritenute pienamente attendibili – di NOME COGNOME (la cui deposizione avveniva nelle forme assistite di cui all’art. 197bis cod. proc. pen.), che ha riferito: dellÕesistenza e dellÕubicazione della pendrive (inserita in un ciondolo a forma di cuore appeso a una collana e riposta su una mensola della cucina), del relativo contenuto (era in uso alla figlia NOME, che vi aveva archiviato files personali), dellÕapprensione da parte di un agente di polizia (che descriveva come ÒpelatoÓ e che le si era presentato come ÒNOMEÓ e che comunque riconosceva nell’odierno imputato in occasione di una individuazione fotografica effettuata nel corso delle indagini preliminari) e della successiva conversazione avuta, unitamente al marito, con NOME COGNOME e NOME COGNOME avente per oggetto, tra l’altro, la vicenda della pendrive.
Le dette dichiarazioni hanno trovato riscontro, secondo la prospettazione offerta nella decisione impugnata: a) nelle parallele dichiarazioni rese da NOME COGNOME, figlia della COGNOME (che riferiva dellÕesistenza della detta pendrive, dellÕubicazione, del relativo contenuto e della partecipazione del NOME alle operazioni di perquisizione); b) nella registrazione della conversazione che si assume essere avvenuta nel settembre del 2015 tra NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, consegnata da NOME COGNOME al dirigente della Squadra RAGIONE_SOCIALE Caserta ed acquisita in atti con l’accordo delle parti; registrazione effettuata in accordo con il COGNOME e all’insaputa degli altri interlocutori al fine di chiarire le voci che circolavano in ambienti criminali circa lÕavvenuta sparizione di materiale dal covo dello COGNOME.
Ci˜ premesso, la prima questione sottoposta alla valutazione di questa Corte attiene alla posizione processuale assunta dalla COGNOME (imputata in altro procedimento per favoreggiamento e furto, aggravati dallÕagevolazione mafiosa) e alla connessa valenza probatoria delle dichiarazioni rese in questo procedimento.
2.1. Il ricorrente censura la qualificazione in termini di testimone ÒpuroÓ, invocando, al contrario, lÕapplicazione dellÕart. 197bis cod. proc. pen. (e la conseguente adozione, nella valutazione delle relative dichiarazioni, dei criteri ermeneutici di cui all’art. 192 comma 3 cod. proc. pen.), in ragione dellÕesistenza di un asserito collegamento ex art. 371, comma 2 lettera b) cod. proc. pen. tra i
delitti per i quali la dichiarante era indagata (favoreggiamento e furto, aggravati dalla finalitˆ di agevolazione mafiosa) e quello ascritto al NOME.
2.2. La deduzione è manifestamente infondata.
La qualitˆ di indagato in procedimento connesso o probatoriamente collegato discende – date le previsioni di cui agli artt. 197, 197bis e 210 cod. proc. pen. dalla sussistenza dei presupposti previsti dagli artt. 12 (concorso di persone nel reato o cooperazione nella determinazione del medesimo evento, continuazione o concorso formale di reati, e reati Çcommessi per eseguire o per occultareÈ gli altri reati) e 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. (reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunitˆ o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero nei quali la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza).
