Furto in abitazione: quando l’ingresso con consenso cambia tutto
Il reato di furto in abitazione, disciplinato dall’articolo 624-bis del codice penale, rappresenta una delle figure criminose più sentite dall’opinione pubblica, data la sua capacità di violare l’intimità e la sicurezza del domicilio. Tuttavia, non ogni sottrazione di beni avvenuta tra le mura domestiche configura automaticamente questa grave ipotesi di reato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se l’autore del furto si introduce nell’abitazione con il pieno consenso del proprietario, e solo successivamente matura l’intento di rubare, il reato deve essere qualificato diversamente. Analizziamo questa importante decisione.
I fatti di causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda due persone condannate nei primi due gradi di giudizio per furto in abitazione in concorso. Gli imputati avevano presentato ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione giuridica del fatto. La loro tesi difensiva si basava su un punto cruciale: l’ingresso nell’abitazione della vittima era avvenuto con il consenso di quest’ultima, che conosceva almeno uno degli imputati. Mancava, a loro dire, l’elemento dell’introduzione illecita che caratterizza il reato contestato.
La distinzione tra furto in abitazione e furto con abuso di ospitalità
Il cuore della questione giuridica risiede nella differenza tra due fattispecie di reato:
1. Furto in abitazione (art. 624-bis c.p.): Richiede che l’agente si introduca in un luogo di privata dimora contro la volontà, espressa o tacita, di chi ha il diritto di escluderlo. È necessario un nesso finalistico, ovvero l’introduzione deve essere finalizzata fin dall’inizio al compimento del furto.
2. Furto aggravato dall’abuso di relazioni di ospitalità (art. 624 e 61 n. 11 c.p.): Si configura quando una persona, legittimamente presente in un’abitazione perché ospitata, approfitta di tale condizione per commettere un furto. In questo caso, l’intento criminoso sorge in un momento successivo all’ingresso consensuale.
Nel caso di specie, la difesa sosteneva che la situazione rientrasse nella seconda ipotesi, meno grave, e non nella prima.
La decisione della Corte sul furto in abitazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso degli imputati non manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che, sulla base degli atti, la vittima conosceva uno degli imputati e non aveva motivo di negargli l’accesso a casa. Inoltre, il decesso della persona offesa prima del dibattimento ha reso impossibile chiarire la natura esatta dei rapporti tra le parti e le circostanze dell’ingresso.
Le motivazioni della sentenza
La Corte, richiamando consolidati principi giurisprudenziali, ha affermato che “non integra il reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessi di beni mobili dopo essersi introdotto nell’abitazione del soggetto passivo con il suo consenso“. Per configurare il delitto di cui all’art. 624-bis, è indispensabile che tra l’introduzione nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile sussista un nesso finalistico e non meramente occasionale. L’agente deve entrare in casa al fine di rubare, non deve semplicemente sfruttare un’occasione propizia che si presenta dopo essere entrato legittimamente.
Il ragionevole dubbio sulla corretta qualificazione del fatto ha avuto una conseguenza processuale decisiva. Poiché il motivo di ricorso non era palesemente infondato, la Corte ha dovuto procedere alla verifica dei termini di prescrizione del reato, che per l’ipotesi meno grave di furto semplice aggravato erano già decorsi.
Le conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza disporre un nuovo processo, dichiarando il reato estinto per prescrizione. Questa pronuncia non assolve gli imputati nel merito, ma evidenzia un’importante implicazione pratica: ai fini della condanna per furto in abitazione, l’accusa deve provare in modo inequivocabile che l’ingresso nell’altrui domicilio era finalizzato sin dal principio a commettere la sottrazione. In assenza di tale prova o in presenza di un ragionevole dubbio, il fatto deve essere riqualificato, con possibili conseguenze, come in questo caso, sulla prescrizione del reato.
Quando un furto commesso in casa non è considerato ‘furto in abitazione’ ai sensi dell’art. 624-bis cod. pen.?
Non si configura il reato di furto in abitazione quando l’autore si impossessa di beni mobili dopo essere entrato nell’abitazione con il consenso del proprietario. In questo caso, potrebbe trattarsi di furto aggravato dall’abuso di relazioni di ospitalità.
