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Furto in abitazione: quando il reato è consumato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6998/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due donne condannate per furto in abitazione. Le ricorrenti sostenevano che il reato fosse solo tentato, poiché erano state fermate all’interno del condominio e non all’esterno. La Corte ha ribadito che il furto in abitazione si considera consumato nel momento in cui si esce dall’appartamento con la refurtiva, acquisendo così l’autonoma disponibilità dei beni. Ha inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche, poiché la confessione era stata resa solo perché colte in flagranza di reato.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in abitazione: uscire dall’appartamento basta per la consumazione del reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6998/2025) offre un importante chiarimento sul momento esatto in cui un furto in abitazione si considera consumato. La Corte ha stabilito che il reato è perfezionato non appena i ladri escono dall’appartamento con la refurtiva, anche se vengono fermati nelle aree comuni del condominio. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per distinguere tra reato tentato e consumato.

I fatti del caso

Due donne venivano condannate in primo grado e in appello per furto aggravato in abitazione. Dopo essersi introdotte in un appartamento e aver sottratto dei beni, riponendoli in una busta, venivano fermate da un parente della vittima mentre si trovavano ancora all’interno dello stabile condominiale, prima di raggiungere l’uscita. Successivamente, venivano arrestate dalle forze dell’ordine.

Le due imputate decidevano di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. La derubricazione del reato da furto in abitazione consumato a tentato, sostenendo di non aver mai acquisito una signoria piena e autonoma sui beni, essendo state bloccate prima di uscire dal palazzo.
2. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante avessero immediatamente ammesso le proprie responsabilità.

La questione del furto in abitazione consumato

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla differenza tra tentativo e consumazione. Secondo la difesa, il reato non poteva dirsi consumato finché le autrici non fossero uscite dall’intero complesso condominiale, assicurandosi così il controllo definitivo sulla refurtiva.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, aderendo a un consolidato principio di diritto. I giudici hanno chiarito che il delitto di furto in abitazione si consuma nel momento in cui l’autore consegue l’autonoma disponibilità dei beni sottratti uscendo dalla sfera di privata dimora della vittima, ovvero dall’appartamento stesso. Il fatto di essere stati fermati successivamente nelle scale, nell’androne o nel cortile condominiale non è rilevante per escludere la consumazione del reato, poiché in quel momento i ladri avevano già ottenuto il pieno controllo della refurtiva, allontanandola dal luogo specifico della sottrazione.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che la concessione delle circostanze attenuanti generiche è una valutazione di merito del giudice, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano negato il beneficio tenendo conto di due elementi cruciali:
* I precedenti penali delle imputate, che indicavano una propensione a delinquere.
* L’assenza di una reale resipiscenza. Le ammissioni di responsabilità, infatti, non erano frutto di un sincero pentimento, ma erano ‘necessitate’ dalla situazione, essendo state colte in flagranza di reato. Una confessione fatta solo perché non si può più negare l’evidenza non dimostra meritevolezza.

Le motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando integralmente la sentenza d’appello. Le motivazioni si basano su principi giurisprudenziali consolidati. Per quanto riguarda la consumazione del furto in abitazione, viene ribadito che il criterio decisivo è l’uscita dalla dimora della vittima con i beni rubati. Questo atto segna il passaggio dal tentativo alla consumazione, poiché realizza l’impossessamento richiesto dalla norma.

Sul fronte delle attenuanti, la Corte sottolinea che il giudice può negarle anche basandosi su un solo elemento negativo, come i precedenti penali o la mancanza di pentimento, ritenendolo prevalente su altri fattori potenzialmente favorevoli. La confessione in un contesto di arresto in flagranza non è sufficiente, da sola, a dimostrare un cambiamento di condotta che meriti uno sconto di pena.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un punto fermo nella giurisprudenza sul furto in abitazione. Il momento consumativo del reato va individuato nell’acquisizione di un’autonoma disponibilità della refurtiva, che si realizza con l’uscita dall’unità abitativa violata. Essere fermati nelle parti comuni dell’edificio non è sufficiente per qualificare il fatto come un mero tentativo. Inoltre, la decisione conferma che la concessione delle attenuanti generiche richiede una valutazione complessiva della personalità dell’imputato, dove una confessione ‘forzata’ dagli eventi ha un peso molto limitato se non è accompagnata da altri segni di reale pentimento.

Quando si considera consumato un furto in abitazione?
Secondo la sentenza, il furto in abitazione si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato esce dall’appartamento della vittima con i beni sottratti, acquisendone così un’autonoma disponibilità. Non è necessario che riesca ad uscire dall’intero edificio condominiale.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche nonostante la confessione?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la confessione delle imputate è stata ritenuta ‘necessitata’ dalla situazione di arresto in flagranza. I giudici hanno considerato che non vi fosse un sincero pentimento (resipiscenza), tenendo anche conto dei loro precedenti penali.

Essere fermati all’interno del condominio, ma fuori dall’appartamento, trasforma il reato in tentato furto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una volta usciti dall’abitazione depredata con la refurtiva, il reato è già consumato. L’essere fermati successivamente nelle aree comuni del condominio (come le scale o l’androne) non fa retrocedere il reato allo stadio del tentativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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