Ebbene, pur prescindendo dalla genericitˆ della formulazione del motivo (che si limita a prospettare l’esistenza di un collegamento alla luce di un asserito medesimo ÒcontestoÓ qualificato ai sensi dellÕart. 7 l. 203 del 1991, senza in alcun modo sostanziare la deduzione con il concreto riferimento ad una delle ipotesi normativamente indicate), difettano, allÕevidenza, i presupposti applicativi della richiamata disposizione: non lÕesistenza di Çreati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altriÈ (che, tra lÕaltro, presupporrebbe non solo il legame obiettivo tra le condotte, ma anche l’identitˆ soggettiva, cioè la riferibilitˆ alla stessa persona dei reati collegati: Sez. 6, n. 43022 del 16/10/2003, COGNOME, Rv. 228186; Sez. 6, n. 15107 del 19/02/2003, COGNOME, Rv. 226435); non lÕesistenza di reati realizzati per conseguire o assicurare al colpevole il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunitˆ in ordine ad altri reati, nŽ di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre (non essendo neanche stato prospettato nŽ un vincolo finalistico, nŽ una reciprocitˆ delle condotte); non, in ultimo, lÕipotesi del collegamento probatorio (unica astrattamente coerente con le deduzioni difensive), che ricorre soltanto quando nei diversi procedimenti sussiste l’identitˆ del fatto o di uno degli elementi di prova ovvero quando è ravvisabile la diretta rilevanza di uno degli elementi di prova acquisiti in un procedimento su uno dei reati oggetto dell’altro procedimento ( ex multis , Sez. 2, n. 24570 del 14/05/2015, Torcasio, Rv. 264397) e non quando semplicemente la prova dei reati connessi discenda dalla medesima fonte (cos’ Sez. 5, n. 10445 del 14/12/2011, dep. 2012, Protoduari, Rv. 252006). E, in concreto non risultano (e nemmeno sono allegate) nŽ l’identitˆ del fatto in contestazione o di uno degli elementi di prova in relazione a reati oggetto delle distinte indagini, nŽ la diretta rilevanza di elementi di prova acquisiti in uno dei due procedimenti ai fini dell’accertamento di reati oggetto dell’altro.
Da ci˜ lÕinapplicabilitˆ del disposto di cui allÕart. 197bis e, con esso, dei commi 2 e 3 dellÕart. 192 del codice di procedura penale.
3. Indeducibile anche il secondo motivo di censura.
Il ricorrente, per come si è detto, censura la valutazione di attendibilitˆ delle dichiarazioni rese dalla COGNOME, evidenziando i plurimi rilievi in precedenza analiticamente indicati.
Ebbene, la Corte di appello ha effettivamente valorizzato in massima parte le dichiarazioni rese dalla persona offesa (tale dovendosi qualificare la COGNOME rispetto allÕimpossessamento della pendrive), ma, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, ne ha anche valutato, analiticamente, lÕattendibilitˆ, evidenziando da un canto, la loro precisione, coerenza, univocitˆ e costanza; dallÕaltro, i riscontri esterni (peraltro non necessari, alla luce della giˆ rilevata inapplicabilitˆ della disciplina di cui agli artt. 197, 197bis e 210 cod. proc. pen.) rappresentati dalla registrazione audio acquisita agli atti e dalle coerenti dichiarazioni rese dalla figlia, dando atto:
della ritenuta irrilevanza del tempo trascorso tra i fatti e le dichiarazioni rese, atteso che (pur prescindendo dal successivo arresto, circostanza contestata in fatto dalla difesa), come correttamente sottolineato dalla Corte territoriale, la consapevolezza della illiceitˆ della condotta dell’imputato discendeva non dalla materiale apprensione della pendrive, che poteva astrattamente rispondere a esigenze investigative, ma dalla mancata indicazione della stessa tra quanto oggetto di sequestro; mancata indicazione che la dichiarante medesima ben poteva avere appreso a distanza di tempo ;
dellÕassenza di riscontro quanto alle prospettate ragioni di astio della dichiarante nei confronti dell’imputato: da un canto la dichiarante non presenta spontanea denuncia, ma riferisce i fatti a seguito delle sollecitazioni derivanti dalla consegna agli organi inquirenti della registrazione; dallÕaltro, nel corso della conversazione registrata, lÕindividuazione dell’autore della sottrazione avviene solo in via induttiva e la COGNOME mostra ragioni di acredine nei confronti dei componenti la Squadra RAGIONE_SOCIALE di Caserta e non giˆ dell’odierno imputato o comunque dei poliziotti napoletani;
della coerenza delle dichiarazioni e dellÕirrilevanza della circostanza che inizialmente la dichiarante avesse negato di conoscere COGNOME e COGNOME (circostanza che, invece, deporrebbe nel senso che la stessa ignorasse la circostanza dell’avvenuta registrazione del dialogo, a conferma la genuinitˆ del contenuto dello stesso);
delle coerenti dichiarazioni rese dalla figlia (NOME COGNOME), che dˆ conto dellÕesistenza della pendrive, del suo contenuto e dellÕubicazione e si mostra
immune da qualsiasi ipotesi di complotto familiare, non attribuendo all’imputato alcuna specifica condotta;
della logica compatibilitˆ tra quanto dichiarato dalla NOME (deputata al controllo della COGNOME), che non avrebbe assistito ad alcun impossessamento, rispetto alla narrazione di questÕultima, per essersi la stessa NOME certamente recata al piano superiore della abitazione per svegliare i figli della COGNOME.
