Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3018 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE DEL GRECO (NA) il 25/06/1969
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore dell’imputata, avv. NOME COGNOME il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di condanna di primo grado della ricorrente NOME COGNOME per il delitto di furto aggravato in abitazione.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, affidandosi, con il difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME a cinque motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo la rieorrente deduce carenza di motivazione in ordine al suo concreto contributo nella commissione del fatto di reato.
A sostegno della doglianza evidenzia che non potrebbe aver svolto il ruolo di “palo” rispetto all’azione furtiva commessa dallo COGNOME, perché era rimasta all’interno dello stabile senza fornire allo stesso alcun contributo, né morale né materiale, al punto da non averlo neppure avvertito dell’arrivo dei condomini.
Assume, di qui, che al più la sua condotta avrebbe potuto essere qualificata alla stregua di una connivenza non punibile.
2.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 56 cod. pen., per la qualificazione del fatto in termini di furto consumato e non già tentato.
In particolare, rappresenta che, a tal fine, non sarebbe stato considerato il contrasto tra le dichiarazioni rese da NOME COGNOME in data 16 maggio 2023 al Comando dei Carabinieri di Aversa e tra quelle della persona offesa che, con chiarezza, aveva riferito di aver visto che il televisore era stato spostato “e posizionato a terra proprio vicino alla finestra forzata probabilmente nel tentativo di essere asportato”. Dichiarazioni, queste ultime, coerenti con quanto riferito dallo stesso imputato COGNOME.
2.3. Mediante il terzo motivo la COGNOME denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 624-bis, quarto comma, cod. pen. in relazione all’art. 625, primo comma, n. 2), del medesimo codice, lamentando che la Corte territoriale, invece di fornire risposta ai motivi di appello formulati sul punto, si è limitata a evidenziare che i carabinieri e la persona offesa avevano constatato l’effrazione della finestra.
Sennonché, come era stato sottolineato in sede di gravame, la forzatura della finestra non implica una trasformazione della stessa e non ne costituisce danneggiamento o rottura, con conseguente insussistenza della ritenuta circostanza aggravante.
2.4. La COGNOME assume, con il quarto motivo, nullità della sentenza per inesistenza della motivazione rispetto alla richiesta di riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., poiché, come del resto confermato dallo stesso COGNOME lo aveva pregato, invano, di non commettere il furto.
2.5. Mediante il quinto motivo l’imputata deduce un assunto contrasto dell’art. 624-bis cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena per il delitto di furto in abitazione sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi e modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lie entità con gli artt. 3 e 27 Cost.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il quarto motivo, suscettibili di valutazione unitaria, non sono fondati.
I fatti sono stati ricostruiti dai giudici di merito delineando, co motivazione adeguata, il concreto ruolo svolto nella vicenda dalla ricorrente.
In particolare, tale ruolo è stato illuminato, come ha evidenziato la decisione impugnata, da quanto riferito dal teste indifferente NOME COGNOME il quale ha riferito che, mentre stava per uscire con la propria auto dal cortile condominiale, aveva notato la presenza dell’imputata, che si aggirava nell’area con fare sospetto, nonché un infisso aperto dell’abitazione situata al piano terra dello stabile. Nell’immediatezza, inoltre, aveva visto uscire da tale abitazione, attraverso la finestra aperta, lo COGNOME con un televisore in mano. Il teste a quel punto aveva “bloccato” i due soggetti.
La circostanza, dunque, che la COGNOME girasse all’esterno dello stabile condominiale mentre il complice era nell’abitazione della persona offesa per apprendere il bene sottratto denota che ella svolgeva la funzione di palo, rispetto alla quale è stato coerentemente ritenuto dalla decisione di merito che nessuna incidenza abbia spiegato la mancata segnalazione al correo della presenza del Gordon, atteso che quest’ultimo ha agito molto celermente senza che l’imputata si accorgesse che il teste stava osservando la situazione.
GLYPH
Quanto all’attenuante della GLYPH minima GLYPH partecipazione, GLYPH come ha correttamente ritenuto la Corte territoriale, la stessa non può essere riconosciuta in favore di colui che, nella commissione di un furto, abbia svolto la funzione di “palo”, in quanto il suo contributo, anche se di importanza minore rispetto a quella dei correi, facilita la realizzazione dell’attività criminos rafforzando l’efficienza dell’opera degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità (ex ceteris, Sez. 5, n. 21469 del 25/02/2021, COGNOME Rv. 281312 02; Sez. 2, n. 21453 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 275817 – 01).
Il secondo motivo è inammissibile, poiché, nel reiterare le analoghe censure dedotte in sede di gravame, la ricorrente non si confronta in alcun modo con la congrua motivazione con la quale la Corte d’Appello ha posto in risalto che non vi è alcuna discrasia tra le dichiarazioni del Gordon e quelle della persona offesa. Ciò in quanto il Gordon aveva visto per primo lo svolgimento dell’azione furtiva e, in particolare, quando lo COGNOME era uscito dalla finestra dell’abitazione della persona offesa con il televisore in mano lo aveva subito bloccato, sicché, quando la medesima persona offesa era rientrata in casa, in un momento successivo, aveva trovato il televisore medesimo nella stanza ma non nella sua posizione consueta, bensì spostato in prossimità della finestra, dopo essere stato ivi ricollocato dallo COGNOME.
