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Furto energia elettrica: quando il reato è procedibile

La Corte di Cassazione ha stabilito che la manomissione di un contatore per commettere un furto di energia elettrica non integra l’aggravante del fatto commesso su cosa destinata a pubblico servizio. Di conseguenza, in assenza di altre aggravanti specifiche, il reato è procedibile solo a querela di parte. La sentenza analizza la natura del contatore, considerandolo uno strumento a servizio dell’interesse privato della compagnia erogatrice e dell’utente, e non della collettività. Pertanto, in mancanza di querela, il processo non può proseguire.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto energia elettrica: il contatore non è “cosa pubblica”

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2911 del 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia di furto energia elettrica, specificando i confini della procedibilità d’ufficio a seguito delle recenti riforme legislative. La decisione chiarisce che la manomissione del contatore non integra di per sé l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio, rendendo necessaria la querela della persona offesa per procedere penalmente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’imputazione per furto di energia elettrica, aggravato dall’uso di mezzi fraudolenti e dall’aver causato un danno patrimoniale di rilevante entità. L’imputato aveva manomesso il contatore elettronico per alterare la misurazione dei consumi. A seguito delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), molti reati contro il patrimonio, tra cui il furto semplice, sono diventati procedibili a querela.

Il Tribunale di primo grado, rilevando la mancanza di una querela da parte della società erogatrice, aveva dichiarato il non doversi procedere. Il Pubblico Ministero, per superare questo ostacolo, aveva tentato di contestare un’ulteriore aggravante: quella prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose destinate a pubblico servizio. Tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Il Tribunale, tuttavia, ha ritenuto tardiva e inammissibile tale contestazione, confermando l’improcedibilità.

Il ricorso del Pubblico Ministero e il furto energia elettrica

Contro la decisione del Tribunale, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso diretto in Cassazione (il cosiddetto ricorso per saltum), lamentando una violazione di legge. Secondo l’accusa, il Pubblico Ministero, in qualità di dominus dell’azione penale, avrebbe il diritto di modificare l’imputazione fino alla sentenza di primo grado. La contestazione dell’aggravante, anche se successiva, avrebbe dovuto essere valutata dal giudice per determinare la procedibilità d’ufficio del reato di furto energia elettrica.

La tesi del ricorrente si basava sull’idea che il contatore, essendo parte della rete di distribuzione, dovesse essere considerato una “cosa destinata a pubblico servizio”, rendendo così il furto aggravato e procedibile d’ufficio a prescindere dalla querela.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato nel merito. Gli Ermellini hanno chiarito, in via definitiva, la natura giuridica del contatore di energia elettrica. La Corte ha stabilito che non integra l’aggravante del fatto commesso su cosa destinata a pubblico servizio la manomissione del contatore. Questo perché il contatore è uno strumento destinato a misurare l’effettivo consumo di energia nell’interesse esclusivo della compagnia elettrica e del singolo utente. La sua funzione è legata al rapporto contrattuale privato e non soddisfa un’esigenza generale della collettività.

In altre parole, la sottrazione di energia, in questo caso, non ha inciso sulla destinazione pubblica dell’energia stessa (che l’utente avrebbe comunque potuto acquisire pagando il corrispettivo), ma solo sulla sua misurazione. La manomissione ha permesso all’agente di occultare i consumi reali per non pagarli, un’azione che lede il patrimonio del fornitore, ma non l’interesse pubblico al servizio. Di conseguenza, l’energia sottratta non era destinata a una pluralità indefinita di soggetti, ma solo al singolo utente.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio di diritto fondamentale per i casi di furto energia elettrica. Poiché la manomissione del contatore non configura l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7 c.p., il reato, in assenza di altre aggravanti che comportino la procedibilità d’ufficio, resta perseguibile solo a querela di parte. La decisione del Tribunale di dichiarare il non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità era, quindi, corretta. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche, poiché limita la possibilità per l’accusa di superare la mancanza di querela attraverso la contestazione di aggravanti non pertinenti alla natura del bene aggredito.

La manomissione di un contatore dell’energia elettrica costituisce un’aggravante per furto su cosa destinata a pubblico servizio?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contatore, essendo destinato a misurare il consumo nell’interesse esclusivo della compagnia elettrica e dell’utente, non è una cosa destinata a pubblico servizio. Pertanto, la sua manomissione non integra l’aggravante prevista dall’art. 625, n. 7 del codice penale.

Il furto di energia elettrica è sempre procedibile d’ufficio?
No. A seguito delle recenti riforme, il furto di energia elettrica è diventato procedibile a querela della persona offesa, a meno che non sussistano specifiche circostanze aggravanti che ne determinino la procedibilità d’ufficio. Come chiarito dalla sentenza, la manomissione del solo contatore non è una di queste.

Cosa succede se manca la querela per il reato di furto di energia elettrica non aggravato da circostanze che lo rendono procedibile d’ufficio?
In assenza di querela, il giudice deve emettere una sentenza di “non doversi procedere” per difetto di una condizione di procedibilità, determinando di fatto la chiusura del procedimento penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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