E, a fronte di ci˜, la difesa, da un canto, si limita a prospettare un parallelo giudizio di attendibilitˆ fondato su differenti criteri di valutazione (dimenticando che l’indagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione non è diretta a verificare l’intrinseca adeguatezza delle argomentazioni offerte dal giudice di merito, scegliendo tra diverse possibili ricostruzioni, ma è finalizzata al solo riscontro dell’esistenza, della non manifesta illogicitˆ e della coerenza dellÕapparato argomentativo, valutato nel suo complesso, sui vari punti della decisione impugnata); dallÕaltro, censura lÕidoneitˆ dei riscontri evidenziati dalla Corte, postulando tale necessitˆ, in realtˆ inesistente (Sez. 1, n. 7898 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278499).
In ultimo, ben pu˜ la conversazione intercettata tra COGNOME e COGNOME fungere da riscontro esterno delle dichiarazioni della COGNOME, in quanto dato probatorio rappresentativo del dato da riscontrare, indipendente dalle dichiarazioni rese, riguardante il fatto-reato e la riferibilitˆ dello stesso all’imputato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607).
NŽ la riconosciuta responsabilitˆ del NOME è incompatibile con lÕintervenuta assoluzione (in altro procedimento) del soggetto destinatario della stessa pendrive sottratta, non essendo state neanche dedotte le ragioni della decisione assunta.
Fondate, invece, le censure formulate con terzo motivo di ricorso.
4.1. ComÕè noto, lÕart. 624bis cod. pen. (introdotto dalla legge 26 marzo 2001, n. 128 al fine di rafforzare la tutela del domicilio, quale ambito primario ed imprescindibile alla libera estrinsecazione della personalitˆ individuale) descrive una fattispecie complessa nella quale la sottrazione e lÕimpossessamento della cosa RAGIONE_SOCIALE altrui (art. 624 cod. pen.) viene posta in essere mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa (art. 614 cod. pen.).
4.2. Logico corollario di tale premessa è che, ove l’agente si sia introdotto allÕinterno del luogo di privata dimora con il consenso (libero, pieno ed incondizionato) del soggetto passivo, titolare dello ius excludendi , e si sia impossessato un bene ivi custodito, il fatto sarˆ sussumibile non giˆ nella fattispecie descritta dallÕart. 624bis , ma nella diversa (e più lieve) fattispecie di
cui agli artt. 624, 61 n. 11 cod. pen. (furto aggravato dallÕabuso di relazioni di ospitalitˆ).
In tali casi, invero, benchŽ la res sia stata sottratta allÕinterno di un luogo di privata dimora, la presenza allÕinterno dellÕabitazione diviene solo una mera occasione per la successiva condotta illecita posta in essere (Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014, Licordari, Rv. 260226), venendo meno uno dei presupposti specifici della fattispecie incriminatrice (la violazione del domicilio del soggetto passivo).
4.3. Ebbene, in concreto, lÕintroduzione allÕinterno dellÕabitazione da parte del ricorrente, benchŽ non abbia trovato la sua giustificazione in un esplicito consenso dellÕavente diritto , risulta comunque legittimata dallÕesistenza di un atto autoritativo (la perquisizione); dato che, in sŽ, a prescindere dalla natura (volontaria o meno) della relativa fonte, giustifica la presenza del ricorrente allÕinterno dellÕabitazione, escludendone la violazione.