Alla luce di tale logica ricostruzione degli eventi operata in virtù delle dichiarazioni testimoniali assunte, correttamente il furto è stato considerato consumato e non solo tentato, atteso che il bene era stato portato al di fuori dell’abitazione prima di esservi ricollocato a seguito dell’intervento del Gordon che aveva scoperto “in flagranza” lavarone.
Il terzo motivo non è fondato, dal momento che, a differenza di quanto dedotto dalla ricorrente, l’effrazione della finestra per entrare in un’abitazione allo scopo di effettuare un furto integra la circostanza aggravante ritenuta anche in assenza di danneggiamento o trasformazione della cosa (Sez. 5, n. 20743 del 13/04/2010, Rea, Rv. 247613 – 01).
È manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 624-bis cod. pen. per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. nella parte in cui non prevede che la pena per il delitto di furto in abitazione sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi e modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Come noto, aggiunto dall’art. 2, comma 2, della legge n. 128 del 2001, l’art. 624-bis cod. pen., sotto la rubrica «urto in abitazione e furto con strappo», disponeva, nel testo originario, che «hiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire seicentomila a due milioni» (primo comma); «lla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona» (secondo comma); «Elia pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da lire quattrocentomila a tre milioni se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all’articolo 61» (terzo comma).
La ratio dell’innovazione normativa – tratto saliente del “pacchetto sicurezza” del 2001 – risiede nella trasformazione del furto in abitazione (e furto con strappo) da reato aggravato in reato autonomo, come tale ontologicamente sottratto al bilanciamento delle circostanze; pertanto, l’art. 2, comma 3, della legge n. 128 del 2001 ha soppresso il n. 1) del primo comma dell’art. 625 cod. pen., ove la condotta di chi, «per commettere il fatto, si introduce o si trattiene in un edificio o in un altro luogo destinato ad abitazione» era prevista come circostanza aggravante.
L’allarme sociale generato dalla percepita diffusione dei furti in abitazione ha determinato tuttavia un ulteriore intervento legislativo di aggravamento sanzionatorio, che ha trovato luogo nell’àmbito della “riforma Orlando”.
Nell’indicata prospettiva, difatti, l’art. 1, comma 6, della legge n. 103 del 2017 ha modificato l’art. 624-bis cod. pen. in più punti: con la lettera a), ne ha innovato il primo comma, aumentando la pena (reclusione da tre a sei anni e multa da euro 927 a euro 1.500); con la lettera b) , ne ha modificato il terzo comma, innalzando la pena (reclusione da quattro a dieci anni e multa da euro 927 a euro 2.000); infine, con la lettera c), vi ha aggiunto un quarto comma, a tenore del quale «Me circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti».
Ciò posto, quanto all’introduzione della fattispecie incriminatrice autonoma e delle successive modifiche normative, occorre sottolineare che il
delitto di furto in abitazione è un reato plurioffensivo, volto a tutelare non solo l’interesse patrimoniale leso dalla condotta altrui di sottrazione, ma anche alla sicurezza individuale ed alla sfera personale di inviolabilità e riservatezza.
Ora, con riferimento alla dosimetria sanzionatoria, secondo costante giurisprudenza costituzionale, il legislatore ordinario, che incontra il proprio limite nella manifesta sproporzione della singola scelta sanzionatoria, sia in relazione alle pene previste per altre figure di reato, sia rispetto alla intrinseca gravità delle condotte abbracciate da una singola figura di reato. Tale limite esclude, di qui, che la severità della pena comminata dal legislatore possa risultare manifestamente sproporzionata rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del reato: il che accade, in particolare, ove il legislatore fissi una misura minima della pena troppo elevata, vincolando così il giudice all’inflizione di pene che potrebbero risultare, nel caso concreto, chiaramente eccessive rispetto alla sua gravità (v., tra le altre, Corte Cost. sent. n. 63 e n. 28 de 2022; n. 73 del 2020; n. 284 e n. 112 del 2019).
Alla luce dei superiori principi, il collegio non ravvisa alcuna irragionevole sproporzione, tale da determinare dubbi di compatibilità con gli artt. 3 e 27 Cost., nella mancata previsione di un trattamento sanzionatorio inferiore da parte dell’art. 624-bis cod. pen., quando per la natura, la specie, i mezzi e modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Vi è infatti che il pericolo rilevante per la sicurezza individuale che determina l’ingresso di uno o più soggetti in un’abitazione per compiere un’azione furtiva costituente la ratio della norma incriminatrice non rende manifestamente arbitraria la scelta del legislatore di contemplare, in una prospettiva general-preventiva, un trattamento sanzionatorio “unitario” per tutte le ipotesi nelle quali ciò si realizzi.
In definitiva il ricorso deve essere nel complesso rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.