Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34068 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4   Num. 34068  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 15/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni depositate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostitu Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione del Tribunale di Ivrea del 9 dicembre 2022, con la quale NOME era stata ritenuta responsabile del reato di furto in abitazione di alcuni monili e di un telefono cellulare, realizzato introducendosi in una abitazione privata dopo aver forzato una finestra, e condannata alla pena di anni 2, mesi 3 e giorni 10 di reclusione ed euro 1040 di multa.
La Corte territoriale, confermando integralmente il giudizio del Tribunale, ha respinto la tesi della difesa, secondo la quale non vi sarebbe prova certa dell’effrazione, in relazione al fatto che era stata rilevata una impronta di scarpa in ipotesi non compatibile con la misura della donna, posto che invece era oltremodo certo che l’impronta del dito anulare rilevata sui luoghi appartenesse all’imputata. Pertanto, verosimilmente, il furto era stato realizzato da più soggetti, alcuni rimasti sconosciuti e la tesi che l’introduzione dell’imputata fosse avvenuta non per rubare e dopo che altri erano entrati, si risolveva in mera congettura irrilevante. Il trattamento sanzionatorio inoltre appariva congruo, alla luce del duplice precedente per lo stesso reato e della generosa concessione delle circostanze attenuanti generiche, anche considerando il contenuto aumento per la continuazione esterna per un precedente reato.
Avverso tale sentenza, l’imputata ha proposto ricorso, fondato su due motivi, così sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen:
con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, tenuto conto della circostanza che l’effrazione della porta finestra e la rottura del vetro non potevano essere attribuite con certezza all’imputata, avendo invece ella approfittato dell’effrazione compiuta da altri prima del suo accesso o contestualmente;
 con il secondo motivo, denuncia vizio di motivazione, in relazione al trattamento sanzionatorio, che non ha tenuto conto dello scarso valore della refurtiva.
La Procura generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
La Corte territoriale, in relazione al primo motivo, ha motivato in modo conforme a logica la sussistenza dei fatti che sostengono l’aggravante dell’aver commesso il furto in appartamento con effrazione. Il motivo tenta di scardinare il doppio giudizio sui fatti rilevanti reiterando la tesi già soddisfacentemente disattesa dalla Corte territoriale, con mere ipotesi.
La sentenza ha infatti messo in evidenza che la incontestata presenza dell’imputata all’interno dell’appartamento dimostra la consapevolezza della stessa dell’avvenuta effrazione. È appena il caso di ricordare, in proposito, che la circostanza aggravante della violenza sulle cose è da considerare oggettiva, onde
GLYPH 2
,
dv
essa, in applicazione della previsione di cui all’art. 59 c.p., comma 2, si comunica agli altri partecipi del reato, anche se sconosciuta o ignorata per colpa (Sez. 5 n. 16937 del 6 aprile 2011).
Peraltro, dal punto di vista della tenuta logica dell’accertamento in fatto, la Corte territoriale ha ritenuto che la presenza di altre impronte oltre quella dell’imputata si spiegasse con la probabile commissione del delitto in concorso con altri. Per tali molteplici ragioni l’identificazione dell’autore materiale dell’effrazi è priva di rilievo, ai fini dell’attribuzione dell’aggravante. Ciò è avvalorato propri dal breve periodo (3 ore e mezzo) durante il quale la vittima è stata fuori dalla propria abitazione.
2. Quanto al secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, la doglianza è manifestamente infondata. La sentenza impugnata, nel valutare la gravità della condotta, ha messo in risalto che l’oggetto del furto non è consistito in monili di poco valore, ma in un anello di valore ed una collana di perle (pagina 2 della sentenza impugnata). Si tratta di valutazione fondata su accertamento in fatto con il quale il motivo di ricorso non si confronta. In ordine alla graduazione della pena va ribadito che tale potere rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
3. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di euro duemila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
LA Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, 25 settembre 2025.