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Furto in abitazione: disporre dei beni dell’ex inquilino

Un proprietario di un garage, dopo la fine di un contratto di locazione, ha autorizzato terzi a svuotare il locale dai beni lasciati dall’ex inquilino. La Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato di furto in abitazione. Secondo la Corte, non è necessaria la materiale apprensione dei beni, essendo sufficiente averne disposto come proprietario (uti dominus), ad esempio consegnando le chiavi e ordinandone la rimozione. Il profitto del reato non è solo economico, ma consiste anche nel vantaggio di poter disporre liberamente dell’immobile, fine che si ottiene tramite l’impossessamento dei beni altrui.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in abitazione: quando svuotare il garage dell’ex inquilino diventa reato

Liberare un immobile dai beni lasciati da un precedente inquilino può sembrare un’azione legittima per il proprietario, ma una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda che le modalità sono cruciali. Disporre dei beni altrui senza autorizzazione, anche se con l’intento di rientrare in possesso del proprio locale, può integrare il grave reato di furto in abitazione. Questo articolo analizza la decisione, chiarendo i confini tra l’esercizio di un proprio diritto e la commissione di un illecito penale.

I fatti di causa

Il caso riguarda il proprietario di un garage che, dopo la fine del rapporto di locazione con un inquilino, aveva mantenuto la disponibilità del locale verso un corrispettivo. Successivamente, il proprietario ha stipulato un nuovo contratto di locazione con altre persone e ha deciso di far svuotare il garage dai beni ancora presenti, appartenenti all’ex conduttore.

Per fare ciò, ha incaricato un intermediario di procedere, il quale a sua volta ha contattato un’impresa specializzata in mercatini dell’usato che ha prelevato tutto il materiale. L’ex inquilino, trovando il garage vuoto, ha sporto denuncia. Il proprietario è stato quindi accusato di furto in abitazione, aggravato dal fatto che il garage è considerato una pertinenza di un’abitazione privata.

La qualificazione giuridica: perché è furto in abitazione?

La difesa dell’imputato si basava su due punti principali: la mancanza di un impossessamento materiale dei beni e l’assenza del dolo specifico di profitto. In subordine, chiedeva di riqualificare il fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, un reato meno grave. La Cassazione ha rigettato tutte queste argomentazioni.

Concorso morale e materiale nel reato

Secondo la Corte, per essere responsabili di furto non è necessario sottrarre fisicamente i beni. Nel caso di specie, il proprietario ha commesso il reato in qualità di concorrente morale e materiale. È stato lui a prendere la decisione di svuotare il garage (determinatore) e ha fornito il mezzo essenziale per compiere l’azione (le chiavi del locale).

L’azione di disporre dei beni altrui uti dominus, cioè come se ne fosse il legittimo proprietario, autorizzando terzi a prelevarli, costituisce l’impossessamento richiesto dalla norma. L’atto di rimozione fisica (amotio) compiuto da altri su sua disposizione è a lui pienamente attribuibile.

Il profitto nel reato di furto in abitazione

La difesa sosteneva che l’unico scopo del proprietario era liberare l’immobile, non trarre un profitto dai beni. Tuttavia, la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, ha chiarito che il “profitto” nel furto non deve essere necessariamente di natura economica. Esso può consistere in qualsiasi vantaggio, anche non patrimoniale, che l’autore intende trarre dall’impossessamento.

Nel caso specifico, il profitto è stato individuato proprio nella possibilità di disporre liberamente del garage, un vantaggio ottenuto direttamente tramite la sottrazione dei beni che lo occupavano. Il fine di liberare l’immobile non è una scusante, ma è proprio il vantaggio che integra il dolo specifico del reato.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i motivi del ricorso. Ha stabilito che la ricostruzione dei fatti non era in discussione: l’imputato aveva preso la decisione di svuotare il garage e ne aveva organizzato l’esecuzione, seppur tramite terzi. La qualificazione giuridica come furto in abitazione è stata giudicata corretta. La Corte sottolinea che non rileva la mancata materiale apprensione dei beni da parte dell’imputato, poiché egli ne ha disposto uti dominus, autorizzandone l’asportazione. Questa condotta integra sia il ruolo di determinatore (concorrente morale) sia quello di concorrente materiale, avendo fornito il mezzo (le chiavi) per accedere al locale.

Inoltre, la Corte ha chiarito che il profitto perseguito non deve essere confuso con il movente ulteriore. Il profitto diretto e immediato è derivato dalla possibilità di disporre liberamente delle res (i beni) custodite nel garage. Il fine ultimo di liberare l’immobile per destinarlo a nuovi inquilini è un motivo che non esclude il dolo specifico di profitto, ma ne rappresenta, in questo contesto, la concretizzazione. Infine, è stato respinto il tentativo di riqualificare il reato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 c.p.). Questo reato presuppone che l’agente agisca per tutelare una pretesa che potrebbe far valere davanti a un giudice. Tuttavia, autorizzare terzi a disporre dei beni di un altro non è un’azione che un giudice avrebbe potuto ordinare per ottenere lo sgombero dell’immobile, rendendo la condotta del tutto illegittima e non riconducibile a tale fattispecie.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nessuno può farsi giustizia da sé, specialmente quando ciò lede il diritto di proprietà altrui. Anche se l’intento è quello di recuperare la piena disponibilità di un proprio immobile, le azioni devono sempre rimanere nei limiti della legalità. Svuotare un locale dai beni di un ex inquilino, disponendone come se fossero propri, non è un atto di autotutela, ma un’azione di spoglio che la legge qualifica come furto aggravato. Questa decisione serve da monito per i proprietari di immobili: per far valere i propri diritti, come quello di ottenere la liberazione di un locale, è necessario ricorrere agli strumenti legali previsti dall’ordinamento, evitando scorciatoie che possono avere gravi conseguenze penali.

Svuotare un garage dai beni di un ex inquilino può essere considerato furto?
Sì, secondo la sentenza, l’azione di disporre dei beni di un ex inquilino, anche senza impossessarsene materialmente ma autorizzando altri a rimuoverli, integra il reato di furto in abitazione, poiché il garage è considerato pertinenza di un’abitazione.

Per essere accusati di furto è necessario toccare fisicamente la refurtiva?
No. La Corte ha chiarito che essere il “determinatore” del reato (colui che decide e organizza l’azione) e fornire i mezzi per compierlo (come le chiavi) è sufficiente per essere ritenuti responsabili a titolo di concorso, anche se la rimozione materiale è eseguita da terzi.

Qual è il “profitto” se l’intenzione era solo quella di liberare l’immobile?
Il profitto nel reato di furto non deve essere necessariamente economico. La sentenza stabilisce che il vantaggio di poter disporre liberamente dell’immobile, ottenuto attraverso la sottrazione dei beni altrui, costituisce il profitto richiesto dalla norma per configurare il dolo specifico del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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