Qual è l’elemento essenziale per configurare il reato di furto in abitazione?
È necessario un ‘nesso finalistico’ tra l’introduzione nell’abitazione e il furto. Ciò significa che l’ingresso deve essere avvenuto con lo scopo specifico di rubare, e non per altri motivi, sfruttando solo in un secondo momento un’occasione propizia.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione solleva un dubbio fondato sulla qualificazione del reato?
Se il dubbio sulla corretta qualificazione del reato non è manifestamente infondato, la Corte deve prenderlo in considerazione. Come nel caso di specie, ciò può portare a ricalcolare i termini di prescrizione sulla base dell’ipotesi di reato meno grave e, se questi sono decorsi, a dichiarare l’estinzione del reato e annullare la condanna.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12637 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 12637 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a SANT’AGATA DI COGNOME il 10/07/1986 COGNOME NOME nato a PATTI il 01/08/1992
avverso la sentenza del 29/03/2023 della CORTE D’APPELLO DI MESSINA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono con atti separati la sentenza della Corte di appello di Messina che ha confermato quella emessa dal Tri COGNOME che ne accertava la responsabilità per il delitto di cui agli artt. 61 n.2, 1 pen., dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui agli artt. 81 e 110 cod. p 9, d.lgs. 231 del 2007;
letta la memoria depositata dalla difesa, con la quale chiede che sia rimesso al quinta la trattazione, non essendo indicata nell’avviso di udienza ex art. 610, comma 1, cod. proc. pen. la c usa di inammissibilità ma solo, quale causa di assegnazione alla Sezione l’estinzione del reato per prescrizione; considerato che ai sensi del par. 55.2 de organizzazione di questa Corte di cassazione la Settima sezione può decidere ex art. 610 cod.
proc. pen. anche in relazione alla estinzione del reato per prescrizione in caso di assenza della parte civile, come è nel caso in esame;
Considerato che il primo motivo di ricorso – che lamenta violazione di legge penale e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato di cui all’art. 624 bis cod. pe nel reato di furto aggravato dall’abuso di relazioni di ospitalità ex art. 624 e 61 n.11 cod. pe non è manifestamente infondato, in relazione al principio per cui “non integra il reato di furto abitazione la condotta di colui che si impossessi di beni mobili dopo essersi introdott nell’abitazione del soggetto passivo con il suo consenso” (Sez. 4, Sentenza n. 3450 del 20/12/2018, Rv. 275115 – 01). Inoltre, si è affermato che – cfr. Sez. 4, n. 3716 del 11/01/2023, COGNOME, Rv. 284090 – 01 – ai fini della configurabilità del reato di furto in abitazione, necessario che sussista, tra l’introduzione nell’abitazione e l’impossessamento della cosa mobile, un nesso finalistico e non meramente occasionale o integrato dallo sfruttamento di un’occasione propizia (conf: N. 18792 del 2019 Rv. 276087 – 01, N. 21293 del 2014 Rv. 260225 – 01, N. 14868 del 2010 Rv. 246886 – 01). Nel caso di specie la vittima conosceva l’imputato, in quanto residente della stessa contrada e non aveva, di conseguenza, alcun motivo per vietargli l’ingresso nella propria abitazione (cfr. sentenza impugnata pag. 4); inoltre, a causa del decesso della persona offesa prima del dibattimento, non è possibile definire i rapporti tra la vittima ed ricorrente, per questo motivo sussiste un ragionevole dubbio in ordine alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 624-bis codice penale. Sono quindi non manifestamente infondate le doglianze dell’imputato che chiedono la riqualificazione del fatto nel reato di furto aggravat dall’abuso di relazioni di ospitalità ex art. 624 e 61, comma 1, n.11, cod. pen.;
Deve, pertanto, rilevarsi che, data la non manifesta infondatezza del motivo di ricorso, il 21 luglio 2023 è spirato il termine di prescrizione del reato di furto, commesso il 21 gennai 2011, pari a anni dodici e mesi sei (non constando sospensioni). Deve disporsi l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il Presidente