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Furto in abitazione: entrare senza suonare è reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18553/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato contro il patrimonio. Il semplice atto di introdursi in un’abitazione senza suonare il campanello è stato ritenuto sufficiente a dimostrare l’intento furtivo, configurando così un’azione idonea al compimento del furto in abitazione. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando la congruità della motivazione e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in abitazione: Entrare senza suonare è sufficiente per la condanna

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di reati contro il patrimonio, in particolare per il furto in abitazione. La Suprema Corte ha stabilito che l’atto di introdursi in un’abitazione altrui, in presenza dei proprietari ma senza annunciarsi (ad esempio, suonando il campanello), è di per sé una condotta idonea a dimostrare l’intento criminoso. Vediamo nel dettaglio questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato nei primi due gradi di giudizio per un reato contro il patrimonio. L’imputato era stato ritenuto responsabile di essersi introdotto in una cascina con il chiaro obiettivo di impossessarsi di denaro o altri beni di valore. L’elemento chiave della vicenda era la modalità di ingresso: l’uomo era entrato nell’abitazione senza suonare alla porta, nonostante i proprietari fossero presenti all’interno. La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la condanna, ritenendo la motivazione del primo giudice solida e coerente.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di furto in abitazione

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte lo ha dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, la decisione della Corte territoriale era sorretta da un apparato argomentativo logico e completo. I giudici hanno confermato che la condotta dell’imputato non lasciava spazio a interpretazioni alternative: entrare furtivamente, senza annunciarsi, in un’abitazione privata rivela in modo inequivocabile l’intenzione di commettere un reato. Questo comportamento è stato considerato causalmente idoneo al conseguimento dell’obiettivo delittuoso, integrando così gli estremi del reato contestato. La Corte ha inoltre ritenuto proporzionato l’aumento di pena applicato, data la gravità dei fatti.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione si fondano su una valutazione logica del comportamento umano. I giudici hanno spiegato che l’azione di introdursi in una proprietà privata senza suonare il campanello o bussare non è un gesto neutro, specialmente quando i legittimi occupanti sono presenti. Tale condotta, definita ‘furtiva’, è stata interpretata come l’atto iniziale di un piano criminoso volto a sottrarre beni. La Corte ha sottolineato come questa azione sia sufficiente a integrare l’elemento oggettivo del reato, in quanto idonea a violare la sfera privata e patrimoniale della vittima. La valutazione della Corte territoriale è stata quindi considerata incensurabile in sede di legittimità, in quanto basata su una ponderata analisi del merito che non presentava vizi logici o giuridici.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la tutela del domicilio. La decisione chiarisce che per la configurazione del reato di furto in abitazione (o del suo tentativo) non è necessario che il colpevole venga sorpreso con la refurtiva in mano. Atti preparatori, se manifestano in modo inequivocabile l’intenzione criminale, possono essere sufficienti per una pronuncia di condanna. La valutazione del comportamento ‘furtivo’ dell’agente diventa quindi centrale per l’accertamento della responsabilità penale, offrendo una tutela più efficace contro le intrusioni illecite nella sfera privata. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende sancisce la definitività della decisione e la manifesta infondatezza delle sue doglianze.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse basata su argomentazioni logiche, coerenti e sufficienti a giustificare la condanna, senza presentare vizi legali.

Quale comportamento specifico è stato considerato prova dell’intento criminoso?
L’essersi introdotto in una cascina, in presenza dei proprietari, senza aver preventivamente suonato alla porta. Questo comportamento è stato interpretato come un chiaro e furtivo intento di entrare nell’abitazione per commettere un furto.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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