Sostenere il contrario, valorizzando la specifica finalizzazione dellÕatto (logicamente diretto all’espletamento di attivitˆ doverose allÕevidenza diverse dalla illegittima sottrazione), significherebbe, come sembra ipotizzare la Corte territoriale, ritenere la necessitˆ, per escludere la fattispecie ipotizzata, di un consenso (o di un atto autoritativo) finalizzato allÕapprensione del bene; circostanza che, in sŽ, logicamente, escluderebbe non solo la violazione del domicilio, ma la stessa sussistenza della condotta di sottrazione.
4.4. In sintesi, la presenza del ricorrente allÕinterno dellÕabitazione, giustificata dallÕesistenza di un legittimo atto autoritativo, ha rappresentato solo una mera occasione per la successiva condotta illecita. Il reato commesso, quindi, deve essere sussunto non giˆ nella fattispecie di cui allÕart. 624bis , ma in quella, più lieve, di cui allÕart. 624 cod. pen.; reato che, alla luce del tempus commissi delicti (7 dicembre 2011) ed in ragione del termine massimo di prescrizione indicato negli artt. 157 e 161 cod. pen. (anni sette e mesi sei), anche considerando il periodo di sospensione maturato nel corso del processo (242 giorni: 64 giorni connessi alla disciplina pandemica, 118 in ragione della richiesta difensiva avanzata allÕudienza del 21 settembre 2021 e 60 giorni per lÕimpedimento del difensore di cui allÕudienza del 25 ottobre 2022), è, ad oggi, prescritto.
La sentenza impugnata, quindi, deve essere, in parte qua , annullata senza rinvio, per essersi il reato di cui al capo A) estinto per intervenuta prescrizione.
Manifestamente infondato, invece, il quarto motivo, in relazione al quale è sufficiente ribadire che il mancato rispetto dell’ordine della discussione descritto nellÕart. 523 cod. proc. pen. non integra una causa di nullitˆ, prevista, invece, solo per l’ipotesi di violazione del diritto di replica (pacificamente rispettato) spettante all’imputato e al difensore e contemplata dal comma quinto dello stesso articolo
(Sez. 3, n. 364 del 17/09/2019, dep. 2020, Tocci, Rv. 278392; Sez. 5, n. 2641 del 17/09/2015, dep. 2016, C., Rv. 265923; Sez. 3, n. 35457 del 14/07/2010, COGNOME, Rv. 248630).
Fondato, invece, il quinto motivo di ricorso.
La Corte territoriale, infatti, riformando la decisione assunta in primo grado (che aveva rilevato il difetto di querela in relazione alla posizione di NOME COGNOME), in accoglimento dellÕappello da questÕultimo proposto, ha condannato il NOME al risarcimento dei danni in favore della detta parte civile.
Il COGNOME, tuttavia, non aveva interesse ad impugnare la sentenza (che, avendo natura meramente processuale, non aveva pregiudicato le sue legittime pretese: Sez. U, n. 35599 del 21/06/2012, COGNOME Marco, Rv. 253242), per il cui la relativa impugnazione doveva essere dichiarata inammissibile. E tanto impone, anche sotto tale profilo, lÕannullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alle statuizioni disposte in favore del COGNOME, che, quindi, devono essere eliminate.
LÕaccoglimento del terzo motivo di censura assorbe lÕultimo motivo dÕimpugnazione, afferente al trattamento sanzionatorio.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, quanto allÕimputazione di cui al capo A) e alle statuizioni civili in favore del COGNOME.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente allÕimputazione di cui al capo A) perchŽ il reato è estinto per prescrizione.
Annulla senza rinvio la medesima sentenza limitatamente alle statuizioni civili in favore di COGNOME NOME, che elimina.
Rigetta nel resto il ricorso.
Cos’ deciso il 10 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME