Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2911 Anno 2024
v
a.
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2911 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa nel procedimento a carico di NOME COGNOME, nato a Siracusa il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/06/2023 del Tribunale di Siracusa visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ordinando la trasmissione degli atti al Tribunale di Siracusa per il prosieguo;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Siracusa ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME per il reato di furto di energia elettrica aggravato dal mezzo fraudolento e dall’aver cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità, rilevando la mancanza della querela ed osservando che sebbene il Pubblico ministero avesse
manifestato l’intenzione di contestare l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., in considerazione della destinazione a pubblico servizio dell’energia elettrica, con conseguente procedibilità di ufficio del reato, la contestazione doveva ritenersi tardiva.
A sostegno della tardività, il Giudice di primo grado ha in primo luogo osservato che la improcedibilità del reato preclude al giudice qualunque accertamento sul fatto ed impone l’immediata declaratoria di estinzione del reato stesso, incompatibile con una prosecuzione del processo determinata da una contestazione suppletiva formulata successivamente al maturare della condizione di improcedibilità.
A conforto di tale conclusione ha invocato due sentenze di questa Corte di cassazione, delle quali una ha affermato che nel caso in cui intervenga sentenza dichiarativa di improcedibilità dell’azione penale, il giudice non può dichiarare la falsità di atti e documenti poiché la improcedibilità dell’azione penale non autorizza alcun accertamento, sia pur parziale, del fatto (Sez. 5, n. 20734 del 24/03/2010, Mattiaz, Rv. 247476) e l’altra che, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per una circostanza aggravante non può essere valutato qualora essa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione computato con riferimento all’originaria imputazione, in quanto, una volta maturato il termine di prescrizione, la prosecuzione del processo è incompatibile con l’obbligo di immediata declaratoria della causa estintiva del reato (Sez. 5, n. 48205 del 10/09/2019, B., Rv. 278039); il Tribunale ha affermato che quest’ultimo principio sarebbe estensibile alla improcedibilità per difetto di querela.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per saltum il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa chiedendone l’annullamento ed articolando un unico motivo di impugnazione con il quale lamenta violazione di legge.
Sostiene in primo luogo che il richiamo operato dal Tribunale alla sentenza di questa Corte di cassazione n. 43240 del 2016 è incongruo, poiché detta decisione si limita ad affermare la prevalenza delle formule di proscioglimento nel merito rispetto a quelle per estinzione del reato e riguarda una ipotesi diversa da quella che viene in rilievo in questa sede.
Sostiene altresì che il pubblico ministero è l’unico dominus dell’esercizio dell’azione penale e può modificare l’imputazione o procedere a nuove contestazioni sino alla pronuncia della sentenza di primo grado e che i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità per l’ipotesi dell’estinzione del reat
per prescrizione non sono estensibili alla diversa ipotesi del reato non procedibile per difetto di una condizione di procedibilità.
Aggiunge, a sostegno dell’illegittimità della decisione, che ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, l’aumento di pena per la circostanza aggravante è valutabile anche se la stessa sia stata oggetto di contestazione suppletiva dopo la decorrenza del termine di prescrizione previsto per il reato non aggravato, purché la contestazione abbia preceduto la pronuncia della sentenza (Sez. 5, n. 26822 del 23/03/2016, Scanu, Rv. 267892).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
Sulla base del capo di imputazione, il furto sarebbe stato commesso mediante la manomissione del contatore elettronico e precisamente a mezzo della rottura dei tenoni posteriori di fissaggio e successivi interventi sulla sonda amperometrica.
Questa Corte di cassazione ha già più volte affermato, in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, di essa, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, il giudice, in forza dell’a 2, quarto comma, cod. pen., ne debba accertare l’esistenza anche rispetto ai reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749).
Laddove difetti la querela, il giudice di primo grado sarà tenuto ad emettere una sentenza in rito, che dichiari non doversi procedere nei confronti dell’imputato per difetto della condizione di procedibilità.
Il Pubblico ministero ha contestato all’imputato l’aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n. 7 cod. pen., per essere il reato stato commesso su cosa destinata a pubblico servizio, che, se ritenuta, renderebbe il reato procedibile d’ufficio e si duole della sua omessa valutazione da parte del Tribunale che ha ritenuto tardiva la contestazione.
Deve, tuttavia, osservarsi che non integra l’aggravante del fatto commesso su cosa destinata a pubblico servizio la manomissione del contatore di energia elettrica; il contatore, destinato a misurare l’effettivo consumo di energia nell’interesse esclusivo della compagnia elettrica e dell’utente, non può essere considerato una cosa destinata al pubblico servizio o alla pubblica utilità, non soddisfacendo un’esigenza generale della collettività (Sez. 5, n. 19371 del 17/04/2013, Rv. 255485, in tema di danneggiamento).
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Peraltro, la manomissione del contatore ha consentito all’imputato di impossessarsi di energia elettrica di cui l’utente avrebbe comunque potuto acquisire la disponibilità versando il dovuto corrispettivo, cosicché la sottrazione non ha inciso sulla destinazione della energia elettrica prelevata, volta a soddisfare il bisogno della singola utenza, ma solo sulla sua misurazione, permettendo all’agente di occultare i reali consumi onde sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto (vedi Sez. 4, n. 48043 del 03/10/2023, COGNOME, non massimata). Da ciò consegue che neppure può ritenersi che l’energia sottratta fosse destinata ad una pluralità indefinita di soggetti e quindi essere destinata al pubblico.
Dovendo escludersi, anche astrattamente, la possibilità di configurare in atti l’aggravante da cui dipende la procedibilità d’ufficio del reato di furto, non è censurabile la decisione adottata dal giudice in sentenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del Pubblico ministero.
Così deciso il 07/12/2023.