Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 16419 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 16419 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 21/02/1984
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto
1.NOME COGNOME a mezzo difensore abilitato, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, che ha confermato la pronuncia del Tribunale di Trieste di affermazione di responsabilità e condanna nei suoi confronti alle pene di giustizia con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata, in ordine al delitto di cui
artt. 624 bis commi 1 e 3 e 625 n. 4 cod. pen., oltre al risarcimento del danno in favore del parte civile costituita.
2.L’atto di impugnazione si è affidato a due motivi, di seguito enunciati nei limiti di st necessità di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1.1 due motivi hanno rispettivamente dedotto inosservanza della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen., momento che la persona offesa-parte civile avrebbe sempre consentito che egli entrasse nei locali della tavernetta dell’immobile di sua proprietà, con il venir meno di uno degli elemen essenziali della fattispecie, che esige che l’introduzione nell’altrui privata dimora sia ill abusiva od ottenuta con l’inganno. Non sarebbe stata fornita motivazione logica, inoltre, a riguardo delle ragioni sottostanti la scelta di consegnare la terza cassetta di frutta e d inaffidabilità della versione alternativa proposta dalla difesa dell’imputato.
Considerato in diritto
Il ricorso, con tratti d’inammissibilità, è nel complesso infondato.
1.E’ consolidato principio di diritto che integra il delitto di furto in abitazione, di cui al bis cod. pen., la condotta di chi si impossessi di beni mobili, sottraendoli al legittimo detent dopo essersi introdotto nella dimora di questi con il suo consenso carpito mediante inganno (sez. 5, n. 16995 del 21/11/2019, Pompei, Rv. 279110).
1.1.Con proposizioni incensurabili e in un contesto di doppia conforme, nel quale le deliberazioni di merito si integrano reciprocamente ed al quale al giudice di legittimità consentito indifferentemente attingere, le decisioni del duplice grado hanno pianamente ed efficacemente illustrato come la ricostruzione della vicenda consti di una cesura decisiva tra segmenti dei due accessi dell’imputato nell’abitazione della vittima del furto; il pr liberamente autorizzato ed il secondo con un consenso ottenuto con modalità capziose e fraudolente, effetto dell’avvistamento, in occasione della primigenia introduzione, della bust con le banconote; dopo aver venduto le casse di arance, raggiunto l’obbiettivo, la richiesta d entrare ancora in casa è stata logicamente interpretata come un pretesto, strumentale alla sottrazione del denaro, al lume, in particolare, del contegno decettivo (pag. 4 sent. di pri grado, pagg. 17 e 20 appello) costituito dal poggiare la terza cassa di frutta sul tavolo, quale la parte lesa aveva lasciato la busta con il denaro, nonostante l’invito a posarla per ter e, immediatamente dopo aver ricevuto il corrispettivo dell’ultima fornitura di arance – dop aver profittato che la vittima si fosse per qualche istante scostata per andare a prelevare 1 euro nell’ufficio contiguo alla tavernetta, per pagare la merce – dall’abbracciarla con la scusa
accompagnarla all’esterno e regalarle una partita di pomodori che aveva nel furgone, circostanze “avvolgenti” persuasivamente ritenute contestuali all’infida e rapida asportazione
del contenuto della busta e al progetto di distogliere l’offeso dalla vigilanza sull’import somma in contanti.
1.2.Le scarne doglianze difensive – orientate, in difetto di idoneo confronto con il corred espositivo della decisione impugnata, a rappresentare la plausibilità di una differente
interpretazione del comportamento tenuto dall’imputato in occasione del furto – si risolvono in un invito ad un integrale riesame del compendio probatorio, non consentito in questa sede, dal
momento che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti ne
giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro ca dimostrativa, con la conseguenza che sono inammissibili in sede di legittimità le censure che
nella sostanza siano finalizzate soltanto a sollecitare una rivisitazione del materiale probator
(sez. U n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; sez. U n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv.
216620; sez. U n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074; in motivazione, sez. 5, n.
49362 del 07/12/2012, Consorte, Rv. 254063; sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv.
236540; v. anche sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 238215; sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, COGNOME, Rv. 244623).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla reiezione del ricorso, consegue la condanna de ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.