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Furto in abitazione: aggravante e concorso di persone

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per furto in abitazione. La sentenza conferma che l’aggravante dell’effrazione si applica a tutti i concorrenti nel reato, anche a chi non ha materialmente forzato l’ingresso, essendo sufficiente la consapevolezza della sua avvenuta esecuzione per entrare nell’immobile. La Corte ribadisce inoltre l’impossibilità di rivalutare la congruità della pena in sede di legittimità se non palesemente illogica.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto in Abitazione: la Cassazione chiarisce la responsabilità in caso di concorso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di furto in abitazione, fornendo importanti chiarimenti sulla responsabilità dei concorrenti nel reato, specialmente in relazione all’aggravante dell’effrazione. La decisione sottolinea come la consapevolezza dell’avvenuta forzatura di un ingresso sia sufficiente per estendere l’aggravante a tutti i partecipanti, anche a chi non l’ha materialmente eseguita. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso: Il Furto e la Condanna

Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il reato di furto in abitazione. L’imputata era stata ritenuta responsabile di essersi introdotta in un’abitazione privata forzando una finestra, da cui aveva sottratto alcuni monili e un telefono cellulare. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza, condannandola a una pena detentiva e a una multa.

La difesa dell’imputata si basava su due argomenti principali: la mancanza di prove certe sulla sua partecipazione materiale all’effrazione della finestra e la presunta esiguità del valore della refurtiva.

Le Argomentazioni del Ricorso

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione della Corte d’Appello. La sua tesi difensiva suggeriva che, sebbene la sua impronta digitale fosse stata trovata all’interno dell’appartamento, un’impronta di scarpa non compatibile con la sua misura indicava la presenza di altri soggetti. Secondo la difesa, l’imputata si sarebbe introdotta nell’abitazione solo dopo che altri avevano già compiuto l’effrazione, approfittando della situazione. Di conseguenza, non le si sarebbe dovuta attribuire l’aggravante della violenza sulle cose.

Inoltre, il ricorso contestava l’entità della pena, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato il modesto valore dei beni sottratti.

Il Furto in Abitazione e la Responsabilità in Concorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo integralmente le argomentazioni della difesa. La decisione dei giudici di legittimità si fonda su principi consolidati in materia di concorso di persone nel reato e di circostanze aggravanti.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che il tentativo di attribuire l’effrazione ad altri soggetti rimasti ignoti è una mera congettura irrilevante. La presenza incontestata dell’impronta dell’imputata all’interno dell’abitazione dimostra in modo inequivocabile la sua partecipazione al furto e, soprattutto, la sua piena consapevolezza del modo in cui l’accesso era stato ottenuto, ovvero tramite la forzatura della finestra.

Su questo punto, la sentenza richiama l’articolo 59 del Codice Penale, specificando che l’aggravante della violenza sulle cose (l’effrazione) ha natura oggettiva. Ciò significa che essa si comunica e si estende a tutti coloro che partecipano al reato, anche se non ne sono gli esecutori materiali. È sufficiente che il concorrente non abbia ignorato l’esistenza dell’aggravante per colpa. In altre parole, entrando da una finestra rotta per commettere un furto, si accetta e si condivide la responsabilità per quella specifica modalità di esecuzione del crimine.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo alla pena, la Cassazione ha ribadito che la valutazione della gravità del fatto e la quantificazione della sanzione rientrano nella discrezionalità del giudice di merito. Tale valutazione può essere riesaminata in sede di legittimità solo se palesemente illogica o arbitraria, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie. La Corte d’Appello aveva infatti correttamente considerato i precedenti specifici dell’imputata e il valore non trascurabile della refurtiva (un anello di valore e una collana di perle).

Le Conclusioni

La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: nel furto in abitazione commesso da più persone, la responsabilità per le modalità violente dell’azione, come l’effrazione, è condivisa da tutti i partecipanti consapevoli. Non è possibile “smarcarsi” dall’aggravante semplicemente sostenendo di non aver materialmente rotto la finestra, se si è poi approfittato di quella rottura per compiere il reato.

Se più persone commettono un furto in abitazione, chi risponde della rottura della finestra (effrazione)?
Secondo la sentenza, tutti i concorrenti che hanno partecipato al furto rispondono dell’aggravante dell’effrazione. Essendo una circostanza oggettiva, si estende a tutti coloro che erano consapevoli che l’accesso all’abitazione era avvenuto tramite la forzatura di un ingresso, anche se non l’hanno eseguita materialmente.

È possibile ottenere una riduzione della pena in Cassazione sostenendo che gli oggetti rubati avevano poco valore?
No, non in questo caso. La valutazione della congruità della pena è di competenza del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione, a meno che la decisione non sia palesemente illogica o arbitraria. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la pena adeguata, considerando anche i precedenti dell’imputata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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