Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35565 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35565 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/03/2025 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal ConsigNOMEe NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la pronuncia di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la condanna di NOME COGNOME per il reato di tentato furto aggravato in appartamento.
È stato proposto ricorso fondato su due motivi deducenti violazioni di legge e vizi cumulativi di motivazione (di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
La Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in merito all’eccezione di nullità della sentenza di primo grado per omessa indicazione degli elementi probatori sottesi alla decisione e al giudizio di responsabilità. Nel confermare l’accertata responsabilità dell’imputato il giudice d’appello non si sarebbe confrontato con la tesi difensiva per cui il prevenuto si sarebbe introdotto all’interno dell’abitazione non furtivamente ma solo al fine di vendere propri prodotti alla persona offesa, un anziano disabile, e che non avrebbe in realtà rovistato all’interno dei cassetti ma li avrebbe aperti solo per dimostrare all’anziano dove riporre gli oggetti proposti in vendita. Sarebbe comunque errata la qualificazione giuridica in termini di tentato furto in abitazione in luogo del mero tentato furto. Il prevenuto si sarebbe introdotto all’interno dell’abitazione non con la finalità di sottrarre beni bensì di vedere propri prodotti e quindi con modalità non ingannatorie. In tesi difensiva, si tratterebbe comunque di qualificazione sorretta da motivazione manifestamente illogica nella parte in cui si ritiene necessario l’accesso all’abitazione carpito con inganno e allo stesso tempo si reputa irrilevante l’incertezza in merito alle concrete modalità d’accesso (se avvenuto mediante l’utilizzo di chiavi già inserite nella toppa ovvero grazie all’apertura della porta da parte della stessa persona offesa).
Il ricorso è inammissibile in quanto, come emerge dal raffronto con i motivi d’appello, le censure, anche laddove prospettate come rivolte alla specifica motivazione di secondo grado, sono fondate esclusivamente su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale. Trattasi dunque di censure da considerarsi non specifiche ma soltanto apparenti in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis: Sez. 4, n. 26319 del 17/06/2025, COGNOME, tra le più recenti, e Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
A quanto innanzi, di per sé fondante l’inammissibilità dell’impugnazione, i motivi sono inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle prospettabili in sede di legittimità (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano, ex plurimis, oltre alla citata sentenza «COGNOME»; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; si vedano altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 – ; .dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi rilevanti anche con riferimento al ricorso per cassazione). Ci si riferisce alle dogliabze in fatto con le quali il ricorrente vorrebbe sostituirsi alla valutazione del giudice di merito degli elementi probatori. In tesi difensiva si tratterebbe difatti di elementi che avrebbero dovuto condurre a ritenere operato l’accesso all’interno dell’abitazione dell’anziano disabile per vedere prodotti. Sicché, per la valutazione degli elementi probatori inammissibilmente offerta dalla difesa in sede di legittimità, l’imputato avrebbe aperto i cassetti presenti nella stanza da letto per dimostrare, all’anziano abitante nell’immobile, dove la persona offesa avrebbe potuto riporre i beni eventualmente acquistati per poi però fuggire a bordo di una vettura in seguito all’intervento della vicina di casa attirata dalle grida dello stesso anziano.
I profili di censura deducenti il difetto assoluto di motivazione oltre che la manifesta illogicità della sentenza e l’erronea qualificazione giuridica sono invece inammissibili anche in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa GLYPH alla sentenza GLYPH impugnata GLYPH (sul GLYPH contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione sull’inammissibilità, anche in termini d’inammissibilità del motivo che non si confronta con la sentenza impugnata, si veda la giurisprudenza di
legittimità già citata nel precedente paragrafo 4). La Corte territoriale, diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, ha considerato la censura deducente il difetto motivazionale della sentenza di primo grado in merito agli elementi sottesi alla ritenuta accertata responsabilità del prevenuto e alla corretta qualificazione giuridica. Con motivazione non sindacabile in sede di legittimità, in quanto coerente e non manifestamente illogica, i giudici d’a”ppello, in considerazione della censura mossa, hanno evidenziato i mezzi di prova da cui sono stati tratti gli elementi probatori ritenuti rilevanti (primo capoverso di pag. 1). All’esito è stata confermata la ricostruzione fattuale per cui l’imputato si sarebbe introdotto con l’inganno all’interno dell’abitazione proponendosi quale venditore ambulante, a prescindere se previa apertura della porta da parte dell’anziano ovvero in ragione delle chiavi già presenti nella serratura. Il nesso finalistico tra l’introduzione avvenuta con inganno e l’impossessamento (nella specie integrato in termini di mero tentativo) è stato ritenuto confermato anche dalla permanenza all’interno dell’abitazione nonostante i ripetuti rifiuti manifestati dall’anziano rispetto alla proposta di vendita e dalla condotta tenuta nel medesimo contesto spazio-temporale. Trattasi difatti di proposte ritenute provenienti da soggetto che, permanendo comunque all’interno dell’abitazione, si è recato all’interno della camera da letto ove ha rovistato nei cassetti per poi darsi alla fuga a bordo di una vettura all’esito dell’intervento di una vicina di casa attratta dalle grida dell’anziano disabile.
L’evidenziato apparato motivazionale si mostra peraltro coerente con i principi di diritto governanti la materia, con i quali invece il ricorrent sostanzialmente non confronta il suo dire con censure che, per tale motivo, si mostrano manifestamente infondate. È difatti integrato il furto in abitazione (nella specie tentato) anche nell’ipotesi di accesso in taluno dei luoghi di cui all’art. 624-bis cod. pen. avvenuto con inganno (ex plurimis, Sez. 5, n. 16995 del 21/11/2019, dep. 2020, Pompei, Rv. 279110 – 01), laddove, come ritenuto nella specie, tra l’introduzione e l’impossessamento della cosa mobile (anche nella forma tentata) vi sia un nesso finalistico e non meramente occasionale o integrato dallo sfruttamento di un’occasione propizia (ex plurimis, Sez. 4, n. 3716 de1111/01/23, COGNOME, Rv. 284090 – 01).
6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 settembre 2025
ICC : Cm 1. NOME ésfensdré
Il Presidenté