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Furto in abitazione: lo spogliatoio è dimora privata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) per un episodio avvenuto in uno spogliatoio di cantiere. La Corte ha confermato che anche un luogo di lavoro come uno spogliatoio, dove si svolgono atti della vita privata in modo riservato, rientra nella nozione di privata dimora, giustificando l’aggravante contestata.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Abitazione: Quando lo Spogliatoio di un Cantiere Diventa ‘Casa’

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di furto in abitazione, stabilendo che la nozione di ‘privata dimora’ si estende anche a luoghi di lavoro come uno spogliatoio. Questa decisione conferma che la tutela penale non si limita alle mura domestiche, ma copre tutti gli spazi in cui un individuo svolge atti della propria vita privata in modo riservato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un furto avvenuto all’interno di uno spogliatoio riservato agli operai impegnati nei lavori di ristrutturazione di un edificio. L’imputato, ritenuto responsabile del reato, era stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale, ovvero il furto in abitazione.

I Motivi del Ricorso: Semplice Furto o Furto in Abitazione?

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Erronea applicazione della legge penale: Secondo la difesa, il fatto avrebbe dovuto essere qualificato come furto semplice (art. 624 c.p.) e non come furto in abitazione. La tesi era che uno spogliatoio di cantiere non potesse essere considerato ‘privata dimora’.
2. Illogicità della motivazione: Il ricorrente contestava la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, in particolare per quanto riguarda la valutazione degli orari delle comunicazioni telefoniche utilizzate come prova.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e in linea con la giurisprudenza consolidata.

Lo Spogliatoio come Privata Dimora

La Corte ha definito la prima censura ‘palesemente contraddetta’ dalla sentenza impugnata. I giudici di legittimità hanno ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione, la nozione di ‘privata dimora’ include tutti i luoghi in cui si compiono atti della vita privata in modo riservato, precludendo l’accesso a terzi.

Citando un proprio precedente (sentenza n. 37795/2021), la Corte ha specificato che uno spogliatoio riservato ai lavoratori rientra pienamente in questa categoria. Si tratta infatti di un luogo dove le persone si cambiano, depositano i propri effetti personali e, in generale, godono di un momento di privacy sottratto alla sfera pubblica. Pertanto, la sua violazione integra l’aggravante prevista dall’art. 624-bis c.p.

L’Inammissibilità delle Censure sul Fatto

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione ha sottolineato come le critiche alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove non possano trovare spazio nel giudizio di legittimità. La Corte di Appello aveva fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, esente da vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. Il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio è stato quindi respinto, poiché tale compito spetta esclusivamente ai giudici di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un’interpretazione estensiva e protettiva del concetto di privata dimora. La decisione chiarisce che la tutela penale rafforzata non si arresta sulla soglia di casa, ma si estende a tutti quegli spazi, anche lavorativi, dove le persone hanno una legittima aspettativa di riservatezza. Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la condanna per furto in abitazione è divenuta definitiva e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un furto commesso in uno spogliatoio può essere considerato furto in abitazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la nozione di ‘privata dimora’ (art. 624-bis c.p.) include anche i luoghi di lavoro, come uno spogliatoio, in cui si compiono atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e la ricostruzione dei fatti decise dalla Corte d’Appello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la ricostruzione e la valutazione dei fatti, così come l’apprezzamento del materiale probatorio, sono di competenza esclusiva della Corte d’Appello. Il giudizio della Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non a riesaminare il merito.

Qual è stata la decisione finale della Corte sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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