Furto in Abitazione: Consumato o Tentato se un Complice Scappa?
Il furto in abitazione rappresenta una delle fattispecie di reato più delicate, data la violazione non solo del patrimonio ma anche della sfera privata della vittima. Una questione giuridica complessa sorge quando il reato è commesso da più persone e le loro sorti durante l’azione criminale divergono. Se un complice riesce a fuggire con la refurtiva mentre gli altri vengono catturati sulla scena del crimine, il reato deve considerarsi consumato o solo tentato per questi ultimi? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un chiarimento decisivo su questo punto.
I Fatti del Caso
Tre individui si introducevano in un appartamento con l’intento di commettere un furto. Durante l’operazione, uno dei tre riusciva ad allontanarsi dall’abitazione portando con sé i beni sottratti. Gli altri due complici, invece, venivano bloccati e arrestati all’interno dei locali prima che potessero fuggire. Condannati in primo grado e in appello per furto aggravato in abitazione, i due soggetti fermati ricorrevano in Cassazione, sostenendo che la loro condotta dovesse essere riqualificata come mero tentativo, non essendosi perfezionato, per loro, l’impossessamento della refurtiva.
La Questione Giuridica sul Furto in Abitazione
Il fulcro del ricorso era la distinzione tra delitto tentato e delitto consumato nel contesto di un reato commesso in concorso di persone. Secondo la difesa, poiché i due ricorrenti non avevano mai conseguito un’autonoma ed esclusiva disponibilità dei beni (la cosiddetta ‘signoria di fatto’), essendo stati bloccati all’interno dell’appartamento, il reato non poteva dirsi consumato. La loro tesi puntava a una valutazione separata delle singole condotte, chiedendo una riqualificazione del fatto in tentativo di furto, punito con una pena inferiore.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Il ragionamento dei giudici si basa sul principio dell’unitarietà del reato commesso in concorso. L’azione criminale, pur posta in essere da più soggetti, costituisce un fatto unico. Di conseguenza, gli sviluppi della condotta di un correo si estendono a tutti gli altri.
Nel caso specifico, il complice che è riuscito a uscire dall’appartamento con la refurtiva ha perfezionato l’impossessamento. Nel momento in cui egli ha conseguito l’esclusiva ‘signoria di fatto’ sui beni, il delitto di furto si è consumato. Tale consumazione, secondo la Corte, produce effetti per tutti i concorrenti, inclusi quelli bloccati sulla scena del crimine. La Corte territoriale aveva correttamente evidenziato che, trattandosi di un unico fatto posto in essere in concorso da tutti gli agenti, anche i ricorrenti fermati all’interno dovevano essere ritenuti responsabili del delitto consumato. Pertanto, la richiesta di riqualificazione in tentativo è stata giudicata priva di fondamento.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio consolidato in materia di concorso di persone nel reato. L’esito dell’azione criminale è considerato unitariamente: è sufficiente che anche uno solo dei complici porti a compimento l’azione perché il reato si consideri consumato per tutti. Per gli imputati di furto in abitazione, ciò significa che il solo fatto di essere catturati prima di lasciare l’immobile non è sufficiente a configurare il tentativo se un altro membro del gruppo è riuscito ad assicurarsi il bottino. La decisione ha un’importante implicazione pratica, poiché conferma che la responsabilità penale in caso di concorso si estende in modo solidale a tutti i partecipanti per l’intera azione delittuosa, dal suo inizio fino al suo completamento da parte di chiunque del gruppo.
Se durante un furto in abitazione un complice riesce a scappare con la refurtiva mentre gli altri vengono bloccati, il reato è considerato tentato o consumato per tutti?
Il reato è considerato consumato per tutti. Secondo la Corte, l’azione è unica e commessa in concorso. Il conseguimento della signoria di fatto sulla refurtiva da parte di anche un solo correo perfeziona il delitto per tutti i partecipanti.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché riproponeva le stesse argomentazioni già respinte con motivazione logica e corretta dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi e validi elementi di critica alla decisione impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21366 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21366 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
rilevato che l’unico motivo di ricorso, presentato da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Bari che ne ha confermato la condanna per il delitto aggravato di furto in abitazione, con il quale è stato prospettato il vizio di erronea applicaz della legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto co tentativo è manifestamente infondato e privo della necessaria specificità poiché ha reiterato i medesimo ordine di argomentazioni disatteso dalla Corte territoriale, la quale in maniera congrua, logica e conforme al diritto ha chiarito perché il correo dei ricorrenti (oss coimputato deceduto NOME COGNOME), che nell’occorso è riuscito ad uscire dall’appartamento de quo, avesse conseguito l’esclusiva signoria di fatto sull’oggetto materiale del reato (cfr. Sez 5, n. 48880 del 17/09/2018, S., Rv. 274016 – 01; cfr. pure Sez. 4, n. 11683 del 27/11/2018, COGNOME Daniele, Rv. 275278 – 01)), allorché i ricorrenti erano stati bloccati all’int dell’abitazione; ragion per cui, trattandosi di un unico fatto posto in essere in concorso da t gli agenti, anche i ricorrenti sono stati correttamente ritenuti responsabili del de consumato;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, R 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/02/2024.