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Furto in abitazione: il giardino rientra nella tutela

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione. La Corte ha stabilito che il reato sussiste anche se il furto avviene in un giardino, sia esso privato o condominiale, in quanto considerato pertinenza di una privata dimora. Gli altri motivi di ricorso sono stati respinti perché ritenuti generici o mere ripetizioni di argomentazioni già disattese in appello.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Abitazione: Anche il Giardino Condominiale Rientra nella Privata Dimora

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di furto in abitazione, fornendo chiarimenti cruciali sulla nozione di “privata dimora” e delle sue pertinenze. La vicenda riguardava un furto avvenuto in un giardino, sollevando la questione se tale area potesse rientrare nella tutela rafforzata prevista dall’art. 624 bis del codice penale. La decisione sottolinea un principio consolidato: la protezione si estende oltre le mura domestiche.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto. La Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, aveva riconosciuto la continuazione con un altro reato e rideterminato la pena complessiva. L’imputato, non soddisfatto della decisione, proponeva ricorso in Cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente basava la sua difesa su tre argomenti principali:

1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che il fatto dovesse essere qualificato come furto semplice e non come furto in abitazione, poiché il giardino in cui era avvenuta la sottrazione era un’area condominiale e non una dimora privata.
2. Mancato riconoscimento della scriminante: Lamentava il mancato riconoscimento dello stato di necessità, previsto dall’art. 54 c.p., come causa di giustificazione del suo comportamento.
3. Pena e recidiva: Contestava sia la mancata disapplicazione della recidiva sia la misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati.

La Decisione della Corte: il furto in abitazione e le sue pertinenze

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo ogni motivo sollevato dall’imputato. L’analisi della Corte si è concentrata in particolare sulla nozione di privata dimora, confermando l’orientamento giurisprudenziale dominante.

La nozione estesa di privata dimora

Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Corte ha ritenuto la tesi difensiva manifestamente infondata. In primo luogo, ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse già valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva collocato l’evento nel proprio giardino privato, relegando la versione del giardino condominiale a una mera affermazione dell’imputato.

L’irrilevanza della distinzione tra giardino privato e condominiale

La Cassazione ha aggiunto un argomento decisivo: anche se si fosse trattato di un’area condominiale, la qualificazione del reato non sarebbe cambiata. Citando precedenti sentenze, la Corte ha ribadito che anche le zone comuni di un condominio, come cortili o giardini, rientrano nella nozione di pertinenza di privata dimora ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione. Questo perché tali spazi sono funzionalmente collegati all’abitazione e contribuiscono a garantirne la sicurezza e la privacy.

Le motivazioni

La Corte ha rigettato anche gli altri motivi di ricorso con argomentazioni nette. Il motivo relativo allo stato di necessità è stato giudicato “indeducibile”, in quanto si limitava a ripetere pedissequamente le argomentazioni già esposte e respinte in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata. Allo stesso modo, la censura sulla recidiva è stata dichiarata inammissibile per le medesime ragioni. Infine, la doglianza sull’aumento di pena per la continuazione è stata ritenuta “generica”, poiché il ricorrente non aveva chiarito quale fosse il vizio specifico nella quantificazione operata dal giudice di merito. La Corte ha inoltre sottolineato il valore della confessione resa dall’imputato, un dato di clamorosa rilevanza a suo carico.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio di diritto di grande importanza pratica: la tutela penale contro il furto in abitazione non si ferma alla soglia di casa, ma si estende a tutte le aree che, pur essendo comuni, sono considerate pertinenze dell’abitazione. Giardini, cortili e androni condominiali sono quindi spazi protetti, e la loro violazione per commettere un furto integra la fattispecie aggravata prevista dall’art. 624 bis c.p. La decisione serve anche come monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e non meramente ripetitivi, pena la dichiarazione di inammissibilità.

Un furto commesso in un giardino condominiale può essere qualificato come furto in abitazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche le zone condominiali, come un giardino, sono considerate pertinenze di una privata dimora. Pertanto, un furto commesso in tali aree rientra nella fattispecie del reato di furto in abitazione previsto dall’art. 624 bis del codice penale.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, come quello sulla qualificazione del reato; indeducibili, in quanto mere ripetizioni di argomenti già respinti in appello; o generici, poiché privi di una critica specifica e chiara contro la decisione impugnata.

Cosa si intende per motivo di ricorso che costituisce una “pedissequa reiterazione”?
Significa che il motivo di ricorso si limita a ripetere esattamente gli stessi argomenti già presentati e discussi nel precedente grado di giudizio (in questo caso, in appello), senza formulare una critica nuova e puntuale contro le ragioni specifiche con cui il giudice precedente li aveva respinti. Un simile motivo è considerato non specifico e, di conseguenza, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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