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Furto in abitazione: anche la casa vacanze è tutelata

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto in abitazione, commesso in una casa utilizzata solo occasionalmente. La Corte ha stabilito che la nozione di privata dimora, rilevante per il reato di furto in abitazione, si estende anche alle seconde case o case vacanze, in quanto luoghi destinati allo svolgimento di atti della vita privata, anche se non in modo continuativo. Gli altri motivi di ricorso, relativi all’assorbimento di una contravvenzione, alla prescrizione e alla concessione di attenuanti, sono stati ritenuti inammissibili o manifestamente infondati.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Abitazione: la Cassazione Conferma la Tutela Anche per le Case Vacanza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8377 del 2025, ha affrontato un’importante questione relativa al reato di furto in abitazione, stabilendo che la speciale tutela prevista dalla legge si applica anche alle cosiddette ‘seconde case’ o case per le vacanze. Questa decisione chiarisce in modo definitivo la portata della nozione di ‘privata dimora’ nel diritto penale, confermando un orientamento volto a proteggere la sfera privata dell’individuo in ogni luogo in cui essa si esplica.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di furto aggravato in un’abitazione e per una contravvenzione connessa. La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la condanna, limitandosi a ridurre l’entità della pena. L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando diversi motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso in cinque punti principali:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: Secondo il ricorrente, l’immobile in cui era avvenuto il furto non poteva essere considerato ‘privata dimora’ ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale, poiché era abitato solo occasionalmente e non in modo stabile.
2. Assorbimento della contravvenzione: Si sosteneva che la contravvenzione contestata (possesso di arnesi da scasso) avrebbe dovuto essere assorbita nel reato più grave di furto, aggravato dalla violenza sulle cose (il taglio del lucchetto di una bicicletta).
3. Intervenuta prescrizione: In subordine, si chiedeva di dichiarare l’estinzione della contravvenzione per il decorso del tempo.
4. Mancata motivazione: La difesa lamentava la carenza di motivazione riguardo al diniego di misure alternative alla detenzione.
5. Omessa concessione di un’attenuante: Infine, si contestava il mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, nonostante la stessa Corte territoriale avesse definito il fatto ‘non grave’.

L’Analisi della Corte sul Furto in Abitazione

Il cuore della sentenza risiede nella risposta al primo motivo di ricorso. La Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato, richiamando i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella celebre sentenza ‘D’Amico’. La Corte ha ribadito che la nozione di ‘privata dimora’ include tutti i luoghi in cui si svolgono, anche in modo non continuativo, atti della vita privata.

Di conseguenza, anche un’abitazione utilizzata solo per alcuni periodi dell’anno, come una casa per le vacanze, rientra a pieno titolo in questa categoria. La legge, infatti, non tutela la continuità del rapporto con l’immobile, ma la sfera di riservatezza e intimità della persona che in quel luogo si manifesta. La presenza di biciclette nel cortile, inoltre, era un chiaro segno che l’abitazione fosse in uso, anche se non permanentemente.

Le Questioni Procedurali e di Diritto

La Corte ha dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso per ragioni prevalentemente procedurali. Il secondo e il quinto motivo sono stati respinti perché sollevati per la prima volta in Cassazione, mentre avrebbero dovuto essere presentati nel giudizio di appello.

Il motivo sulla prescrizione della contravvenzione è stato giudicato infondato. La Corte ha effettuato un calcolo preciso dei termini, tenendo conto delle sospensioni introdotte dalla cosiddetta legge ‘Orlando’ (L. 103/2017), applicabile ai reati commessi nel 2018. Il calcolo ha dimostrato che, al momento della sentenza d’appello, il reato non era ancora prescritto.

Infine, anche il motivo sul diniego delle misure alternative è stato respinto, poiché la decisione della Corte d’Appello era stata adeguatamente motivata sulla base dei precedenti penali dell’imputato e della sua generale inaffidabilità.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Il primo è di natura sostanziale: l’interpretazione estensiva del concetto di ‘privata dimora’ è finalizzata a garantire una protezione rafforzata alla sfera personale dell’individuo, che non viene meno solo perché un luogo è abitato saltuariamente. La potenziale offensività di un’intrusione non diminuisce se la vittima è presente solo in determinati periodi. Il secondo pilastro è di natura procedurale: la Corte ribadisce il principio secondo cui il ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, non possono essere introdotti in questa sede motivi di doglianza che non sono stati precedentemente sottoposti al giudice dell’appello.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione consolida un importante principio di diritto: il reato di furto in abitazione si configura anche se il furto avviene in una seconda casa o in un’abitazione usata per le vacanze. La tutela penale è accordata non alla proprietà in sé, ma alla proiezione della vita privata della persona in quel luogo. La pronuncia serve anche come monito sull’importanza di formulare correttamente e tempestivamente tutti i motivi di impugnazione nei gradi di merito, pena la loro inammissibilità nel giudizio di legittimità.

Una casa vacanze è considerata ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto in abitazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che rientrano nella nozione di privata dimora anche i luoghi in cui si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, come le ‘seconde case’ o le case di villeggiatura, anche se abitate solo in determinati periodi dell’anno.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato in appello?
No. La sentenza conferma che i motivi di ricorso non proposti nel giudizio di appello non possono essere sollevati per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione, e se presentati vengono dichiarati inammissibili.

Come viene calcolata la prescrizione per i reati commessi tra il 2017 e il 2019?
Per i reati commessi in quel periodo, come nel caso di specie, si applica la disciplina della legge n. 103 del 2017 (c.d. legge Orlando), che prevede un periodo di sospensione della prescrizione tra la sentenza di primo grado e quella successiva, per una durata massima di un anno e sei mesi. Questo periodo si aggiunge al termine di prescrizione ordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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