Furto in Abitazione: Anche il Giardino Condominiale Rientra nella Privata Dimora
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di furto in abitazione, fornendo chiarimenti cruciali sulla nozione di “privata dimora” e delle sue pertinenze. La vicenda riguardava un furto avvenuto in un giardino, sollevando la questione se tale area potesse rientrare nella tutela rafforzata prevista dall’art. 624 bis del codice penale. La decisione sottolinea un principio consolidato: la protezione si estende oltre le mura domestiche.
I Fatti del Processo
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto. La Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, aveva riconosciuto la continuazione con un altro reato e rideterminato la pena complessiva. L’imputato, non soddisfatto della decisione, proponeva ricorso in Cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente basava la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che il fatto dovesse essere qualificato come furto semplice e non come furto in abitazione, poiché il giardino in cui era avvenuta la sottrazione era un’area condominiale e non una dimora privata.
2. Mancato riconoscimento della scriminante: Lamentava il mancato riconoscimento dello stato di necessità, previsto dall’art. 54 c.p., come causa di giustificazione del suo comportamento.
3. Pena e recidiva: Contestava sia la mancata disapplicazione della recidiva sia la misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati.
La Decisione della Corte: il furto in abitazione e le sue pertinenze
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo ogni motivo sollevato dall’imputato. L’analisi della Corte si è concentrata in particolare sulla nozione di privata dimora, confermando l’orientamento giurisprudenziale dominante.
La nozione estesa di privata dimora
Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Corte ha ritenuto la tesi difensiva manifestamente infondata. In primo luogo, ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse già valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva collocato l’evento nel proprio giardino privato, relegando la versione del giardino condominiale a una mera affermazione dell’imputato.
L’irrilevanza della distinzione tra giardino privato e condominiale
La Cassazione ha aggiunto un argomento decisivo: anche se si fosse trattato di un’area condominiale, la qualificazione del reato non sarebbe cambiata. Citando precedenti sentenze, la Corte ha ribadito che anche le zone comuni di un condominio, come cortili o giardini, rientrano nella nozione di pertinenza di privata dimora ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione. Questo perché tali spazi sono funzionalmente collegati all’abitazione e contribuiscono a garantirne la sicurezza e la privacy.
Le motivazioni
La Corte ha rigettato anche gli altri motivi di ricorso con argomentazioni nette. Il motivo relativo allo stato di necessità è stato giudicato “indeducibile”, in quanto si limitava a ripetere pedissequamente le argomentazioni già esposte e respinte in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata alla sentenza impugnata. Allo stesso modo, la censura sulla recidiva è stata dichiarata inammissibile per le medesime ragioni. Infine, la doglianza sull’aumento di pena per la continuazione è stata ritenuta “generica”, poiché il ricorrente non aveva chiarito quale fosse il vizio specifico nella quantificazione operata dal giudice di merito. La Corte ha inoltre sottolineato il valore della confessione resa dall’imputato, un dato di clamorosa rilevanza a suo carico.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma un principio di diritto di grande importanza pratica: la tutela penale contro il furto in abitazione non si ferma alla soglia di casa, ma si estende a tutte le aree che, pur essendo comuni, sono considerate pertinenze dell’abitazione. Giardini, cortili e androni condominiali sono quindi spazi protetti, e la loro violazione per commettere un furto integra la fattispecie aggravata prevista dall’art. 624 bis c.p. La decisione serve anche come monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e non meramente ripetitivi, pena la dichiarazione di inammissibilità.
Un furto commesso in un giardino condominiale può essere qualificato come furto in abitazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche le zone condominiali, come un giardino, sono considerate pertinenze di una privata dimora. Pertanto, un furto commesso in tali aree rientra nella fattispecie del reato di furto in abitazione previsto dall’art. 624 bis del codice penale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati, come quello sulla qualificazione del reato; indeducibili, in quanto mere ripetizioni di argomenti già respinti in appello; o generici, poiché privi di una critica specifica e chiara contro la decisione impugnata.
Cosa si intende per motivo di ricorso che costituisce una “pedissequa reiterazione”?
Significa che il motivo di ricorso si limita a ripetere esattamente gli stessi argomenti già presentati e discussi nel precedente grado di giudizio (in questo caso, in appello), senza formulare una critica nuova e puntuale contro le ragioni specifiche con cui il giudice precedente li aveva respinti. Un simile motivo è considerato non specifico e, di conseguenza, inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6541 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6541 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Co di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brescia del 17 ot 2022, ha ritenuto la continuazione con il fatto oggetto di condanna irrogata con sentenza Tribunale di Brescia del 28 gennaio 2019 ed ha rideterminato la pena complessiva in anni uno e mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen.;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione di in relazione alla mancata riqualificazione dell’originaria imputazione in furto semplice s l’impossibilità di ritenere luogo di privata dimora il giardino condominiale – è manifesta infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo con la consolidata giurisprudenza di legittimità ed è aspecifico in quanto il ricorre mancato di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. proc, pen., perché ha se un proprio approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cu muoveva censure alla decisione avversata. Invero 1) la Corte di Appello ha valorizzato dichiarazioni della persona offesa, che aveva collocato il fatto nel giardino privato, osser che la tesi della sottrazione avvenuta nella porzione condominiale dell’immobile era s dell’imputato; 2) la Corte di appello ha altresì osservato che anche qualora, in ultima anal volesse preferire la versione del prevenuto a quella della persona offesa, anche il furto in condominiale rientrerebbe nell’ipotesi di cui all’art. 624 bis cod. pen. (in ciò adeguandosi a 5 Sentenza n. 36017 del 09/10/2020, Rv. 280007, COGNOME; Sez. 4, Sentenza n. 4215 del 10/01/2013, B., Rv. 255080).
Rilevato – quanto alla dichiarazione di responsabilità – che il medesimo motivo di ricorso è aspecifico, giacché la Corte di appello ha valorizzato un dato dotato di una clamor rileVanza a carico, vale a dire la confessione dell’imputato;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia il man riconoscimento della scriminante di cui all’art. 54 cod. pen.- è indeducibile perché fondat motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in app puntualmente disattesi dalla corte di merito (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), dovend gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Rilevato che la censura di cui al terzo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lame mancata disapplicazione della recidiva – è inammissibile per le stesse ragioni, perché ribadi censure presenti nell’appello e già adeguatamente disattese, con motivazione puntuale, dall Corte di merito (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata);
Rilevato che l’altra censura di cui al terzo motivo di ricorso- con cui il ricorrente l la misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati- è generico perché non chiaris quale sarebbe il vizio della quantificazione suddetta;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2024.