Furto in Abitazione: Anche una Casa Vuota è Tutelata dalla Legge
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27068/2024, torna a pronunciarsi su un tema di grande interesse pratico: i requisiti del reato di furto in abitazione. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla nozione di ‘privata dimora’ e sulla valutazione delle prove, confermando un orientamento consolidato che estende la tutela penale anche agli immobili non abitati in modo continuativo. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto, aggravato, commesso all’interno di un’abitazione. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale di Castrovillari, era stata confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro distinti motivi volti a smontare l’impianto accusatorio e la correttezza della qualificazione giuridica del fatto.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha sollevato diverse censure, tra cui:
1. Sulla prova: Si contestava la validità della prova basata sulle impronte digitali, sostenendo che fosse necessario il sequestro dei tubi sui quali erano state rinvenute.
2. Sulla qualificazione del reato: Si argomentava che non si potesse configurare il furto in abitazione poiché l’immobile era disabitato al momento della commissione del fatto.
3. Sull’aggravante: Si negava la sussistenza dell’aggravante di aver agito in circostanze di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, nonostante la casa fosse isolata e poco frequentata.
4. Sulle attenuanti: Si lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze e fornendo motivazioni dettagliate per ciascuna di esse.
La nozione di abitazione nel furto qualificato
Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione del reato. La Corte ribadisce, richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 31345/2017), che per integrare il reato di furto in abitazione è irrilevante che l’immobile sia disabitato al momento del delitto. Ciò che conta è la sua destinazione. Si considera ‘luogo di privata dimora’ qualsiasi spazio in cui una persona svolga, anche in modo non continuativo, atti della propria vita privata. Rientrano in questa categoria, quindi, non solo la casa di residenza, ma anche le seconde case, le case vacanza o gli immobili in attesa di essere abitati, poiché mantengono la loro funzione di tutela della sfera privata dell’individuo.
La validità della prova e la valutazione delle aggravanti
La Corte ha ritenuto manifestamente infondati anche gli altri motivi. Per quanto riguarda le impronte digitali, i giudici hanno chiarito che l’elemento di prova non è l’oggetto su cui si trova l’impronta (il ‘reperto’), bensì l’attività di rilievo scientifico eseguita dalla polizia giudiziaria. Se tale attività non è contestata, la prova è pienamente valida.
In merito all’aggravante, la Cassazione ha confermato la corretta valutazione della Corte d’Appello. L’ubicazione isolata dell’abitazione e la sua scarsa frequentazione da parte del proprietario, residente altrove, sono state considerate circostanze che oggettivamente facilitavano l’azione criminale, rendendo più difficile la difesa del patrimonio. Il fatto che il furto sia stato scoperto per caso non smentisce questa conclusione.
Infine, sul diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha sottolineato che il giudice di merito ha adeguatamente motivato la sua decisione, basandosi su specifici indici personali e fattuali, e non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole all’imputato, potendosi concentrare su quelli ritenuti decisivi.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida principi giuridici di notevole importanza. In primo luogo, rafforza la tutela penale dei luoghi di privata dimora, interpretando in senso ampio la nozione di ‘abitazione’ ai fini del reato di furto. Questa interpretazione estende la protezione a tutti quegli immobili che, pur non essendo abitati stabilmente, sono destinati allo svolgimento di attività legate alla vita privata. In secondo luogo, chiarisce aspetti procedurali rilevanti, come la piena validità probatoria dei rilievi dattiloscopici a prescindere dal sequestro del supporto materiale. La decisione, nel suo complesso, conferma un approccio rigoroso nella repressione dei reati contro il patrimonio, bilanciando le esigenze di difesa sociale con il corretto inquadramento giuridico dei fatti.
Si può essere condannati per furto in abitazione se la casa è disabitata al momento del reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, è irrilevante che l’abitazione sia disabitata al momento del furto. Ciò che conta è che il luogo sia destinato, anche non occasionalmente, allo svolgimento di atti della vita privata del proprietario, come nel caso di una seconda casa o di una casa per le vacanze.
Perché la prova delle impronte digitali è stata ritenuta valida anche senza il sequestro dell’oggetto su cui sono state trovate?
La Corte ha specificato che, ai fini probatori, l’elemento cruciale è l’attività di rilievo delle impronte effettuata dalla polizia giudiziaria. Se tale attività è svolta correttamente e non viene contestata, costituisce una prova valida, indipendentemente dal fatto che l’oggetto fisico (il reperto) su cui si trovava l’impronta venga sequestrato o meno.
Quando si applica l’aggravante di aver approfittato di circostanze che ostacolano la difesa?
Nel caso esaminato, l’aggravante è stata applicata perché l’abitazione era poco frequentata dal proprietario (che risiedeva altrove) e si trovava in un luogo isolato. Queste circostanze, secondo la Corte, hanno oggettivamente facilitato l’azione predatoria, rendendo più difficile la difesa pubblica o privata, e quindi giustificano l’applicazione dell’aggravante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27068 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27068 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CASSANO ALLO JONIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Castrovillari di condanna per il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen.;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta non necessità del sequestro dei tubi da dove erano state prelevate le impronte digitali successivamente comparate – è manifestamente infondato. La tesi della Corte di Appello è corretta: ai fini probatori, ciò che rileva a fini indiziari è l’attività di rili impronte già effettuata dalla polizia giudiziaria – su cui il ricorrente non formula riserve – e non già il reperto su cui l’impronta si trovava;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riferimento alla qualificazione del reato – è reiterativo, nonché manifestamente infondato, poiché, ai fini del giudizio di penale responsabilità per il reato di furto in abitazione, non è rilevante il fatto c l’abitazione fosse disabitata al momento della commissione del delitto, in quanto, secondo il costrutto della sentenza impugnata, si tratta comunque di luogo ove, non occasionalmente, venivano svolti atti della vita privata del proprietario e delle sue pertinenze (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017 Ud. (dep. 22/06/2017 ), COGNOME, Rv. 270076 – 01)
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’ait 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta aggravante di cui all’art. 61 comma 5 cod. pen. – è anch’esso da considerarsi reiterativo e manifestamente infondato. La Corte di Appello ha correttamente valutato la circostanza per la quale l’abitazione era poco frequentata dal suo proprietario (residente altrove) e situata in un luogo isolato, circostanze che avevano obiettivamente facilitato l’azione predatoria, senza che valga a smentire la correttezza di tale conclusione la circostanza che il furto, per circostanze fortuite, sia stato scoperto;
Rilevato che il quarto motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. con riferimento al diniego delle attenuanti generiche – è manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore (cfr. pagg. 5 – 6). Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice,
quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ri decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv., 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv. 248244);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 giugno 2024.